Omofobia: le giravolte degli editorialisti di “Avvenire” e i cattolici LGBT
Articolo di Ludovica Eugenio pubblicato sul settimanale Adista Notizie n° 28 del 18 luglio 2020, pag.8-9
Il modo di affrontare il tema delle proposte di legge sull’omotransfobia (il cosiddetto ddl Zan) – che, dopo il dibattito in Commissione giustizia iniziato il 9 luglio, approderà nell’aula camerale a partire dal 27 luglio (v. Adista Notizie n. 24/20) – da parte del quotidiano dei vescovi italiani Avvenire, con la sua difesa dello status quo, aveva già suscitato indignazione qualche settimana fa (v. Adista Notizie n. 25/20), soprattutto in certa parte del cattolicesimo progressista; ma ora la posizione del giornale diretto da Marco Tarquinio si fa ancora più oltranzista: in un editoriale pubblicato il 7 luglio, Francesco D’Agostino – presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica, di cui è membro fondatore e di cui è stato presidente negli anni 1995-1998 e 2001- 2006, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI) nonché membro della Pontificia Accademia per la Vita – ha affermato, riassumendo la sua posizione, che la legge sarebbe «non solo sostanzialmente inutile, dato che reprimerebbe, ove trasformata in norma penale, condotte che già sono ampiamente sanzionabili a partire dalle legislazione vigente, ma anche pericolosa, perché potrebbe favorire interpretazioni arbitrariamente estensive e quindi potenzialmente lesive della libertà di manifestazione del pensiero».
Ma non si è fermato a questo. «Coloro che sostengono la nuova proposta di legge – ha scritto sulla prima pagina di Avvenire – non vogliono, ovviamente, mandare in galera più persone di quante attualmente non ce ne siano, ma affermare, per via legislativa, un principio antropologico molto complesso e controverso, quello secondo il quale l’omosessualità e la transessualità, e forme di “parafilia” (per usare un termine molto in voga oggi tra gli psicologi) quali il travestitismo, e temi a questi connessi, come la rivendicazione dell’omogenitorialità, debbano ottenere un riconoscimento non solo sociale, ma giuridico, come mere ‘varianti’ delle pulsioni sessuali e identitarie umane (e questo spiega perché nel progetto di legge in questione sia presente la proposta di istituire una Giornata nazionale contro l’omotransfobia)».
Omosessualità non è parafilia
Gravissima l’associazione dell’omosessualità a una “parafilia”, di fronte alla quale reagisce Gianni Geraci, del Gruppo di riflessione e di approfondimento su Fede e omosessualità di Milano, che il 9 luglio rivolge una lettera a Tarquinio: «Gentile direttore – scrive –, nella lettera che la Presidenza della CEI ha diramato lo scorso 10 Giugno si legge tra l’altro che: “Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto”.
Mi chiedo se il professor Francesco D’Agostino abbia letto queste parole e se le abbia davvero capite». Associare, infatti, l’omosessualità e la transessualità a una “parafilia”, ossia a «pulsioni erotiche connotate da fantasie o impulsi intensi e ricorrenti, che implicano attività o situazioni specifiche che riguardino oggetti o animali, che comportino sofferenza e/o umiliazione, o che siano rivolte verso soggetti impuberi e/o persone non consenzienti», spiega Geraci, «non solo dimostra l’incompetenza del professor D’Agostino su temi che hanno a che fare con l’orientamento sessuale e con l’identità di genere, ma si traduce in un’offesa gratuita a milioni di omosessuali e di transessuali ». Se si vuole seguire la raccomandazione della presidenza Cei, afferma, «al di là delle opinioni che si hanno, si deve usare un linguaggio completamente diverso».
A fronte del dibattito «ricco in un clima sereno e rispettoso» cui Avvenire ha dato vita pubblicando anche lettere di diversi orientamenti (v. Adista Notizie n. 25/20), è un peccato, conclude Geraci, «che l’incompetenza di un vostro opinionista comprometta questo clima per motivi che faccio davvero fatica a comprendere».
I laici gesuiti a favore del ddl
Nel frattempo, a prendere una posizione decisamente favorevole al ddl Zan è la Comunità di vita cristiana, ossia l’associazione laicale facente capo alla Compagnia di Gesù. Secondo quanto riporta Giovanni Panettiere sul Quotidiano nazionale (8/7), l’associazione ha comunicato che «non ravvisa, nel testo unico depositato alla Camera nessun rischio effettivo per le libertà fondamentali di alcuno». «Il mondo cattolico – afferma – è chiamato a vigilare attentamente sugli sviluppi della discussione parlamentare di questo testo normativo, assumendo nel relativo dibattito nazionale una posizione che si collochi in sintonia con la missione della Chiesa nel mondo. La fedeltà alla Chiesa e al Vangelo, lungi dall’essere strumento di posizioni politiche, restano per ogni credente il fine e il criterio di giudizio fondamentale».
Citando Amoris laetitia di papa Francesco, i laici “gesuiti” sottolineano che «nessuna persona dev’essere discriminata sulla base del proprio orientamento sessuale », e per questo non possono «che far proprio questo atteggiamento di accoglienza per ogni condizione umana», sentendo «forte l’appello del Vangelo a schierarsi aprioristicamente dalla parte delle vittime».