Omosessualità: cosa ne pensa la Chiesa cattolica
Articolo pubblicato sul sito del settimanale cattolico LA CROIX (Francia) il 17 novembre 2004, liberamente tradotto da Adriano C.
Suor Véronique Margron*, teologa, è specialista di questioni di morale sessuale. Insegnante, tiene anche dei corsi di accompagnamento individuale.
La Bibbia non è di certo tenera verso l’omosessualità, e nel Nuovo Testamento San Paolo non è d’aiuto. Cosa dobbiamo pensare?
In effetti, la Bibbia parla poco dell’omosessualità. Il brano, ben conosciuto, di Sodoma e Gomorra sembra guidare alla condanna della violenza sessuale, dello stupro e del tradimento dell’ospitalità più che all’omosessualità stessa. Il Levitico è più esplicito. San Paolo anche. Ed entrambi sono molto rigidi.
La maggior parte dei moralisti, tuttavia, concorda che questi riferimenti sono troppo pochi per poter redigere una teoria. Questo ci impone di modificare la domanda che sarebbe dunque: cosa ci dice la Bibbia in generale, sulla sessualità umana, sulle relazioni erotiche e affettive, e su cosa viene interpellata l’omosessualità?
Precisamente, come ne parla?
Il messaggio biblico si basa sulla differenziazione sessuale e la incarna nella Parola. Dio crea l’uomo e la donna. Non è una coincidenza. Questa differenza riconosciuta dalla Parola ha qualcosa a che vedere con la Rivelazione Cristiana. E’ nella relazione con l’altro sesso, sempre un po’ misterioso e inaccessibile, che noi percepiamo la differenza intrinseca di Dio e la sua vicinanza.
È grazie alla differenza tra i due sessi che il dono della vita è reso possibile e attraverso di questo la trasmissione del nome di Dio alle generazioni successive. Lì è presente una realtà illimitata. Ora, esiste un simbolismo, un vincolo tra la Parola, la differenza dei sessi e le generazioni, che le persone omosessuali, di fatto, non possono assumere. Affermarlo non è giudicare le persone.
Cosa dice la Chiesa cattolica oggi?
La Chiesa non condanna l’omosessualità in quanto tale. Essa riconosce le scoperte operate nel campo delle scienze umane. Riconosce che l’omosessualità non è una scelta volontaria della persona, ma uno stato di fatto, una parte della realtà psicosessuale che trova origine, per ragioni diverse e di fatto complesse, durante la primissima infanzia.
Il catechismo della Chiesa cattolica dunque distingue le “tendenze” omosessuali, che sono involontarie e che dunque non giustificano né il disprezzo né la condanna alla persone, dagli “atti” omosessuali ritenuti, questi, “disordinati” in quanto contrari a questa legge di differenziazione.
Non è utopistico e anche un po’ “sadico” chiedere a queste persone che non hanno scelta, di fare assoluta astensione dalle pratiche sessuali?
Non vedo come possa il Magistero, oggi, dire il contrario dato che non riconosce la legittimità dei rapporti sessuali se non nel quadro di un matrimonio eterosessuale indissolubile, aperto alla fertilità della coppia tramite la procreazione. Condizioni che peraltro non si incontrano, ovviamente, nelle persone omosessuali.
L’essenziale per ognuno, è di cercare di comprendere cosa dice il Magistero a riguardo e, al di là della vita cristiana, come possa aiutarlo a vivere con maggiore felicità. Perché l’obiettivo finale non è quello di punire o reprimere, ma di permettere a tutti di recuperare l’autostima di se stessi, e quindi di entrare in questo sviluppo di diversità e di buona vicinanza, alla quale siamo tutti invitati.
Ma spesso, l’errore è quello di credere che sarebbe sufficiente una società tollerante e una vita di coppia, alla persona omosessuale. L’esperienza mostra che le cose sono più complicate. Inoltre, a seguito dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, il Magistero riconosce un principio di gradualità, di progressione etica in materia di sessualità.
Non cadiamo nella trappola del lecito e del proibito. Crescere nella comprensione, poter amare con un’affettività omosessuale rimane una scelta di libertà ma non può attuarsi senza rispettare alcune proibizioni fondamentali. Come del resto per ognuno di noi.
È questa la giustificazione dell’ostilità della Chiesa cattolica di qualche tempo fa ai PACS, e ora al matrimonio tra coppie omosessuali, o ad una loro adozione?
Sono delle realtà differenti che non dobbiamo confondere. Non possiamo incolpare agli omosessuali della difficoltà di una relazione stabile ed istituita, e contestare il loro diritto a beneficiare di una forma d’istituzione in particolare. Il Pacs è una aberrazione giuridica. Ma ha il merito di riconoscere, socialmente, una forma di coniugalità omosessuale distinta rispetto al matrimonio.
Se la Chiesa nega entrambe le possibilità agli omosessuali è per le questioni antropologiche e simboliche discusse prima. Sarebbe pericoloso lasciar credere che si possa essere dispensati dal principio fondamentale della distinzione dei sessi e della discendenza. Una relazione omosessuale, sebbene fondata sull’amore, sulla legittimità e se anche rispettabile a livello di vissuto personale, non può avere lo stesso riconoscimento sociale che ha una relazione eterosessuale. Pretendere il contrario, è far credere che potremmo avere il diritto di vivere insieme, come se non non ci fossero delle leggi fondamentali istituite.
* Véronique Margron, religiosa domenicana, professoressa di teologia morale (UCO) autrice del libro “Fragiles existences” (Esistenze fragili) Ed. Bayard – Premio degli scrittori credenti 2011 nella categoria “Essai”.
Margron é stata docente della Facoltà di teologia all’Université Catholique de l’Ouest (UCO) tra il 2005 e il 2010. Oggi è professoressa di teologia morale nella stessa Istituzione. Lavora particolarmente su questioni relative alla vita affettiva e sulle grandi questioni della nostra società: la bioetica, la sofferenza, la solitudine.
Testo originale: Homosexualité: qu’en dit l’Eglise?