Omofobia verbale. Chi arma le mani dei violenti?
Riflessioni di Massimo Battaglio
Questa settimana, nessun pestaggio e nessuna azione ai danni di persone fisiche. In compenso, registriamo due infelicissimi episodi che hanno visto altrettanti personaggi pubblici piuttosto noti, alle prese con atti di “omofobia verbale”. Due di quelle boutade che i detrattori del ddl Zan pretenderebbero di lasciare impuniti perché espressioni del libero pensiero.
Luca Barbareschi e la “mafia dei fr*”.
Il primo è l’ormai famoso scivolone di Luca Barbareschi, attore ed ex deputato del Popolo delle Libertà, il quale, durante l’inaugurazione di una mostra a Sutri, davanti al sindaco (Vittorio Sgarbi) e a cinquemila persone, ha pronunciato quanto segue:
“L’inclusività è la cosa più stupida del mondo (…)”. “È la mafia dei fr… che è il problema”. “Il paradosso oggi è che è la mafia dei gay il problema. Non l’essere omosessuale, ma la mafia degli omosessuali, delle lesbiche (…)”. “o dovrei fare un film dove c’è sempre un nano, un transgender, un cinese magari omosessuale o lesbica”.
Roba che, se l’avessi detta io a proposito di qualcuno che mi sta sull’anima, mi si chiederebbe se ho bevuto o se ho sbagliato pusher. Lui invece può: è la libertà di espressione, bella mia. Lo ha anche spiegato in un post su facebook, dove ha cercato di mettere una toppa peggiore del buco:
“Sono a favore di tutte le diversità a patto che, a loro volta, non discriminino altri con atteggiamenti mafiosi di appartenenza”.
Non meriterebbe scendere nel merito degli insulti (perchè di insulti si tratta, degni di querela) per evitare di riconosce in Barbareschi qualche forma di ragione. Vale però la pena di ricordare che, se una “mafia dei gay” esistesse, non saremmo ancora qui a pietire una legge contro l’omofobia. E invece ci tocca incassare, pur sapendo che la “libera espressione” di questi concetti porta senza alternativa all’esercizio della violenza. Ben ha detto a proposito il presidente di Arcigay, Gabriele Piazzoni, rispondendo al geniale attore:
“Forse (Lei) non se ne rende neppure conto, ma è proprio questo linguaggio e queste espressioni che armano la mano di chi, ispirato dalle sue parole, trasforma la violenza verbale in violenza fisica. Rifletta su questo”.
Il vescovo Suetta e le dicriminazioni battesimali.
Ancora peggio è la geniale idea avanzata da mons. Antonio Suetta, vescovo di Sanremo-Ventimiglia, il quale ha stabilito per decreto che, nella sua diocesi, i figli di coppie omogenitoriali vanno battezzati a porte chiuse, “in modo da evitare ogni forma di riconoscimento della coppia di fatto”. D’ora in poi, due mamme credenti che vorranno portare il loro figlio al battesimo, dorvanno innanzitutto chiedere l’autorizzazione del vescovo, e poi accettare che il rito si svolgerà al di fuori della messa e in forma separata rispetto a quello previsto per altri bambini.
Suetta, incredibilmente, ci tiene a far passare la sua idea come un atto di “particolare delicatezza”:
“La decisione di adeguare il rito del battesimo per il figli di coppie gay è il segno di una particolare delicatezza e attenzione. Nelle situazioni consuete il celebrante fa riferimento al papà e alla mamma del piccolo. In questo caso, però, non è possibile, avendo davanti due uomini o due donne. Per questo, onde evitare imbarazzi, gli stessi possibili tra l’altro in occasione del battesimo del figlio di una donna deceduta durante il parto, ho ritenuto di procedere con l’adeguamento e lo svolgimento separato della celebrazione che resta comunque un atto pubblico”.
Non so se queste parole siano state dette in buonafede o ridacchiando. Di fatto, cercano di giustificare un vero e proprio atto di discriminazione. E il fatto che un vescovo si senta soddisfatto nel discriminare è sinceramente preoccupante.
Ma Suetta è lo stesso vescovo che, ormai da anni, si produce in denunce tuonanti al festival di Sanremo per i suoi contenuti “gender”. Insomma: per qualche motivo su cui non ci è dato di indagare, si sente in dovere di fare sfoggio di sacra omofobia verbale.
Vale anche per lui il pensiero espresso dal presidente di Arcigay: queste cose armano la mano di chi, a corto di parole, trasforma l’omofobia verbale in violenza fisica. Chissà se sua eccellenza se ne rende conto. Speriamo che le sue boutade vengano presto dimenticate.