Omosessualità e Bibbia. Quando l’amore è irresistibile
Riflessioni di Valeria Hinck* tratte da evangelisch.de1 (Germania), 10 marzo 2011, liberamente tradotte da Antonio De Caro
Fra tutte le voci teologiche ho adesso un mio status: probabilmente come cristiana, di impronta pietista2, che ama Dio e la Bibbia. Ma anche come cristiana dotata personalmente di una sensibilità omosessuale. Qui si parla di noi, omosessuali cristiani – eppure raramente, in tali controversie, le persone omosessuali vengono interpellate. È così, la nostra voce viene screditata ed emarginata, da alcuni anche con grande piacere, sotto slogan come “letteratura solo per loro che ne sono coinvolti”.
Gioia per il tenue cambiamento anche presso gli evangelici
Una teologia che pretenda di essere rilevante per la vita non dovrebbe rifuggire dal confronto aperto e leale con le persone viventi e con il proprio influsso sulle loro concrete situazioni di vita.
E questo aspetto sento che manca, di tanto in tanto, quando si tratta il nostro tema. Essere una delle persone coinvolte è già un criterio che impedisce di cogliere correttamente la verità? Ed è davvero contrario al cristianesimo lasciarsi coinvolgere?
In molti anni di confronto personale e teologico io (e molti altri cristiani omosessuali con me) ho trovato più spesso risposte pronte che domande aperte, più sapere precostituito che interesse al sapere, più pregiudizio che accoglienza di ciò che effettivamente viene alla luce nella vita vissuta.
Con tanta maggiore gratitudine mi rallegro del tenue cambiamento che su questo punto traspare lentamente anche nei gruppi evangelici. Nel frattempo c’è un crescente numero di cristiani che non condividono l’idea di classificare le persone omosessuali come figli degni della collera di Dio e di annoverarli fra ladri, assassini e stupratori. Essi sono in effetti persone che, appunto, non seguono semplicemente le loro pulsioni, ma vogliono solo vivere in modo corrispondente a ciò che conforma la loro intima e profonda personalità.
Grazia tangibile fra i cristiani omosessuali
Nel frattempo c’è un crescente numero di cristiani che non accettano di trarre le loro uniche conoscenze sugli omosessuali da sedicenti specialisti il cui scopo dichiarato è però già la lotta contro l’omosessualità. Ma che vogliono – in modo assolutamente scettico, ma aperto – farsi la propria idea e di proposito cercano di incontrare cristiani omosessuali e di “tastare loro il polso“ (noi non ci rifiutiamo).
Di fronte agli occhi di questo crescente numero di cristiani sta ciò che da lungo tempo è realtà: che altri cristiani omosessuali condividono la fede né più né meno degli eterosessuali; interpretano ed annunciano la Scrittura con la forza dello Spirito; guidano gruppi nelle comunità con tangibili risultati, segno della benedizione divina; come direttori spirituali rafforzano con amore i loro fratelli e sorelle nella fede; forse vivono apertamente una relazione riuscita ed esemplare; ed in tal modo hanno già incoraggiato al matrimonio, o nel vivere il loro matrimonio, persone senza pregiudizi del loro ambiente.
E per questo crescente numero di cristiani è una contraddizione quando essi devono attribuire alle persone omosessuali il destino di “ricevere in se stessi, in tal modo, la ricompensa per il loro traviamento” o di essere esclusi dal regno di Dio. Questo crescente numero di cristiani non riconosce in tale giudizio l’amorevole, spirituale dedizione senza alcun disprezzo, che in quel regno viene richiesta senz’altro da parte di tutti.
E con dolore avvertono di dover quasi negare a queste persone la possibilità di una vita benedetta in futuro, che invece Dio, secondo la loro chiara impressione, ha concesso da tempo, a dispetto di tutti i dibattiti teologici.
Quale posto ha l’amore nella gerarchia dei valori?
Che il sabato (cioè la legge) sia stato fatto per l’essere umano e le sue concrete situazioni di vita, e non l’essere umano per il sabato, non è lo slogan ingannevole di una lobby tendente alla liberalizzazione. Ma è una esortazione programmatica dello stesso Gesù Cristo, con cui egli ha superato una interpretazione puramente letterale (in effetti: “nessuna” forma di lavoro nel giorno di sabato, cfr. Es 20.10) e ha rimandato al rispetto delle realtà della vita.
Una teologia che sa di essere compiuta da Cristo può lasciarsi mettere in discussione tranquillamente dalla vita, invece di arroccarsi nella semplice affermazione che si deve unicamente venerare la Parola.
A mio avviso è proprio il ruolo responsabile svolto dagli omosessuali dentro e fuori le comunità che richiede urgentemente un modo di trattare gli omosessuali diverso da quello seguito fino ad ora. Con interesse cerco di capire quale ruolo in molte argomentazioni tocchi (o venga concesso) all’amore.
Che l’amore debba essere la spina dorsale della fede e della dottrina cristiana, non è, ancora una volta, l’invenzione di un movimento di pensiero postmoderno e debole, ma l’univoca testimonianza della Scrittura: l’amore è il criterio da cui dipendono, secondo Gesù e tutti gli apostoli, “l’intera legge e i profeti”, “il più alto e grande comandamento” (Mt 22.37-40), la “legge regale” (Giac 2.8), il “comandamento originario” (2Giov 5), dunque il comandamento per eccellenza. L’amore è, in ultima analisi, decisivo per il vero “compimento della legge” (Rom 13.8-10).
Ci sono due domande per le quali, finora, non ho ricevuto nessuna risposta concreta e plausibile per escludere l’omosessualità (a meno che non trovi in se stessa il suo fondamento): in che modo l’amore per Dio o per il prossimo viene leso in modo concreto ed effettivo per mezzo di una relazione omosessuale vissuta con amore e responsabilità? Perché l’amore per Dio o l’amore per gli uomini non dovrebbe potersi realizzare attraverso una relazione omosessuale vissuta con amore e responsabilità?
L’etica deve sorvegliare l’amore?
Questa mi pare la questione centrale: è l’etica che si muove e deve orientarsi grazie all’amore, o è l’amore che si muove e deve orientarsi grazie all’etica? L’etica cristiana è radicalmente tenuta all’amore o è l’etica che deve sorvegliare l’amore? Spesso si insinua in me la sensazione che i cristiani credano nell’amore come se fosse un cane troppo ingenuo, che si trova costantemente nel pericolo di rotolarsi in ogni tipo di sudiciume e di correre incontro, scodinzolando, ad ogni estraneo, per cui sarebbe necessario lo stretto guinzaglio dell’etica per evitare tutto questo.
Ovviamente mi pare difficile, in base alla Scrittura, voler limitare l’etica dell’amore per mezzo di un’etica della creazione. Se Gesù, parlando del divieto del divorzio, si richiama alla volontà di Dio al momento della creazione (Mt 19), Paolo, d’altra parte, interviene nuovamente su questo tema con l’etica dell’amore come criterio: nel senso di un possibile, “necessario” divorzio come soluzione pacifica (1Cor 7.12 ss.). Dunque non rifugge dall’applicare al valore prioritario della creazione l’amore, ancora una volta, come norma decisiva.
Anche il sabato viene espressamente motivato dalla Scrittura nell’ordine della creazione (cfr. Es 20.10 s.). Eppure Gesù nella sua interpretazione subordina proprio questo comandamento all’etica dell’amore. E Paolo non si richiama, per il suo tempo, anche al disegno della creazione quando proibisce alle donne il compito di insegnare (cfr. 1Tim 2.12-14)? E i cristiani di oggi non hanno superato da tempo anche questo divieto, richiamandosi in ultima analisi anche all’etica dell’amore?
L’ordine della creazione non è un sistema chiuso
Un ideale –persino quando si può richiamare alla creazione- è necessariamente un sistema chiuso? Le rappresentazioni della Genesi sono un tesoro per ogni interprete. Ma io non vi vedo alcuna risposta univoca alla domanda decisiva, se cioè il nesso fra uomo e donna, che lì viene proposto, costituisca un ferreo monopolio che non tollera eccezioni per nessuno e per nessun motivo.
Non c’è alcun dubbio che Dio abbia creato nell’uomo e nella donna il “prototipo” positivo di una stabile relazione d’amore. Ma ciò implica effettivamente in modo automatico una chiusura negativa ed un’esclusione? Quali danni subisce la forma standard, se essa funge da modello ideale per una forma analoga e per coloro che non riescono a corrispondere al prototipo? Non scopro, nella Genesi, un’esclusione così priva di incertezze.
Chi, almeno una volta, ammetta la possibilità che la storia della creazione non postula un sistema chiuso, chiederà a buon diritto in base a che cosa dovrebbe orientarsi, affinché in fin dei conti nemmeno un Josef Fritzl3 possa rivendicare una legittimazione per le sue azioni. Ora, proprio come Gesù ha dimostrato nella questione “Come bisogna applicare alla concreta vita umana la norma del riposo di sabato, che deriva dalla creazione?”, a questo proposito solo l’etica dell’amore può costituire una regola. Essa non ammette alcuno sfruttamento, violenza o abuso delle persone. Ma senza dubbio responsabilità, rispetto, dedizione e fedeltà.
Non è in gioco la distruzione di tutti i valori
Proprio questo principio vedo nel commento al n.39 della legge sul servizio dei pastori: il matrimonio rimane l’ideale. Ma il concetto ampliato di “convivenza familiare” apre la porta per le relazioni omosessuali riconosciute, che corrispondono all’etica dell’amore.
Si tratti della schiavitù o dell’apartheid, si tratti dell’ordinazione delle donne – in quante questioni la Chiesa non ha già superato in base all’etica dell’amore quello che la parola della Bibbia sembrava prescrivere, per non avallare l’ingiustizia contro un gruppo preciso di esseri umani rispettando in maniera fondamentalistica la lettera della legge e non commettere in tal modo una colpa più grande? Ma ricordiamoci che anche su questi problemi, oggi ovviamente estranei alla professione di fede evangelica, furono condotte argomentazioni richiamandosi all’ordine della creazione e fu proclamato che era in gioco la distruzione di tutti i valori.
Non sempre, in tali questioni, la mentalità corrente dell’epoca, così temuta, è stato una cattiva consigliera. Forse una volta o l’altra Dio farà “gridare le pietre, se questi taceranno” (Lc 19.40). Io credo che le pietre gridino: “Date alle coppie omosessuali una possibilità, in parrocchia, e vedrete – l’amore è irresistibile, più degli schemi sul sesso delle persone”.
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1 Nella controversia sui cristiani omosessuali Valeria Hinck si chiede “L’etica cristiana è radicalmente tenuta all’amore, o è l’etica che deve sorvegliare l’amore?”
Il dibattito (in Germania) sui pastori omosessuali, donne e uomini, ha acquisito ampio spazio nelle scorse settimane su evangelisch.de (Germania). A tal proposito, si tratta anche, fondamentalmente, della questione se l’omosessualità sia compatibile con i fondamenti biblici. Valeria Hinck si è confrontata intensamente, sul piano personale e su quello teologico, con questo problema ed è arrivata a questa conclusione: la Bibbia non offre nessun argomento convincente contro l’omosessualità vissuta responsabilmente.
2 Il pietismo è una corrente della religiosità protestante, sorta nel XVII secolo. Essa richiede ai cristiani, la cui vita è stata rinnovata dalla fede, non solo un miglioramento della propria condotta, ma la conversione totale, attraverso la via dolorosa dell’espiazione ed una rigida ascesi, unica difesa contro le insidie del male.
3 Si tratta di un austriaco condannato all’ergastolo per aver tenuto segregata per 24 anni la propria figlia, costringendola a rapporti sessuali da cui sono nati sette figli; uno di essi è morto per assenza di cure mediche.
* Valeria Hinck, nata nel 1960, è un medico di medicina interna. E’ una lesbica cristiana evangelica molto attiva contro l’esclusione delle persone omosessuali nelle chiese cristiane. E’ autrice di “Streitfall Liebe. Biblische Plädoyers wider die Ausgrenzung homosexueller Menschen” (“Controversia sull’amore. Argomentazioni bibliche contro l’emarginazione delle persone omosessuali”), ed. Claudius München, 2003.
Testo originale: Theologie für das Leben: Die Liebe ist unwiderstehlich