Oggi gli omosessuali, ieri i neri. Il linciaggio dei “diversi” nel nome di Dio
Articolo di Jamelle Bouie pubblicato sul sito slate.fr (Francia) il 24 febbraio 2015, traduzione di finesettimana.org
Come le barbarie dello Stati Islamico, il linciaggio e la tortura dei neri americani durante la segregazione non erano solo atti di razzismo, ma anche atti impregnati di significato religioso, giustificati dal cristianesimo dell’epoca. Anche se, secondo un certo cliché, gli americani hanno la memoria corta, ciò non impedisce che, da sabato 7 febbraio, molti di noi discutano a proposito delle guerre di religione medioevali e dell’idea che possiamo trarne qualche lezione sulla violenza che regna oggi in Medio Oriente. Per coloro che non fossero ancora al corrente, il dibattito fa seguito ai commenti del presidente Obama in occasione del National Prayer Breakfast annuale, in cui, dopo aver condannato il gruppo radicale dello Stato Islamico e averlo qualificato come un culto della morte – ha proposto una riflessione che invitava alla razionalizzazione.
“Prima di montare a cavallo e pensare che il fenomeno sia appannaggio di un luogo diverso dal nostro, ricordiamoci che durante le crociate e l’Inquisizione, la gente ha commesso atti atroci in nome di Cristo. Nella nostra patria, la schiavitù e le leggi [segregazioniste] Jim Crow sono state troppo spesso giustificate in nome di Cristo (…). Di conseguenza, questo non è l’appannaggio di un solo gruppo o di una sola religione. Esiste una tendenza in noi, una tendenza immorale che può pervertire e deformare la nostra fede”.
Questo punto semplicissimo – “nessuna fede ha il monopolio dell’arroganza religiosa” – è diventato un punto di scontro di parte, con l’incitazione dei conservatori a rimproverare il presidente accusandolo di “mettere sullo stesso piano” cristiani crociati e radicali islamici, ad accusarlo di intrattenere credenze anticristiane e a chiedersi perché ricordi un conflitto vecchio di secoli, pur con qualche analogia con l’epoca attuale.
Tuttavia, quello che ci manca nell’argomento delle crociate, è la citazione da parte di Obama della schiavitù di Jim Crow. Su The Atlantic, Ta-Nehisi Coates sceglie di sottolineare le giustificazioni religiose della schiavitù americana, e vale la pena di fare lo stesso per il suo successore dopo la guerra di secessione. E dato che stiamo riflettendo in termini di violenza religiosa, dobbiamo anche considerare lo spettacolo più brutale del regno di Jim Crow: il linciaggio.
Praticamente per tutto il secolo tra le due Ricostruzioni americane, la maggior parte del Sud bianco ha chiuso gli occhi e ha approvato la violenza terroristica esercitata contro i neri. Un nuovo rapporto della Equal Justice Initiative, con sede in Alabama, segnala quasi 4000 linciaggi di neri in 12 Stati del Sud – in Alabama, in Arkansas, in Florida, in Georgia, nel Kentucky, in Luisiana, nel Mississippi, nella Carolina del Nord e del Sud, in Tennessee, in Texas e in Virginia – tra il 1877 e il 1950, il che, nota l’organizzazione, rappresenta “almeno 700 linciaggi in più in questi Stati di quelli che erano stati segnalati precedentemente”.
“Il giudice Lynch” – nome dato dalla giornalista e militante antisegregazionista Ida B. Wells alle folle che linciavano – si mostrava capriccioso, crudele e barbaro nei confronti delle vittime. C.J Miller, accusato a torto dell’assassino di due sorelle adolescenti bianche nell’ovest del Kentucky, fu “trascinato per le strade fino ad un patibolo di fortuna fatto di vecchie doghe di botti e altra legna”, scrive lo storico Philip Dray in At the Hands of Persons Unknown: The Lynching of Black America. I suoi aggressori lo impiccarono ad un palo telefonico, e mentre “la prima caduta gli spezzò il collo (…) il corpo fu sollevato e abbassato a varie riprese mentre la folla lo crivellava di proiettili”. Il suo corpo rimase appeso per due ore, nel corso delle quali fu fotografato e mutilato dalla gente presente. Poi fu staccato e bruciato.
Ancora più selvaggio fu il linciaggio di Mary Turner, uccisa per aver protestato per l’assassino del marito, e del bambino che portava. “Davanti a una folla in cui si trovavano donne e bambini, scrive Philip Dray, Mary fu svestita, appesa per le caviglie, aspersa di benzina e bruciata viva. Durante il supplizio, un uomo bianco le aprì il ventre con un coltello da caccia e il suo bambino cadde a terra, lanciò un grido e fu calpestato a morte”.
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Rituali dell’evangelismo sudista e del suo dogma
Questi linciaggi non erano solo punizioni inflitte da gruppi di autodifesa, o, come nota la Equal Justice Initiative, “atti di celebrazione del controllo e del dominio di una razza sull’altra”. Erano dei riti. E più specificamente riti dell’evangelismo sudista e del suo dogma di allora che predicava la purezza, il letteralismo e la supremazia bianca. “Il cristianesimo era il principale prisma attraverso il quale la maggior parte dei Sudisti concettualizzavano e davano un senso alla sofferenza e alla morte, indipendentemente dalla loro forma”, scrive la storica Amy Louise Wood in Lynching and Spectacle: Witnessing Racial Violence in America, 1890-1940. Sarebbe inconcepibile che abbiano potuto infliggere dolori e tornenti ai corpi degli uomini neri senza immaginare questa violenza come atto religioso, carico di simbolismo e di significato cristiano”.
Il Dio del Sud bianco esigeva purezza – purezza incarnata dalla donna bianca. I sudisti bianchi costruirono una frontiera con l’aiuto della segregazione. Ma quando questo era violata, riparavano la breccia con il linciaggio e affermavano di essere liberi da ogni contaminazione morale, rappresentata dai neri, dagli uomini neri in particolare – anche se non si limitava a loro. Leo Frank, linciato nel 1915, era ebreo.
La breccia immaginata era spesso di ordine sessuale, definita con il mito del violentatore nero, un “demone” e una “bestia” decisa a profanare la purezza cristiana della femminilità bianca. Nel suo racconto del linciaggio di Henry Smith – ucciso in seguito ad accuse di stupro e di assassinio di una bambina di 3 anni, Myrtle Vance – P.L. James racconta come l’energia di una città e di un paese intero si era rivolta verso “l’arresto del demone che aveva devastato e sporcato una vita innocente”.
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La “volontà di Dio”
James non era un caso isolato. Molti altri difensori del linciaggio interpretavano i loro atti come un dovere cristiano, consacrato in quanto volontà di Dio contro la trasgressione razziale. “Dopo il linciaggio di Smith, nota Amy Louise Eood, un altro dei suoi difensori scrisse: ‘non fu altro che la vendetta di un Dio oltraggiato, che Gli fu offerta, per mezzo dello strumento che furono coloro che provocarono la cremazione’.”
Come scrisse Donald G. Mathews, professore emerito all’UNC-Chapel Hill nel Journal of Southern Religion: “La religione si insinuava nel linciaggio comunitario perché quell’atto avveniva nel contesto di un ordine sacro concepito per garantire la santità”. L’ordine sacro era la supremazia bianca, e la “santità”, la virtù bianca.
Mi sento in dovere di sottolineare che i neri dell’epoca vedevano il linciaggio come radicato nella pratica cristiana dei Sudisti bianchi. “È estremamente improbabile che il linciaggio possa esistere in una religione diversa dal cristianesimo”, scriveva Walter White, leader dell’associazione di difesa dei diritti civili NAACP nel 1929.
“Chiunque conosca bene i predicatori inopportuni, acrobatici e fanatici che predicano il fuoco dell’inferno nel Sud, e viste le orgie di emozione che suscitano, non può dubitare un solo istante che liberino passioni pericolose che contribuiscono all’instabilità emotiva e giocano un ruolo nei linciaggi”. E anche se certi capi di Chiesa hanno condannato quelle pratiche come contrarie alla Parola di Dio – “Religione e linciaggio, cristianesimo e uccisione, fuoco e benedizione, barbarie e ragione nazionale non possono andare mano nella mano in questo paese”, affermava un editoriale nel 1904 – lo schiacciante consenso del Sud bianco confermava il punto di vista di Walter White.
Il solo cristianesimo sudista unito nell’opposizione al linciaggio era quello dei neri americani, che tentavano di ricontestualizzare gli attacchi come una specie di crocifissione e le sue vittime come martiri, rovesciando la situazione e facendo dei neri i veri eredi della salvezza e della redenzione cristiana. Ed è quest’ultimo punto che deve mettere in evidenza il fatto che niente di tutto questo era intrinseco al cristianesimo: era una questione di potere, e del bisogno che avevano i potenti di santificare i loro atti.
Eppure, è impossibile negare che il linciaggio – in tutta la sua grottesca violenza – fosse un atto impregnato di significato religioso, giustificato dal cristianesimo dell’epoca. Aveva anche un carattere politico: era un atto di terrore e di controllo sociale e la riserva di caccia di cittadini privati, di responsabili pubblici e di legislatori potenti. Il senatore Ben Tillman della Carolina del Sud difese il linciaggio davanti al Congresso degli Stati Uniti, e il presidente Woodrow Wilson applaudì un film che celebrava il giudice Lynch e i suoi discepoli.
Il che significa che Obama aveva ragione. Gli ambienti estremamente diversi dell’America antecedente i diritti civili e del Medio Oriente di oggi nascondono similitudini importanti tra la violenza religiosa relativamente recente dei nostri antenati fautori della supremazia bianca e quella dei nostri nemici contemporanei. E il divario attuale tra i musulmani moderati e i loro oppositori fanatici trova un’analogia nella nostra divisione passata tra il cristianesimo nordista e quello sudista. Non si tratta tanto di relativismo, quando di una visione perspicace della nostra comune vulnerabilità, della verità che è che i semi della violenza e dell’autocrazia possono germinare ovunque, e del fatto che la nostra posizione attuale di superiorità morale non è la prova di una qualche superiorità intrinseca.