(Omo) Sessualità. Da dove origina la morale cattolica? (parte seconda)
Riflessioni* del vescovo Geoffrey James Robinson, vescovo emerito della diocesi cattolica di Sidney (Australia), liberamente tradotte da Giacomo Tessaro, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
C’è un grande bisogno di cambiamento nell’insegnamento della Chiesa riguardo gli atti eterosessuali.
Voglio proporre tre argomentazioni sul perché questo insegnamento deve cambiare.
Prima argomentazione
La prima argomentazione è che la Chiesa insegna che l’essenza del peccato sessuale è che si tratta di un’offesa diretta contro Dio poiché, incurante del male causato a un essere umano, è una violazione di quello che viene ritenuto essere l’ordine divino e naturale stabilito da Dio.
Si sostiene che Dio abbia inserito nella natura stessa l’esigenza che ogni atto sessuale umano sia al tempo stesso unitivo e procreativo. Se esso non contiene ambedue gli elementi allora va contro la “natura” così come stabilita da Dio. Questo solleva due gravi questioni, una riguardante la natura e l’altra riguardante Dio.
In relazione alla natura, non dovrebbe la Chiesa fornire un certo numero di esempi di altri campi nei quali Dio ha fornito uno scopo divino a cose create, di modo che sarebbe un peccato contro Dio stesso utilizzare quelle cose in modo diverso? Oppure questo è l’unico esempio di cosa creata alla quale Dio ha fornito uno scopo divino? Se vi sono altri esempi, perché i documenti della Chiesa non li citano?
Ricordo di avere letto anni fa l’argomentazione umoristica secondo la quale lo scopo naturale degli occhi, stabilito da Dio, sarebbe di guardare avanti, così che gli specchietti retrovisori delle auto sono contro natura, e quindi immorali. Dando per scontato che questa argomentazione è scherzosa, non solleva però delle domande su cosa intendiamo per “natura” e su come è difficile trarre delle conseguenze morali dalla pretesa di ispirarsi a una natura divinamente stabilita?
In relazione a Dio, in passato era in voga l’argomentazione che colpire un re fosse cosa molto più grave che colpire un borghese e che, per la stessa ragione, un’offesa contro Dio fosse cosa molto più grave di un’offesa contro un essere umano.
Secondo questa visione, i peccati più gravi sono quelli diretti contro Dio. In concreto questo veniva applicato soprattutto ai peccati di blasfemia e ai peccati sessuali, il che ci aiuta a capire perché, nella Chiesa Cattolica, alla morale sessuale è stata a lungo data un’importanza esagerata.
Quando una persona si offende per le critiche più insignificanti tendiamo a definirla “piccola”, mentre una persona che di solito non si cura dei commenti negativi è una “grande” persona. Per questo le mie letture bibliche mi inducono a credere in un Dio molto grande, che non si offende facilmente per gli insulti diretti. Credo, per esempio, che Dio si faccia scivolare addosso gran parte di ciò che è chiamato “bestemmia”, in quanto comprensibile reazione umana alla percezione dell’ingiustizia del male e della sofferenza di questo mondo.
Non credo che Dio sia minimamente offeso quando dei genitori che hanno appena perso un figlio urlano la loro terribile rabbia contro di lui. Proseguendo su questo tenore, dobbiamo chiederci se Dio si ritenga offeso da un qualsiasi pensiero o atto sessuale considerato unicamente come un’offesa contro un ordine da lui stabilito, ancor prima di prendere in considerazione il suo effetto su altre persone, sulla persona che lo compie o sulla comunità.
Forse ci può aiutare la parabola del figliol prodigo (3). Il figlio minore riceve l’intera quota dell’eredità che gli spetta e la scialacqua. Non ha più diritto di avere nemmeno un centimetro quadrato di terra poiché tutto il resto degli averi paterni, secondo la legge, va al figlio maggiore (“Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”, versetto 31). Il padre rispetta i diritti del figlio maggiore e non prende nulla dalla sua eredità.
Tuttavia, quando arriviamo al dolore che il figliol prodigo ha causato a suo padre, abbandonandolo e scialacquando i beni per i quali aveva lavorato duro, questo padre mette tutto da parte per l’amore che prova per suo figlio e fa sì che questi venga accolto e trattato come un figlio e non come un servo.
Il messaggio è sicuramente che Dio veglia sui diritti degli esseri umani e su ciò che fanno gli uni agli altri, ma è così grande, così amorevole e così misericordioso da non arrabbiarsi di fronte alle offese dirette verso di lui. Possiamo chiederci se il Dio ritratto in questa parabola condannerebbe una persona alla dannazione eterna per avere talvolta, nella tempesta del desiderio, escluso gli scopi unitivo e procreativo dall’armonia ideale dell’atto sessuale.
Per secoli la Chiesa ha insegnato che ogni peccato sessuale è un peccato mortale (4). Secondo questo insegnamento, perfino il piacere che si ricava dal pensare deliberatamente al sesso, non importa quanto brevemente, è peccato mortale. Questo insegnamento oggi non può essere proclamato a voce alta come accadeva un tempo, ma è stato ratificato da molti papi (5), non è mai stato ritrattato e ha dispiegato i suoi effetti su innumerevoli persone.
Tale dottrina ha alimentato la credenza in un Dio incredibilmente iroso, un Dio che condanna una persona all’inferno per l’eternità per un singolo impenitente momento di piacere deliberato nato dal desiderio sessuale. A un tale Dio semplicemente non ci credo. Anzi, rifiuto coscientemente un tale Dio.
A questo segue, mi sembra, che vi sono dei seri pericoli nel basare l’insegnamento morale della Chiesa riguardo al sesso sul concetto di offesa diretta verso Dio. Dobbiamo aggiungere che, in risposta alle rivelazioni degli abusi sessuali, questo è diventato un problema serissimo poiché tante, troppe autorità della Chiesa hanno considerato l’offesa in primo luogo come offesa sessuale contro Dio, da gestirsi secondo i criteri che governano tali offese: pentimento, confessione, assoluzione, perdono totale da parte di Dio e quindi restaurazione dello status quo.
Questo ha contribuito grandemente alla prassi di trasferire i responsabili degli abusi da una parrocchia all’altra. Non ci poteva essere una risposta adeguata agli abusi fino a che molta gente li concepiva in primo luogo in termini di offesa sessuale verso Dio invece che come danno causato alle vittime.
Seconda argomentazione
La seconda ragione favorevole al cambiamento è che le dichiarazioni della Chiesa appaiono più come asserzioni che come argomentazioni. Nessuno discute il fatto che il rapporto sessuale sia il normale mezzo per creare una nuova vita e che possa essere un potente aiuto per esprimere e rafforzare l’amore all’interno della coppia. Sia l’elemento unitivo che quello procreativo sono quindi aspetti fondanti del matrimonio come istituzione dell’intera razza umana. Essi però sono elementi essenziali di ogni singolo matrimonio, a prescindere dalle circostanze? Cosa dire, per esempio, di una coppia a cui è stato detto da medici esperti che i figli che eventualmente concepiranno soffriranno di una seria malattia ereditaria che li renderà disabili? Questi sono elementi essenziali di ogni singolo atto del rapporto sessuale? Su quale base lo affermiamo?
Sorgono sempre problemi quando gli esseri umani pretendono di conoscere la mente di Dio. Che dire della dichiarazione che è volontà di Dio, anzi ordine di Dio, che ambedue gli aspetti, unitivo e procreativo, devono necessariamente essere presenti in ogni atto del rapporto sessuale? È un fatto dimostrato o una semplice asserzione? Se è un fatto dimostrato, dove sono le prove? Perché i documenti della Chiesa non presentano tali prove? (6) Tali prove non dovrebbero comprendere l’esperienza di milioni di persone nello sforzo tutto umano di conciliare il sesso, l’amore e la procreazione di nuova vita in mezzo alla tempesta della sessualità umana e alle complessità della vita umana? Forse viene confuso un ideale con la realtà?
Se è solo un’asserzione, c’è una ragione per cui non dovremmo applicare il principio logico secondo il quale ciò che viene liberamente asserito può essere liberamente negato? Se non è niente più che un’asserzione, ha davvero importanza chi la pronuncia o quanto spesso viene pronunciata? Dove sono le argomentazioni in suo favore per poter convincere una coscienza aperta e onesta?
Terza argomentazione
La terza argomentazione è che l’insegnamento della Chiesa è in misura spropositata basato sulla considerazione di ciò che viene visto come la natura, decisa da Dio, degli atti fisici in se stessi piuttosto che sul modo in cui tali atti influiscono sulle persone e sulle relazioni. Ed essa continua a ragionare così in un’epoca in cui l’intera tendenza della teologia morale va nella direzione opposta. Ritornerò su questo punto.
Rimane il fatto che la Chiesa Cattolica propone un insegnamento che solo una minoranza ancora accetta, soprattutto tra i giovani. La società occidentale nel suo complesso ha rigettato questo insegnamento e ha assunto una posizione che per più di un verso è il suo esatto opposto. Sembra che siano rimaste poche persone a discutere di una via di mezzo tra i due estremi. È questa via di mezzo che ora voglio esplorare.
La via di mezzo
Se decidiamo di lasciarci alle spalle un’etica che vede il sesso in termini di offesa diretta contro Dio, che mette l’accento sugli atti fisici individuali piuttosto che sulle persone e sulle relazioni e che si basa su un’asserzione ripetuta invece che su una argomentazione, dove possiamo andare? La risposta che io suggerisco è che dovremmo muoverci verso un’etica che, per prima cosa, vede ogni offesa rivolta a Dio non inflitta dall’atto sessuale in sé, quanto piuttosto dal danno causato, attraverso l’atto, agli esseri umani; in secondo luogo, che parli in termini di persone e relazioni piuttosto che di atti fisici e, in terzo luogo, che costruisca un’argomentazione su questi due fondamenti invece che su asserzioni non dimostrate.
Se è impossibile basare un’intera etica sessuale sul fatto che il sesso sarebbe un’offesa diretta contro Dio, l’evidenza ci dice che Dio ha estremamente a cuore gli esseri umani e prende molto sul serio ogni danno a loro causato, attraverso il desiderio sessuale o qualsiasi altra causa.
“Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare” (Marco 9:42); “Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me” (Matteo 25:44‐45). In questi due brani Gesù si identifica con le persone più deboli della comunità e ci dice che ogni danno a loro inflitto è un danno inflitto a lui.
Suggerisco quindi di considerare la morale sessuale in termini di bene o male fatto alle persone e alle relazioni tra di esse invece che in termini di offesa diretta contro Dio.
Considerato questo, possiamo dire che il piacere sessuale, come ogni altro piacere, è in sé moralmente neutrale, né buono né cattivo? Sono piuttosto le circostanze che riguardano le persone e le relazioni che rendono questo piacere buono o cattivo, per esempio il piacere buono di una coppia sposata che cerca di riconciliarsi dopo un litigio e il piacere cattivo di un uomo che commette uno stupro?
La Chiesa e la società moderna
Se scendiamo in profondità, al di sotto degli insegnamenti particolari della Chiesa Cattolica sul sesso, e arriviamo alle sue credenze di base, quello che voglio suggerire è che esiste un punto fondamentale sul quale la Chiesa e la società occidentale moderna sembrano muoversi in direzioni opposte.
La Chiesa dice che l’amore è l’anelito più profondo del cuore umano e che il sesso è un’espressione importantissima dell’amore, quindi dovremmo fare tutto ciò che è in nostro potere per far sì che il sesso conservi la sua capacità di esprimere amore nel modo più profondo possibile. Dovremmo assicurarci che il sesso non venga banalizzato, per noi stessi individualmente o per la comunità nel suo complesso, e che non perda il suo potere di esprimere l’amore più profondo. La società moderna, d’altro canto, accetta sempre più facilmente l’attività sessuale occasionale, non legata all’amore o alla relazione.
Detto in termini molto semplici, la Chiesa dice che, dato che l’amore è così importante e dato che il sesso è una maniera così vitale di esprimere l’amore, il sesso è sempre una cosa seria, mentre sembra che la società moderna tenda sempre di più a dire che il sesso, in sé, non è una cosa seria.
Su questa base mi trovo istintivamente più in sintonia con l’opinione della Chiesa che con quella della società moderna. Paradossalmente, sono stati gli effetti degli abusi sessuali sui minori a convincermi, più di ogni altra cosa, che il sesso non è una cosa banale.
“Non fare il male” e “Ama il tuo prossimo”
Dato che considero il sesso una cosa seria, non voglio semplicemente concludere che il sesso è sempre buono finché non fa del male a nessuno. Non porrei mai la questione in questi termini perché ho visto troppo male causato da questo atteggiamento.
Esso viene espresso in termini negativi (“Non fare il male”) e inevitabilmente contiene in sé questo serio rischio: uno, dandosi poco pensiero del bene dell’altra persona con cui ha dei rapporti, può cercare il proprio piacere e, così facendo, arrivare vicinissimo al causare danno alla persona in questione. In un campo così pieno di rischi come questo, innumerevoli persone che si basano su questo principio oltrepasseranno il limite di cui sopra.
Gesù diceva invariabilmente “Ama il tuo prossimo” e questo non comprende solo il fatto negativo di non fare del male. Comprende il genuino rispetto per l’altro e il fatto positivo di volere e cercare il bene dell’altro. La differenza essenziale tra le due cose è che con l’atteggiamento “Non fare il male” si può mettere se stessi al primo posto, mentre con “Ama il tuo prossimo” si deve mettere il prossimo al primo posto. Un’etica cristiana deve, come minimo, essere espressa in questi termini positivi. È solo su questa base positiva di rispetto e di ricerca del bene positivo del prossimo che possiamo essere sicuri di avere trovato un’etica autenticamente cristiana. Non potremmo certo esserne così sicuri se ci basassimo sul principio negativo “Non fare il male”.
Nel fare questo dobbiamo prendere molto sul serio il male che può essere causato dal desiderio sessuale e osservare con attenzione le circostanze che possono rendere moralmente sbagliata la ricerca del piacere sessuale in quanto provoca danno agli altri, a se stessi o alla comunità.
Alcuni di questi fattori sono la violenza fisica o psicologica, l’inganno e l’autoinganno, il fare del male a una terza persona (per esempio, il coniuge), usare un’altra persona per la propria gratificazione, trattare le persone come oggetti sessuali invece che come persone, separare il sesso dall’amore fino al punto in cui il sesso perde la sua capacità di esprimere le profondità dell’amore, banalizzare il sesso fino a fargli perdere la sua serietà, permettere la soddisfazione immediata del desiderio fino al punto di ottundere la capacità di rispondere ai più profondi aneliti del cuore umano, compromettere la possibilità di un impegno permanente, non rispettare la connessione esistente tra il sesso e la nuova vita, non rispettare l’esigenza di costruire una relazione con pazienza e cura, non rispettare il bene comune dell’intera comunità.
Da tutto questo si capirà che ho serissime difficoltà con l’idea che “tutto va bene”. Quando si reagisce a un estremo c’è sempre il pericolo di andare verso l’estremo opposto. Credo che questo sia ciò che ha fatto la società moderna per quanto riguarda il sesso.
Un’etica cristiana
Per spiegare ancora meglio l’idea di un’etica specificamente cristiana, suggerisco di leggere due punti della Bibbia. Per prima cosa, nel considerare i Dieci Comandamenti, credo che dovremmo guardare al comandamento concernente l’adulterio nel contesto dei tre che lo affiancano.
Quattro comandamenti consecutivi trattano del rispetto verso le altre persone ed evidenziano quattro elementi essenziali. Se io ti rispetto, devo rispettare la tua vita e la tua integrità fisica (Non uccidere), le relazioni che danno scopo e senso alla tua vita (Non commettere adulterio), i tuoi possessi materiali (Non rubare) e il tuo buon nome (Non pronunciare falsa testimonianza).
Il mio suggerimento è che tutto l’essenziale delle relazioni umane è contenuto in una o più di queste quattro voci, di modo che, se nutro autentico rispetto per esse, nutro autentico rispetto per te. D’altro canto non posso trascurare nessuna di queste quattro voci e pretendere di rispettarti.
In tutti i casi, inoltre, il comandamento maggiore contiene il minore. Così, se non devo uccidere, non devo nemmeno ferire. Se non devo danneggiarti fisicamente, non devo danneggiarti psicologicamente, moralmente o in altri modi.
Se devo rispettare la relazione centrale della tua vita, il matrimonio, non commettendo adulterio con il tuo coniuge, non devo danneggiare il tuo matrimonio in nessun altro modo e devo rispettare tutte le altre relazioni che danno significato alla tua vita.
Dal contesto di questi quattro comandamenti presi assieme vediamo che il comandamento concernente l’adulterio riguarda solo indirettamente il peccato sessuale, perché riguarda prima di tutto il danneggiare le relazioni. In altre parole, voglio suggerire che che la forza del comandamento concernente l’adulterio è questa: “Sono le relazioni in generale, le relazioni famigliari in particolare, e in maniera specialissima la relazione con un o una partner a cui ci si è promessi per la vita che danno scopo, significato, calore e direzione alla vita umana stessa. Così, se nutriamo un genuino rispetto per gli altri, non dobbiamo danneggiare le loro relazioni in nessun modo, tanto meno attraverso l’adulterio”.
In secondo luogo, Gesù ha presentato il principio “Ama il tuo prossimo” come base di tutta la vita cristiana. Questo significa che, come ogni altro atto della vita cristiana, l’atto sessuale dovrebbe basarsi sul genuino desiderio di tutto ciò che è bene per l’altra persona invece che solo sull’interesse personale.
Suggerisco quindi che le questioni centrali riguardanti la morale sessuale sono:
– Ci muoviamo verso un’etica genuinamente cristiana se poniamo il comandamento concernente l’adulterio nel contesto dei tre che lo affiancano e se basiamo le nostre azioni sessuali su un profondo rispetto per le relazioni che danno significato, scopo e direzione alla vita umana e sull’amare il nostro prossimo come vorremmo che il nostro prossimo amasse noi?
– All’interno di questo contesto, possiamo chiederci se un atto sessuale è moralmente giusto quando, in positivo, si basa su un genuino amore del prossimo, cioè su un genuino desiderio di ciò che è bene per l’altra persona, invece di basarsi solamente sull’interesse personale e quando, in negativo, non contiene nessun elemento di danno, come il male causato a una terza persona, qualsiasi forma di coercizione o inganno o un danno alla capacità del sesso di esprimere l’amore?
– La domanda su quando queste circostanze possono essere valide, se e fino a che punto possono essere valide al di fuori del matrimonio, può essere discussa e dibattuta dentro e fuori la Chiesa e possono essere prese delle decisioni e delle responsabilità di fronte a Dio, di fronte agli altri e di fronte al proprio più intimo sé da parte di ciascun individuo?
Molti obietteranno che ciò che ho proposto non fornisce regole semplici e chiare. Ma Dio non ci ha mai promesso che le cose che attengono alla vita morale sarebbero state semplici e chiare. La morale non è solamente fare le cose giuste: significa anche sforzarsi per sapere qual è la cosa giusta da fare. Non è solamente fare ciò che tutti attorno a me stanno facendo: significa prendersi la responsabilità genuinamente personale di tutto ciò che faccio. Significa anche essere profondamente sensibili ai bisogni e alle vulnerabilità delle persone con le quali interagisco.
Io credo che normalmente l’atto sessuale abbia possibilità molto maggiori di adempiere ai requisiti che ho suggerito all’interno di una relazione votata ad essere permanente come il matrimonio piuttosto che fuori da una tale relazione. Ma dubito di poter tirare questa semplice conclusione: all’interno del matrimonio tutto è bene, al di fuori del matrimonio tutto è male. Le complessità della natura umana e l’impeto della sessualità non permettono risposte così semplici.
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(3) Lc. 15:11-32
(4) Vedi Noldin-Schmitt, Summa Theologiae Moralis, Feliciani Rauch, Innsbruck, 1960 Vol.I, Supplemento De Castitate, p.17, no.2. Il termine tecnico costantemente ripetuto è mortale ex toto genere suo. Il peccato consistente nel provare piacere a pensare al sesso è chiamato delectatio morosa.
(5) Per esempio Clemente VII (1592-1605) e Paolo V (1605-1621) hanno affermato che chiunque neghi questo insegnamento deve essere denunciato all’Inquisizione.
(6) In anni recenti ci si è appellati all’antropologia, ma non ho visto una chiara dimostrazione del fatto che l’antropologia esiga che ogni atto del rapporto includa i due scopi, quello unitivo e quello procreativo.
* Pubblicate a puntate su Gionata.org. La parte iniziale dell’intervento è (Omo) Sessualità. Da dove origina la morale cattolica? (parte prima)
Testo originale: Sexual relationships: where does our morality come from? (PDF)