Oltre l’arcobaleno. Il cammino profetico dei cristiani LGBT in Kenya
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Articolo di Adriaan van Klinken* pubblicato sul blog Religion in Public (Gran Bretagna), liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Questa foto mostra alcuni membri di una chiesa LGBT del Kenya mentre preparano la sala per il loro culto domenicale. Per proteggere il loro anonimato, la foto li mostra di schiena. Il culto si tiene in una sala affittata per un paio d’ore ogni domenica in un complesso commerciale. La sala è uno spazio poco attraente, e per renderla più intima, una tenda è posta con cura sul muro di fronte. Non è certo una sorpresa che la tenda sia di colore arcobaleno: l’arcobaleno è ovviamente il simbolo internazionale della fierezza LGBT, ma è anche un simbolo biblico, che si riferisce al patto divino con l’umanità in tutta la sua varietà. I due significati si integrano naturalmente nel contesto del culto di questi cristiani LGBT; questi colori dicono che essi appartengono al “popolo arcobaleno di Dio”, come lo chiama Desmond Tutu.
Tra il luglio e l’agosto 2015 feci un primo viaggio di lavoro in Kenya per un nuovo progetto di ricerca sulla relazione tra cristianesimo e attivismo LGBT in quel Paese. Durante il viaggio, molte persone mi fecero cenno dell’esistenza di una “chiesa gay” a Nairobi, ovviamente stimolando subito la mia curiosità. Riuscii a mettermi in contatto con alcuni dei coordinatori e l’ultima domenica prima della mia partenza assistetti a un loro culto. Incontrai un gruppo di circa 25 giovani negli uffici di un’organizzazione LGBT in cui si erano incontrati per la preghiera, il culto e la predicazione. Quando nel 2016 ritornai per proseguire le mie ricerche, si erano spostati innun altro luogo.
La sala attuale si trova in un edificio in una strada trafficata nel centro dirigenziale di Nairobi. È un luogo comodo, perché facilmente raggiungibile da ogni parte della città, ma forse è anche un luogo strategico e profetico: in mezzo al traffico febbrile del centro di Nairobi, in una via piena di rumori, venditori ed evangelisti, c’è anche un raduno di cristiani LGBT. Si incontrano per lodare Dio, leggere la Bibbia, ricevere ispirazione, pregare gli uni per gli altri e discutere su sessualità e fede: in breve, si incontrano per condividere la loro vita. La loro presenza è l’anticipazione di una città ancora di là da venire, una città in cui vige non solo la libertà di religione, ma anche quella di esprimere la propria sessualità.
Una domenica stavo comprando una ricarica telefonica in un piccolo negozio vicino all’edificio dove si incontrano i cristiani LGBT e vidi un manifesto che recitava: “Il Kenya è il pilastro di Dio, ecco perché ‘essi’ vogliono distruggerlo e prepararlo per il 666, il marchio di Satana (la Bestia), facendone una nazione di gay e lesbiche”. Questo manifesto illustra bene i sentimenti popolari e religiosi anti-omosessuali, diffusi negli spazi pubblici kenyoti. Alla luce di questa realtà, l’incontro settimanale di un gruppo di giovani cristiani LGBT nel centro della capitale rappresenta, in tutta la sua semplicità, una contro-narrazione dirompente.
I culti settimanali di questa piccola chiesa sono in effetti semplici, a prima vista privi di qualunque pretesa; tuttavia, la mia ricerca etnografica mi ha fatto scoprire che questa chiesa si considera parte di una grande missione, una missione sintetizzata in una frase che ho sentito spesso nei sermoni e nelle interviste: “Riscrivere il Libro degli Atti”. Si riferisce a uno dei libri del Nuovo Testamento, gli Atti degli Apostoli, che narra l’emergere della primitiva Chiesa cristiana.
L’obiettivo di “riscrivere il Libro degli Atti” viene portato avanti da un vescovo afroamericano che lavora per un’organizzazione che promuove un cristianesimo nero e progressista, soprattutto per quanto riguarda i diritti LGBT, sia negli Stati Uniti che nel continente africano; questa organizzazione, la Fellowship of Affirming Ministries, sostiene la chiesa kenyota, che il vescovo visita di frequente e incui funge da mentore. Durante una di queste visite ha predicato sul Libro degli Atti e ha tracciato un parallelo tra la Chiesa cristiana primitiva e la sua congregazione di giovani cristiani LGBT: ambedue le situazioni sono fortemente precarie, ambedue i gruppi vivono enormi sfide e difficoltà, cercando di praticare la loro fede e diffondere la buona novella dell’amore di Dio per l’umanità. Il parallelo ha incoraggiato la congregazione: essa fa parte del piano di Dio, è solo l’inizio di un movimento che farà la differenza in Kenya, in Africa e nel mondo.
Come contributo a questa missione, la chiesa offre uno spazio sociale e spirituale in cui i credenti LGBT, spesso ostracizzati dalle famiglie, dalle Chiese e dalle comunità, possono sviluppare la consapevolezza. Questa chiesa cerca poi di allacciare relazioni con altre organizzazioni LGBT kenyote e con altre Chiese ed enti cristiani. Lo scopo è duplice: promuovere, tra la comunità LGBT kenyota, la consapevolezza che la fede cristiana può promuovere la diversità sessuale, e lottare per il riconoscimento, negli ambienti cristiani, che anche le persone LGBT possono essere credenti e che un cristianesimo LGBT-friendly è possibile.
Il lettore scettico forse penserà che è una bella pretesa, da parte di una ventina di giovani, pensare di poter dare una direzione nuova ai cristiani kenyoti, eppure sappiamo bene come la storia del cristianesimo sia piena di simili piccole storie, di simili piccoli inizi i quali, nel lungo periodo, hanno avuto un grosso impatto, e in questo essa somiglia alla storia LGBT a livello globale.
* Adriaan van Klinken insegna religione e discipline africane all’Università di Leeds e dirige il Centre for Religion and Public Life. Le sue ricerche vertono su religione e vita pubblica nell’Africa contemporanea, in particolare per quanto riguarda le tematiche del genere e della sessualità.
Testo originale: LGBT Christians in Kenya Writing History