Oggi devo fermarmi a casa tua (Luca 19:1-10)
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo Parola… e parole** di Roma del 20 novembre 2018
Ci presentiamo e presentiamo le nostre esperienze, condividendo i nostri vissuti a partire dalla Parola di Dio, arricchita dalle parole suscitate ed evocate dal brano biblico che abbiamo letto (Luca 19:1-10).
Tra noi c’è una mamma che ha vissuto l’omosessualità della figlia in modo sereno, pur non avendo fatto salti di gioia. Per un’altra mamma è stato il confronto con un amico omosessuale e la condivisione con altri genitori della sua esperienza con la figlia ciò che le ha consentito di superare il disorientamento iniziale.
C’è chi ha raggiunto l’attuale serenità di coppia omosessuale dopo un lungo e faticoso cammino spirituale e umano. E chi, impastandosi insieme in un rapporto d’amore, sta imparando via via a costruire la propria dimensione di coppia.
Succede anche che una di noi dà parole a chi si sente ancora timorosa e inadeguata, e ha bisogno di un po’ di tempo per esprimersi con le parole, ma ha già espresso interesse e disponibilità con lo sguardo e con il sorriso.
Perché interrogarci a partire dall’episodio di Zaccheo?
Io sono Zaccheo perché mi sento di condividere con lui la stessa statura, bassa sia in senso fisico che spirituale. Anch’io mi sono sentita nel peccato. Mi sono spesso chiesta: se arriva Gesù in casa mia, chi trova? Con quale stato d’animo? Quale sarà il sicomoro che mi permetterà di superare le mie difficoltà e di incontrare Gesù?
Dopo tanto tempo ho imparato a fermarmi, a sostare in compagnia di Gesù. La novità è proprio la possibilità di vivere fino in fondo la sua presenza in casa mia, nella mia intimità.
Dopo un periodo di distacco spirituale in cui aveva messo da parte la fede, è stato l’amore per la propria compagna il sicomoro che ha permesso ad una di noi di incontrare Dio, andando oltre l’immagine di un Dio giudicante per approdare al Gesù dell’accoglienza e dell’amore fuori da ogni regola codificata.
C’è chi si sente dalla parte della gente che mormora, criticando Gesù per la sua scelta di andare in casa di un peccatore. Non di un peccatore qualunque, ma di un pubblicano, che riscuoteva le tasse per conto dei romani che in quel tempo occupavano la Palestina. Un collaborazionista degli occupanti.
Pensando ad un collaborazionista dei tedeschi durante l’occupazione nazista, credo di sentire quello che poteva provare la folla davanti al gesto di Gesù. E capisco quanto quel gesto mi riguardi da vicino, mi scomodi e scombini il mio modo di pensare: Gesù crede che da un gesto di accoglienza possa nascere un cambiamento di vita; un’accoglienza gratuita, che non pone condizioni, che non chiede nulla in cambio, che precede il pentimento. Ma allora accogliamo tutto?
No, accogliamo tutti. È quello che fa Gesù. Si “sporca” accogliendo un peccatore, che non significa coprire le ingiustizie, lasciare le cose come stanno, confondere vittime e carnefici, ma significa non inchiodare nessuno per sempre al ruolo di vittima o carnefice, significa non rassegnarsi all’idea che possa esistere la categoria degli irrecuperabili. Gesù lascia sempre una possibilità, uno spiraglio aperto.
A proposito della folla che mormora, qualcuno condivide con il gruppo le difficoltà ad affrontare le dicerie della gente, a non farsi influenzare dai pregiudizi che circolano tra le persone nel condominio, sui mezzi pubblici… Non è una strada piana, c’è sempre una voce che ti risuona dentro. Salire sull’albero può aiutare a vedere questa folla dall’alto senza farsi trascinare.
Zaccheo non è integrato in quella folla, se ne distanzia per proteggersi. È bello e seducente essere gruppo, e non c’è modo più efficace di esserlo che mettendosi contro qualcuno, emarginandolo. È questo che fa la folla. Gesù riesce a toccare quella ferita e a sanarla. Chi è il peccatore?
Chiunque abbia bisogno che le sue ferite vengano sanate. E Gesù vede il peccatore come qualcuno da riprendere ad ogni costo. Ci aiuta a resistere alla tentazione del noi e del voi da escludere, a guardare con occhi diversi, ci spinge alla ricerca di aria pulita.
Che fare di fronte a un frate che nemmeno tenta di ascoltare chi sente il bisogno di confessarsi? Una confessione cercata dopo un lungo periodo di difficoltà e ritrosia. Più difficile per me proprio ora, che ho un rapporto stabile con un compagno. Ma qual è il peccato di cui pentirmi?
L’essere affezionato alla figura di Zaccheo può sembrare strano in chi ha una certa insofferenza verso i potenti. Ma proprio la sua piccolezza, le sue difficoltà, il suo darsi da fare ce lo fa sentire vicino. Lui è ricco e piccolo. Forse tutte le persone sono ricche e piccole. È una condizione che appartiene all’essere umano? Forse l’incontro più profondo con le persone è proprio l’incontro con la loro debolezza e la loro piccolezza.
L’urgenza che Gesù esprime a Zaccheo: “Scendi subito, devo venire a casa tua”, mi interroga profondamente. Gesù ci chiede una risposta immediata, vuole un incontro immediato e profondo.
La casa di cui si parla nel vangelo di Luca mi rimanda alla mancanza che sento di un luogo da chiamare casa, uno spazio condiviso dove le persone possano crescere insieme. La mia realtà di casa è quella di un condominio, con tanti appartamenti, dove abitano pezzi di me, sparpagliati qui e là. E mi assale una forte sensazione di scissione. Il richiamo di Gesù mi mette in crisi, apre contraddizioni, mi costringe a misurarmi con la mia incoerenza.
Subisco. Non ho risposte. Quale casa Gesù vorrebbe visitare se lo incontrassi? Come fare a lasciare il condominio per approdare ad una casa dove essere pienamente me stessa?
Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». (Luca 19:1-10)
* La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio, in via Del Caravita 8/A. Coloro che sono interessati possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com