Negli USA ci si chiede se le scuole cattoliche sanno sostenere i loro studenti LGBT
Articolo di Renée K. Gadoua* pubblicato sul sito del mensile cattolico U.S. Catholic (Stati Uniti) il 22 febbraio 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Andrew Perez si è unito alla Gay-Straight Alliance (GSA) [una gruppo di supporto composto da studenti gay e studenti etero gay-friendly n.d.t.] della sua scuola perché ha creduto nel messaggio di amore per tutti di Papa Francesco. La sua classe di religione al liceo Xavier, una scuola gesuita maschile di Manhattan, ha discusso di sessualità e della risposta del papa.
“Ero interessato a sentire papa Francesco dire che [le persone gay] sono accolte a braccia aperte”: Perez, ora all’ultimo anno, dice: “Un sacco di [persone gay] hanno l’impressione di non essere accettate.” Si è unito al gruppo perché “come eterosessuale penso fosse importante sostenere un gruppo nella mia scuola che può non sentirsi a suo agio… Come gay-friendly si deve fare tutto a braccia aperte”.
Un suo amico intimo ha rivelato a Perez di essere gay e Perez ha parenti dichiaratamente LGBT. Spesso indossa il braccialetto dell’annuale Ally Week scolastico, una manifestazione che si svolge in ottobre e ospita oratori e attività per accogliere le persone LGBT. Il club ha distribuito più di seicento braccialetti con scritto “I’m an ally” (“Sono gay-friendly”): “Alla Xavier, i ragazzi sono apertamente gay e sono accettati. Non ostracizziamo chi preferisce il suo stesso sesso.”
La GSA dello Xavier unisce studenti eterosessuali e studenti LGBT che si aiutano reciprocamente e fornisce un posto sicuro per socializzare. E – nonostante il tono più morbido di papa Francesco nei confronti di gay e lesbiche e il pronunciamento della Suprema Corte statunitense del giugno 2015 che dà il via libera alla legalizzazione del matrimonio omosessuale – questo gruppo, visibile e autorizzato, rimane inusuale tra le milleduecento scuole cattoliche degli Stati Uniti. Anche tra le scuole e le diocesi che hanno al loro interno le GSA, poche hanno intenzione di discutere i loro programmi o la loro politica.
Comunque, la maggior parte degli educatori cattolici è d’accordo che, in una società sempre più aperta al matrimonio omosessuale, le scuole cattoliche abbiano bisogno di un approccio riflessivo per discutere della dottrina cattolica sulla sessualità. GLSEN, the Gay, Lesbian & Straight Education Network è un’organizzazione nazionale che fornisce risorse per migliorare l’atmosfera per gli studenti LGBT. Il gruppo provvede alla preparazione e sostiene la politica gay-friendly delle scuole. Secondo la portavoce del GLSEN Kari Hudnell, il numero delle GSA dei licei americani riconosciute dall’ente era, sul territorio nazionale, di quattromila nel 2015. La crescita rispetto agli anni precedenti corrispondeva più o meno ai significativi sviluppi del paese nel riconoscimento dei diritti degli omosessuali.
Comunque, non esiste un’organizzazione analoga che tiene traccia delle GSA nelle scuole cattoliche. Nessuna risorsa pubblica facilmente accessibile – un’organizzazione cattolica o un un gruppo laico di difesa dei gay – tiene il conto delle GSA nei licei cattolici. Né la National Catholic Educational Association (NCEA) né la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti sanno quante GSA ci siano nelle scuole cattoliche. La stima migliore viene dal 2013 National School Climate Survey della GLSEN, nel quale solo il 18% degli studenti delle scuole private religiose afferma che la loro scuola ha una GSA. Tra gli studenti delle scuole medie e dei licei delle scuole laiche pubbliche e private, la percentuale balza al 50.
Nel 1984 l’Equal Access Act stabilì che ogni scuola pubblica secondaria che riceve finanziamenti federali non discrimini gli studenti che vogliono creare una GSA. Ma, per ora, le scuole cattoliche ne sono esentate.
Uno spazio sicuro
I difensori delle GSA dicono che questi gruppi di studenti forniscono uno spazio sicuro nel quale gli adolescenti possono fare domande sull’orientamento sessuale e l’espressione di genere, avere informazioni e supporto e affrontare bullismo e discriminazione: “Sappiamo dalle nostre ricerche che le GSA, gli educatori di supporto, le politiche antibullismo inclusive e globali hanno un’influenza diretta sul clima scolastico” dice Hudnell.
Secondo Alexander Lavy, un insegnante di fisica apertamente gay che è uno dei tre consiglieri di facoltà della GSA della Xavier, è questo il motivo per cui gli amministratori hanno iniziato il gruppo: volevano creare una scuola sicura. Questi hanno risposto al suicidio di Tyler Clementi, avvenuto nel 2010, uno studente gay della Rutgers University, filmato dai suoi compagni durante un incontro intimo con un altro ragazzo poi finito su internet. Questo caso, molto noto, ha attirato l’attenzione sul bullismo omofobico e sulla scioccante realtà che gli adolescenti omosessuali hanno due o tre volte di più la possibilità di suicidarsi rispetto ai loro coetanei etero.
Molti studenti dello Xavier non sanno del suicidio di Clementi, dice Lavy. Ma questo non significa che gli studenti non ricevano beneficio da un’educazione anti-bullismo. La GSA dello Xavier è pensata per fornire un luogo sicuro per gli studenti che vogliono discutere argomenti relativi alla propria sessualità. L’Ally Week dell’ottobre 2015 si è focalizzata sull’importanza che gli atleti sostengano le persone LGBT. Il club sostiene anche il GLSEN’s National Day of Silence, una giornata che si propone di migliorare la conoscenza degli effetti del silenzio sul bullismo anti-LGBT, le molestie e la discriminazione.
Pur con tutte le azioni difensive fatte dalla GSA, ci sono ancora alcuni atti di bullismo alla Xavier, a Chelsea, un quartiere di Manhattan con una larga popolazione LGBT. “Non è come si vede nei film” spiega Levy, “non è che si spingano i ragazzi negli armadietti. Ma si sentono i ragazzi che si chiamano l’un l’altro ‘gay’ o ‘frocio’ come un insulto.”
Sebbene pochi studenti della Xavier siano “orgogliosamente dichiarati”, il gruppo non esiste solo per proteggere questi studenti. È “importante avere un gruppo che non costruisce solo tolleranza, ma anche amore” dice Levy: “Sentiamo di essere stati tutti creati ad immagine di Dio. Incoraggiamo la sensibilità e l’umiltà, la consapevolezza che i sentimenti e le esperienze di ognuno hanno valore”.
Un bilancio delicato
Per Lavy è chiaro che avere una GSA non significa che lo Xavier favorisca l’insegnamento cattolico sulla sessualità. Dice che questi argomenti – la proibizione della Chiesa del sesso fuori dal matrimonio e il matrimonio gay – appartengono alle classi di teologia: “Cerchiamo di lavorare sulla dignità umana. Se vogliamo essere un segno visibile dell’amore di Cristo, non possiamo permetterci di dire che va bene angariare qualcuno. Le persone LGBT sono storicamente persone che vengono discriminate, di cui talvolta si abusa o che si uccide per il fatto che sono LGBT. È parte della nostra testimonianza cristiana contrapporci a questa discriminazione.”
La Chiesa Cattolica si trova di fronte al delicato gioco di destrezza di sostenere due insegnamenti significativi, dice Michael Maher, che ha lavorato per molti anni come facilitatore di un campus cattolico e ha fatto ricerche e scritto sugli studenti omosessuali nelle scuole cattoliche: “Il magistero (l’autorità dell’insegnamento della Chiesa) non perdona i comportamenti omosessuali, ma incoraggia comunque la comunità cristiana ad essere accogliente e ad aiutare le persone LGBT. Questa continua tensione contribuisce ad una riluttanza nel parlarne”. Alcune persone ritengono che questi due insegnamenti siano incompatibili e anche ipocriti, aggiunge.
Due rilevanti documenti dei vescovi statunitensi, Always Our Children (1997) e Ministry to Persons with a Homosexual Inclination (2006), sottolineano questo tentativo di bilanciamento. Il primo documento è indirizzato ai “genitori che tentano di far fronte alla scoperta dell’omosessualità dei loro figli, adolescenti o adulti” e riconoscono la “tensione tra amare i propri figli come una creazione preziosa di Dio e la non approvazione di certi comportamenti che la Chiesa ritiene sbagliati”. Il documento sottolinea inoltre due punti centrali per la sfida di sostenere l’insegnamento della Chiesa, sia sulla sessualità umana che dei diritti umani: “L’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità è chiaro” afferma, ma dice anche che “ogni persona ha una sua intrinseca dignità perché è creata ad immagine e somiglianza di Dio”.
Ministry to Persons with a Homosexual Inclination è il più recente documento dei vescovi statunitensi che affronta l’omosessualità e mette in risalto la connessione tra il contesto moderno e l’insegnamento della Chiesa cattolica: “Il fenomeno dell’omosessualità pone sfide che possono essere soddisfatte solo con l’aiuto di una chiara comprensione del posto della sessualità all’interno del piano di Dio per l’umanità” afferma. Mentre rinforza l’impegno della Chiesa per la dignità umana, la lettera include anche una sezione che molte persone LGBT e i loro sostenitori trovano spiacevole: “L’inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata, cioè è un’inclinazione che predispone verso ciò che non è veramente buono per la persona umana”.
Per molti cattolici, l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità – come ad esempio il controllo delle nascite, il divorzio e le nuove unioni – in conflitto con ciò che vivono. Maher nota “queste sono cose molto difficili, e gli adolescenti hanno la tendenza a vedere tutto bianco o nero. È parte del loro sviluppo trovare molto difficile contestualizzare le cose”.
È proprio per questo che la suora domenicana Mary John Fleming, direttrice esecutiva della Secretariat of Catholic Education per la USCCB, consiglia di partire da ciò che la Chiesa Cattolica insegna sulla persona umana quando si parla di sessualità con i giovani adulti: siamo “fatti ad immagine e somiglianza di Dio, corpo e anima, intelletto e volontà, creati per un destino di eternità che include la realtà morale e quella intellettuale. Nessuna domanda sulla sessualità umana ha senso senza capire chi sia la persona umana. Portare i giovani a una più completa discussione su questi argomenti è un servizio rispettoso nei loro confronti. Le scuole cattoliche hanno la missione di predicare il Vangelo e noi insegniamo la sessualità in questo contesto. Insegniamo ai giovani alle prese con le realtà che vivono in un dato contesto sociale, integrando la bellezza del Vangelo e ciò che l’individuo è alla luce della fede”. Per questo, spiega, i facilitatori del campus e i cappellani sono cruciali per affrontare tutti i problemi di relazione: l’omosessualità, il sesso prematrimoniale, la convivenza, il divorzio e le nuove unioni: “Stiamo ancora discutendo con i ragazzi un metodo di catechesi”. Secondo suor Mary John, i dieci comandamenti, i sacramenti, le beatitudini e il rispetto della Chiesa per la persona umana, tutto “guida le nostre risposte nell’aiutare i giovani nella valutazione di buone scelte e di situazioni che richiedono un giudizio morale, prudente e positivo”.
Nell’autunno del 2015 i vescovi statunitensi stavano ancora discutendo su quali risorse o documenti produrre per affrontare la legalizzazione del matrimonio gay negli Stati Uniti. Nel frattempo suor Mary John non è convinta che le GSA siano il modo migliore per affrontare l’omosessualità nei licei cattolici – non perché la Chiesa non dovrebbe parlare di omosessualità, bensì a causa dell’insegnamento della Chiesa sull’integrazione della persona umana: “Siamo a favore di tutto ciò che supporti l’integrazione della persona come individuo tutto intero, non identificando necessariamente un solo aspetto della persona. Definire qualcuno solo a partire dalla sua sessualità non appare una buona cosa a lungo termine. Vogliamo essere sensibili all’argomento, non politicizzarlo”.
Maher ha raccontato il silenzio diffuso nelle scuole cattoliche sull’omosessualità nel suo libro del 2001, Being Gay and Lesbian in a Catholic High School: Beyond the Uniform (Essere gay e lesbica in un liceo cattolico: oltre l’uniforme). Il libro si basa su due indagini tra gli studenti del 1995 e su delle interviste del 1996 con venticinque adulti, gay e lesbiche, che hanno frequentato licei cattolici tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Ha concluso che l’educazione cattolica non riesce, per la maggior parte, a mettere a proprio agio gli studenti omosessuali: “Le pie ammonizioni della Chiesa Cattolica si perdono nel vasto mare dell’omofobia” ha sostenuto una recensione del 2002 della rivista gesuita America: “Quando ho iniziato a studiare questo fenomeno, non era affatto nell’orizzonte delle persone” dice Maher che ricorda un consulente in un liceo cattolico maschile che gli disse di aver avuto solamente una volta uno studente che aveva sollevato l’argomento. Ma nel 2003, quando fece delle ricerche supplementari, gli amministratori scolastici, gli insegnanti e i consulenti dei licei cattolici stavano cominciando a rispondere alle esigenze degli studenti LGBT: “Dissero che improvvisamente gli studenti iniziavano a presentare l’argomento e ad aspettarsi un aiuto dalle scuole cattoliche. Negli anni ’80 si era soliti pensare ‘stai attraversando una fase’. Ora ci sono ragazzi molto giovani che si auto-identificano e si aspettano un aiuto. Lo vedono in una cultura più ampia. Guardano Glee. Abbiamo genitori dello stesso sesso che si aspettano di essere i benvenuti nella comunità. Tutto questo è solo destinato ad aumentare con la legalizzazione del matrimonio gay”.
La necessità del cambiamento
Le scuole cattoliche hanno la responsabilità di parlare di omosessualità e di matrimonio gay, dice Heather Gossart, direttrice dei progetti speciali dell’NCEA, che ha militato quarant’anni nell’educazione cattolica: “Non fare questi discorsi è un fallimento per l’evangelizzazione. Abbiamo l’opportunità di tenere questi ragazzi nella nostra Chiesa e rispettare la loro dignità”. La sua preoccupazione è ben fondata. Il 70% di coloro che sono diventati adulti nel 2000 – quelli tra i 18 e i 34 anni – dicono che i gruppi religiosi alienano la gioventù, dal momento che giudicano spesso non in modo positivo le tematiche gay/lesbiche: questo secondo il Public Religion Research Institute (PRRI). Di più, circa un terzo di essi, che non si identificano più con la religione della loro infanzia, dicono che l’insegnamento negativo e/o il maltrattamento di gay e lesbiche è stato un fattore importante nel loro allontanamento.
Gossart racconta la difficoltà di un amico gay che aveva frequentato una scuola cattolica maschile trent’anni fa: “Ha detto che è stato il periodo più solitario della sua vita. Se abbiamo imparato qualcosa da ciò, è che non vogliamo che questa sia l’esperienza dei nostri giovani. È nostra responsabilità parlare con loro, gay o etero, e condividere la posizione della Chiesa sulla castità fuori dal matrimonio”. Aaron Ledesma, che scrive un blog intitolato The Gay Catholic, non crede che avrebbe potuto essere franco sul suo orientamento sessuale quando frequentava il liceo Strake Jesuit College Preparatory a Houston, in Texas: “Quando hai tredici anni, venire a patti con la tua sessualità è terrificante” scrive in uno scambio di mail “e non è d’aiuto sentirsi soli in questo. Senza le GSA o un facilitatore del campus che possa provvedere ad un porto sicuro, alcuni della comunità LGBT si sentiranno soli e spaventati”.
Ledesma si è diplomato nel 2010 e ha fatto coming out con la sua famiglia durante una visita a casa per Natale, quando aveva ventun anni: “Il liceo non era il posto per farlo per me perché, all’epoca, non sentivo che avrei avuto l’aiuto o la capacità di crescere per essere me stesso. Questo è il caso di molte persone della comunità LGBT, specialmente quelle che sono cresciute in scuole religiose e private. La sessualità e l’omosessualità non venivano mai discusse a scuola. Il tema era completamente evitato”.
Ledesma, che adesso vive a Richmond, in Virginia, trova l’atmosfera della Marquette University, un’università gesuita di Milwaukee, molto più aperta. (L’università ha una GSA che si chiama Gender Sexuality Alliance.) Durante la sua quinta riunione di ex-alunni, Ledesma ha incontrato di nuovo molti compagni di classe che hanno fatto anche loro coming out: “Tutti siamo stati d’accordo che avremmo potuto fare coming out prima se ci fossero stati dati più aiuto e risorse. Nella mia classe, di circa duecentodieci alunni ci sono almeno sette uomini apertamente gay e due donne transessuali”. Le scuole senza GSA “stanno ostracizzando la comunità LGBT e stanno potenzialmente ignorando le questioni che stanno loro davanti. Non si dovrebbe discutere di cosa è giusto o sbagliato; si dovrebbe discutere sul sostegno da offrire a giovani uomini e donne in un momento critico della loro vita. Il liceo non è come bere un bicchier d’acqua e senza risorse, per gli studenti può anche essere più difficile”. Le scuole cattoliche non hanno bisogno di perdonare lo stile di vita LGBT, bensì “hanno bisogno di sapere che noi esistiamo, di lasciare che gli studenti ne parlino e capiscano cosa significa”.
La decisione di permettere alla scuola di formare una GSA o un gruppo simile è a discrezione della singola diocesi, secondo Gossart del NCEA e suor Mary John dell’USCCG. Non c’è comunque un approccio che valga per tutti: “In una comunità o in una diocesi potrebbe essere meglio una GSA che abbia il sostegno di tutti,” dice Gossart: “Ci sono altri che sono più conservatori e non sono pronti a questo passo”.
Anche tra le scuole che non hanno una GSA, può essere rassicurante sapere che c’è il sostegno e una consulenza sull’orientamento sessuale, anche se in modo più discreto: “Sarebbe un errore credere che non si pensi ad un sostegno di questo tipo” dice Gossart: “Le scuole hanno intenzione di fare quello di cui sentono di avere bisogno senza tanti strombazzamenti”.
*Renée K. Gadoua è una scrittrice e redattrice freelance. Vive a Syracuse, nello stato di New York. Il suo profilo Twitter è @ReneeKGadoua
Testo originale: Are Catholic high schools supporting their LGBT students?