Omosessualità e chiesa cattolica, un cantiere in divenire
Intervista di Lucienne Bittar al sacerdote Joel Pralong* pubblicata sul mensile dei Gesuiti Choisir (Svizzera) nel maggio 2013, pp.22-25, liberamente tradotta da Dino
L’allargamento del matrimonio civile alle persone dello stesso sesso è sicuramente una questione seria per la società, ma lo è anche per la Chiesa che, prima di pronunciarsi, è costretta ad interrogarsi. Essa deve prendere posizione sul modo in cui accoglie e integra gli omosessuali nel progetto di Dio.
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Joel Pralong, lei quest’anno ha pubblicato un libro di testimonianze di omosessuali: “Mais qui a dit que Dieu n’aimait pas les homos ?” (Ma chi ha detto che Dio non ama gli omosessuali?) indirizzato soprattutto ai credenti. La situazione degli omosessuali, il modo in cui la società li percepisce è molto cambiato in Occidente. Tuttavia la loro identità e il loro posto rimangono ancora oggetto di conflitto e di discussione. Leggendo il suo libro, mi sono resa conto che è un argomento tabù per una parte della Chiesa, anche in Svizzera, e che l’essere omosessuale continua a provocare una sofferenza. Lei parla d’altro canto della compassione che si deve avere verso di essi. Ora, chi dice compassione, dice problema. Allora, l’omosessualità è un problema?
Apparentemente in Occidente riguardo agli omosessuali si vive un atteggiamento sulla linea della liberalizzazione, della “tolleranza” -un termine che non mi piace-, dell’apertura. Ma in realtà il solo sentir pronunciare la parola omosessuale, fa drizzare i capelli, in particolare agli uomini. E’ quello che io posso constatare. Questa reazione viene da molto lontano. Nell’immaginario popolare, “omosessualità” vuole dire sesso, e “omosessuali” significa bestie sessuali. A scuola, anche tra i bambini più piccoli, si sentono gravi insulti di connotazione omofoba.
Un giovane che prende coscienza della sua diversità sessuale, lo fa in questo sottofondo di disprezzo. Da lì vivrà un terribile conflitto interiore, sul quale si impianta un impressionante sentimento di rifiuto, che può anche condurlo al suicidio.
Inoltre, in base alla mia esperienza in proposito, posso dire che le relazioni omosessuali sono spesso più complicate di quelle etero. Molti psicologi parlano di blocco psico-affettivo, di basi più fragili. E’ una questione insidiosa, perché proponendo queste teorie si finisce per dare inopportuni giudizi sul valore di una persona.
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Lei afferma che nell’immaginario popolare l’omosessualità viene confusa con una sessualità bestiale, dunque essa non ha nessuno scopo se non il piacere e il possesso dell’altro. Questo giudizio non è in parte un’eredità della Chiesa, che assimila la sessualità umana alla riproduzione (Paradossalmente un amore “bestiale” induce giustamente la ricerca della procreazione).
Con il Concilio Vaticano II non è più così. Dopo di esso sono state scritte pagine bellissime, che sviluppano l’idea che il sesso e il piacere sono al servizio dell’amore. Per numerosi teologi ancora oggi rimane comunque l’idea che l’amore sia concepibile soltanto in un rapporto eterosessuale poiché la sessualità può essere presa in considerazione soltanto tra un uomo e una donna.
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Il problema delle relazioni omosessuali per la Chiesa si riassumerebbe dunque nella mancanza di alterità sessuale. Tuttavia la Chiesa valorizza tutte le forme di amore (madre-figlio, amicizia, ecc.). Non è una contraddizione?
In greco ci sono quattro termini per dire “amore”. Philia per l’amicizia, storgè per l’amore filiale, eros per l’amore sessuale e agapè per l’amore divino incondizionato. In francese il linguaggio è più limitato e dunque parlando d’amore si può incorrere in malintesi. Di che genere di amore si tratta? Un amore tra eterosessuali o omosessuali non può prescindere dalla sessualità, che è una potenza che avvicina gli esseri. Consapevole di ciò, il Catechismo della Chiesa propone agli omosessuali -sto sintetizzando- di adottare un’amicizia casta.
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Di fatto la Chiesa non chiede loro la castità, ma piuttosto l’astinenza.
Assolutamente. Il termine castità deriva dal latino “castus” (puro, distinto) e il suo contrario “incastus” ha dato origine al termine incesto. La relazione incestuosa è quella in cui si divora l’altro. Un amore che sarebbe soltanto eros, per riprendere il termine greco. La castità dunque è amare senza divorare l’altro. E’ un atteggiamento del cuore e dell’intelligenza, grazie al quale si accoglie l’altro per quello che è, in primo luogo facendo sì che egli esista. Una delle più belle espressioni della castità è lo stupore.
Nella Genesi, l’uomo quando riceve da Dio la sua donna, dice: ” Ecco le ossa delle mie ossa, la carne della mia carne”. Non la prende, non la divora: dapprima si stupisce, la riconosce e glielo dice. Oggi noi soffriamo di stitichezza verbale quando si tratta di riconoscere l’altro e di farlo esistere! E al contrario di diarrea verbale quandi si tratta di parlare di noi stessi.
Per tornare alla questione dell’omosessualità, io credo fermamente che la via voluta dal Creatore per il suo progetto sia l’eterosessualità. Se mi metto dal punto di vista del credente, la Genesi in effetti non è soltanto uno scritto storico, da collocare in un contesto culturale. Ora, nel mondo ci sarebbe il 10% di omosessuali. Tutte queste persone sarebbero quindi escluse dal progetto di Dio? Impossibile!
La Chiesa è dura quando si rivolge agli omosessuali citando il Catechismo e cercando così di imporre loro l’astinenza! Soprattutto si deve dir loro che la Bibbia non li condanna. Certo, San Paolo parla di “rapporto contro natura” (Rm 1,26-27), ma soltanto riferendosi a uomini e donne che volontariamente avrebbero sostituito atti sessuali “naturali” (tra uomo e donna) con atti “contro natura” (tra persone dello stesso sesso), ma ciò in un contesto di ribellione contro Dio (approccio teologico e non morale). Il suo discorso non si applica alle persone omosessuali che non hanno scelto la loro attrazione -come talvolta si sente dire- ma ad atti completamente sradicati da qualsiasi vera relazione, i quali di fatto uccidono la relazione. E’ importante sottolinearlo.
Quando un giovane viene da me e mi dice che la Bibbia lo condanna, gli rispondo che non è vero e che Dio lo ama, ama proprio lui, come persona. Per questo affrontare l’omosessualità parlando del sesso mi sembra un cattivo modo di trattare la questione. Quello che mi interessa è accompagnare gli omosessuali partendo dal punto in cui essi si trovano. Preferisco interessarmi alla loro evoluzione, a ciò che può edificare la loro personalità e il loro amore.
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In realtà i pastori non hanno lo stesso linguaggio quando affrontano le questioni d’amore e di sessualità con gli etero oppure con gli omo. Gli omosessuali devono quindi “fare di più” in confronto agli etero, per poter essere nel progetto di Dio?
Non si tratta di fare di più, ma di far eco alla parola di Dio. Ognuno deve comprendere quello che Dio gli dice. Il Vangelo è una parola di incoraggiamento, di consolazione, di speranza. Non ci sono risposte preconfezionate, tranne nella dottrina della Chiesa, che deve restare un ideale (una griglia di regole di carattere generale, ndr). Ma sul campo pratico abbiamo a che fare con persone ognuna delle quali ha il proprio vissuto. E’ compito di ciascuno scegliere lui stesso il suo cammino, nella sua anima e nella sua coscienza.
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Possiamo immaginare che un giorno la Chiesa cattolica permetta agli omosessuali di accedere al sacramento del matrimonio o ad una benedizione della loro unione?
Prima di rispondere, vorrei precisare due punti. Innanzitutto gli omosessuali non vogliono essere definiti secondo schemi che hanno come riferimento l’eterosessualità, altrimenti verrebbero ridotti ad una sorta di categoria inferiore. Inoltre il termine “matrimonio” è sempre stato riservato agli etero; dunque è inadeguato per gli omo. Tuttavia la questione rappresenta per la Chiesa l’occasione di aprire un dialogo rispettoso con la popolazione omosessuale, per vedere che tipo di riconoscimento essa reclama e di cosa ha bisogno. Non dimentichiamo che esiste tutta una moltitudine silenziosa che non rivendica nulla, se non il diritto al rispetto!
Spesso cito questo proverbio che dice: “l’albero che si spezza fa più rumore di una foresta che cresce”. Il mio libro è un invito a visitare la foresta. Per ora l’unica cosa che mi sembra possibile è benedire le persone che condividono un amore vero, pregare perché il loro amore sia fecondato dalla parola e dall’amore di Dio. Si benedicono anche barche e campane! Non parlo però di sacramento e nemmeno di benedizione di una unione, poiché la Chiesa non riconosce la coppia omosessuale. Se ci si mettesse a benedire le unioni, ci si avvicinerebbe al sacramento del matrimonio e ci sarebbe il rischio di creare confusione.
Non bisogna bruciare le tappe, ma iniziare fin da ora con il dialogo. Perché si deve essere realisti: fintanto che ci sarà omofobia, sarà difficile andare più lontano per veder quale tipo di riconoscimento offrire.
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Dunque bisognerebbe per prima cosa cambiare i costumi prima di dedicarsi a far nuove leggi? Ma talvolta si deve aspettare un tempo lunghissimo prima che dei cambiamenti culturali vengano integrati nella società! Se le donne non avessero lottato contro idee preconcette maschliste e patriarcali, non sarebbero certo riuscite a far valere i loro diritti.
Non sono un moralista né un teologo. Reagisco in quanto pastore sul campo. Nelle discussioni concettuali non si entra in contatto con le persone. Nel legalismo si ha un atteggiamento di chiusura; nel permessivismo si annullano le differenze ma senza raggiungere le persone. Il mio scopo non è quello di entrare in questa discussione, ma di aiutare gli omosessuali a liberare la loro parola, a rendersi conto che la Chiesa apre una porta. L’importate non è l’uguaglianza, ma l’accettazione di ciascuno nella propria storia. Non posso andare oltre, perché non ho le risposte.
Lo ripeto, si deve iniziare con il dialogo e rimanere aperti, lasciarsi ispirare dallo Spirito. Umilmente credo che abbiamo ancora qualcosa da ricevere da Dio a questo proposito, per essere condotti verso la completa verità, che noi oggi non possediamo. Ed è lo stesso per ciò che riguarda i divorziati risposati. Credo che lo Spirito ci stia scuotendo! L’omosessualità rimane un cantiere aperto.
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In Francia i vescovi sono stati rimproverati di impicciarsi di cose che non li riguardavano: il matrimonio civile. Ma non è legittimo che la Chiesa si pronunci su questa questione di ordine antroplogico? Il matrimonio, nei vari tempi e nei vari luoghi, è stato più spesso legato a questioni di filiazione. Dietro l’uso del termine “matrimonio” si profila la questione dell’omogenitorialità e dunque quella dell’adozione e della procreazione assistita. Ma esite il diritto ad avere figli? Gli omosessuali desiderano avere gli stessi diritti degli etero. Questa domanda è legittima, ma da parte loro non ci dovrebbe essere anche l’accettazione che il loro cammino ha in sé un limite biologico: quello della procreazione? Rivendicare la genitorialità non significa in questo caso confondere integrazione e assimilazione e negare la differenza tra etero e omo?
Assolutamente. A mio avviso il figlio non è un diritto. Per l’equilibrio del bambino è necessario che egli nasca da un atto di amore condiviso e che cresca tra suo padre e sua madre. Ma è anche vero che gli psicologi al riguardo non sono di parere unanime.
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Cosa rispondere a una coppia di omosessuali che si amano e vogliono dei figli, che vorrebbero essere una coppia feconda?
Cercherei di aiutare queste persone a scoprire un’altra forma di fecondità che non richiede necessariamente l’implicazione di una terza persona.
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Si può ipotizzare la soluzione dell’adozione?
Pralong: Effettivamente ci si può pensare. Il bambino adottato può così ricevere molto amore.
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Libri consigliati:
Joël Pralong, Mais qui a dit que Dieu n’aimait pas les homos? Témoignages, récits, St-Maurice, Saint-Augustin 2013, 124 p.
Claude Besson, Homosexuels catho- liques. Sortir de l’im- passe, Paris, L’Atelier/Ouvrières 2012, 142 p.
Conseil famille et société de la Conférence des évêques de France, Elargir le mariage aux personnes de même sexe ? Ouvrons le débat, Note, septem- bre 2012, 10 p. Si può trovare su www.eglise.catholique.fr, sezione « Textes et déclarations »
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Testo originale: L’homosexualité, un chantier. Une interview