Nuovo Governo: Tanta fede quanta omofobia.
Riflessioni di Massimo Battaglio
Il nuovo Governo appena inaugurato si caratterizza, tra l’altro, per un’alta concentrazione di personaggi esplicitamente omofobi. E’ una caratteristica che investe gran parte del Consiglio dei Ministri. L’altra peculiarità è il richiamarsi di molti alla fede cattolica.
Si va dalla Meloni stessa (sono Giorgia, sono italiana, sono cristiana!) a quasi tutti i suoi collaboratori e giù giù fino a tutti i gruppi che la sostengono, a cominciare dai presidenti dei due rami del Parlamento, La Russa al Senato e Fontana alla Camera dei Deputati. Vediamone qualcuno.
Antonio Tajani, ministro degli esteri. Volontario della Comunità Dialogo per il recupero di tossicodipendenti, militava nell’Unione Monarchica Italiana. Nel ’94 presentò un’interrogazione parlamentare sui figli di genitori omosessuali. Asseriva che “subiscono problemi psicologici e di inserimento nella società”. Naturalmente non si è mai domandato se quei “problemi” derivassero dai genitori o piuttosto da altro.
Guido Crosetto, ministro della difesa. Lascia gli studi nel 1987 e si iscrive alla DC. Nel 2013, Giuliano Ferrara esclamò, candidamente: “ma Crosetto è gay! Me lo disse quand’era al governo”. In quei giorni, il parlamentare aveva chiesto scusa per uno spot omofobo diffuso dal suo partito, ora FdI. Nonostante ciò ha sempre dichiarato: “mi batterò sul dire no alle adozioni omosessuali”.
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’economia: interviene più volte al Meeting di CL.
Adolfo Urso, ministro per le imprese e il Made in Italy: si definisce cattolico ma con un approccio laico alla politica
Francesco Lollobrigida, ministro per l’agricoltura e la sovranità alimentare: sostiene la Comunità di San Patrignano. Sul DDL Zan, dichiarò, al Meeting di Rimini, che vedeva “totalmente violata la libertà di espressione”.
Giuseppe Valditera, ministro all’istruzione e al merito. Teorico della ripresa dell’Europa in chiava cattolico-sovranista, firmò un appello dei “giuristi cattolici” contro le “unioni gay”.
Anna Maria Bernini, ministra dell’università e ricerca. Donna di fervente fede cattolica, fa fioretti e pellegrinaggi al santuario bolognese di S. Luca. Si dice vicina ai temi LGBT ma, all’epoca del ddl Zan, fece di tutto per snaturarlo e, alla fine, fu tra i primi ad affossarlo.
Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, è diventato famoso per la sua biografia di Putin.
Daniela Santanché, ministra del turismo. E’ l’autrice della famosa battuta “ho tanti amici gay ma” e, sui nostri argomenti, si è sempre comportata coerentemente con quell’adagio: pillolina dorata e poi bastonata. “Per me – ha sempre ripetuto – la famiglia è formata da un uomo e una donna”. “Una legge contro l’omofobia andrebbe solo a danneggiare la libertà di opinione di chi non la pensa come la sinistra, io non ci sto”. Sul versante fede, è famosa una sua frase contro un imam mussulmano: “Rivendico l’orgoglio della mia appartenenza italiana e cattolica. Non tollero la colpevolizzazione dell’occidente”.
Eugenia Rocella, ministra dellA famigliA, della natalità e delle pari opportunità. La sua “fede” cattolica è certificata da un impegno concreto: è tra gli organizzatori dei family day. La sua idea di famigliA è piuttosto chiara.
Alessandra Locatelli, ministra della disabilità. E’ nota come “la sceriffa” a causa degli attacchi ai clochard, alle moschee e alle ONG, di cui si rese protagonista quando era assessore comunale. La sua idea programmatica si sintetizza in una battuta all’uscita dal Quirinale: “non ero presente a Verona ma sostengo i diritti della famigliA”.
Roberto Calderoli, ministro degli affari regionali. Non si definisce cattolico. La sua fede è piuttosto fondata sul razzismo. Ricordiamo tutti quando definì la ministra Kyenge “un orango”.
Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture. Il suo pensiero in materia di fede è notissimo. Potrebbe essere riassunto nel motto evangelico rivisitato: “a mare il prossimo”. Altrettanto noto è ciò che pensa delle tematiche lgbt.
Questi sono solo alcuni casi clamorosi, come clamorosissimo è il caso di Fontana presidente della Camera. Il suo programma consiste nel dire “cinquanta Ave Marie al giorno”, cioè una parte di rosario, ossia una ventina di minuti di preghiera, assai meno del tempo investito da un qualunque cristiano praticante che però non ama esibire la sua fede nei crocicchi e nelle piazze.
Nel suo discorso di insediamento, ha citato papa Francesco, inaugurando un rituale del tutto inedito. Nessun presidente della Camera era mai ricorso ad argomenti religiosi a Montecitorio.
Il Papa lo ha a sua volta ringraziato con una telefonata, cosa che lui ha provveduto immediatamente a sventolare come un punto di merito. Qualcuno ha temuto di dover leggere, in questo scambio di favori, una strana alleanza tra il più progressista dei papi degli ultimi tempi, e la maggioranza più conservatrice che l’Italia abbia mai avuto.
Fantasia per fantasia, inviterei a vederla in altro modo. Sappiamo che la Lega si è più volte proposta come mediatrice tra il Vaticano e la Russia di Putin. Ci ha provato Salvini, ci ha riprovato lo stesso Fontana, hanno ritentato altri.
Personalmente, credo che Bergoglio, con quella telefonata, lo abbia messo alla prova una volta per tutte, per vedere se il neo-presidente avesse saputo comportarsi con prudenza, mantenendo l’indispensabile riserbo.
Fontana, probabilmente, non c’è arrivato e si è lasciato prendere dall’entusiasmo, mostrando una totale ignoranza in fatto di diplomazia. Penso che le sue avance oltre Tevere finiscano qui.
C’è una cosa, che mi consola, paradossalmente, in tutto questo pasticcio. Provo a spiegarmi: se è possibile, per i politici su menzionati, proclamarsi cattolici nonostante l’enorme distanza che li separa dall’insegnamento evangelico (e parliamo solo di politica, tacendo sul privato), vuol dire che, nella Chiesa cattolica, c’è proprio posto per tutti, me compreso, che sono senz’altro meno ortodosso di loro ma sicuramente più timorato di Dio.
E’ proprio la vecchia virtù del “timor di Dio”, che vedo mancare in coloro che si auto-eleggono a rappresentanti politici dei cattolici. E’ la mancanza di limiti, lo sprezzo per la giustizia divina, l’usare la fede unicamente come bandiera per praticare meglio il disprezzo, per fomentare l’odio che serve ai potenti per comandare più indisturbati.
Se costoro credono davvero al Vangelo e non solo alla sequenza di cinquanta Ave Marie, dovrebbero sapere che la nostra fede non si basa sulla discriminazione dei migranti o delle persone omosessuali.
Dovrebbero avere chiaro che Cristo è sceso in terra per cose ben più importanti della strana teoria per cui esisterebbe una famiglia “naturale” e cioè quella “fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. Non dovrebbero avere dubbi sul fatto che Gesù è morto e risorto per la salvezza di tutti, a prescinedere dalle loro simpatie, e che questa salvezza si realizza appunto nella giustizia, nell’eguaglianza, ovvero nelle pari opportunità e nell’inclusione.
Evidentemente, loro conoscono altri valori sui quali basare la propria fede cattolica, valori che a me sono del tutto ignoti. Se dunque è possibile per loro affermare di agire secondo religione, anzi, secondo la mia stessa religione, allora è altrettanto possibile, a maggior ragione, che io e i miei amici lgbt+ rivendichiamo la nostra piena titolarità di un posto nella Chiesa, oltre che nella società.
Chi di noi ha ragione? Visto che il dibattito è impossibile, ce la vedremo davanti al tribunale dell’Altissimo. Quel giorno però, io, che forse dovrò rendere conto dei miei “peccati” in campo di morale sessuale (materia sulla quale anche loro, se posso insinuare…) non avrò morti sulla coscienza: né quelli in mare, né quelli che hanno raggiunto anticipatamente il paradiso perché lorsignori non sopportavano che portassero i “pantaloni rosa”.