Omosessualità e religione. Dov’è il problema?
Articolo di Anne Strotmann pubblicato nella sezione “religione & Chiesa” del mensile Publik-Forum (Germania), n.14 del 26 luglio 2019, pp.26-31, traduzione di finesettimana.org
Per omosessuali e lesbiche molte cose sono migliorate negli ultimi cinquant’anni. Però, allo stesso tempo, queste persone sono oggi di nuovo oggetto di forte ostilità – spesso con motivazioni religiose. L’ebraismo, il cristianesimo e l’islam devono affrontare il loro problema nei confronti dell’omosessualità.
Cinquant’anni fa per la prima volta gli omosessuali si opposero negli USA, nella rivolta di Stonewall, alla violenza della polizia. Venticinque anni fa veniva definitivamente abrogato il “paragrafo dei gay” 175, che puniva i “comportamenti omosessuali”. Dagli anni 80, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali ed altre persone queer, che non corrispondono alle rappresentazioni comuni di sessualità e genere, festeggiano nella Christopher Street a New York la rivolta di Stonewall come momento di svolta nella loro lotta per il loro riconoscimento e per il riconoscimento dei loro diritti. Da alcuni anni anche un numero crescente di gruppi religiosi esprimono la loro solidarietà in queste manifestazioni.
Da un lato, è sempre più diffuso l’atteggiamento di accettazione degli omosessuali. In Germania ha portato nel 2017 al matrimonio per tutti. Il 95% dei tedeschi, secondo un’indagine della commissione antidiscriminazioni del paese, trova positivo che gli omosessuali siano difesi per legge dalle discriminazioni. Dall’altro lato, gli attacchi omofobi sono aumentati del 30%.
Le circostanze mutate fanno emergere coloro che vogliono bloccare questi sviluppi. Finché omosessuali e lesbiche non erano visibili pubblicamente, si potevano facilmente ignorare. Ora alcuni ritengono che diritti uguali per tutti siano eccessivi e si attivano in maniera particolarmente aggressiva per rimandare gay e lesbiche nell’invisibilità. Dei gruppi cristiani aderiscono a tristi alleanze con le destre, come nell’iniziativa “Demo für alle” contro l’ideologia LGBT.
È troppo comodo puntare il dito contro determinate comunità religiose, secondo il motto: omofobi sono solo gli altri. Non bisognerebbe ignorare il fatto che anche all’interno delle confessioni, i fedeli hanno visioni differenziate. Al Kirchentag a Dortmund la professoressa Birgit Klein, rabbina liberale, ha detto che, su questi temi, lei non ha nulla a che fare con gli ebrei ortodossi. “Pensate forse che un protestante sia responsabile di ciò che crede un suo collega cattolico?”.
È davvero così semplice? Non riguarda forse ogni credente il fatto che delle persone vengano emarginate in nome di Dio? Non si può negare che tutte e tre le religioni abramitiche abbiano contribuito ad accrescere e poi a fissare per motivi religiosi i sentimenti negativi verso gay e lesbiche. La scelta che alcuni pensano di dover fare: “o Dio o gay”, si è fissata nelle menti di molti credenti, perfino in quelli che sono omosessuali.
Nessun credente può eludere il problema, deve prendere una posizione su omosessualità e religione. Il disprezzo fondato su motivi religiosi nei confronti di minoranze sessuali ha spesso conseguenze mortali e dispregiative. Non è indifferente il modo in cui si parla di loro. Come li si tratta nelle parrocchie? Li si esclude, li si giudica, li si mette a tacere – oppure ci si rivolge loro in maniera esplicitamente accogliente?
“Se uno è gay e cerca il Signore e ha buona volontà – chi sono io per giudicare?”, aveva detto papa Francesco nel 2013 in un’intervista. Sembra una cosa semplice, invece purtroppo non lo è. La Chiesa cattolica sostiene, è vero, nel suo catechismo che le persone omosessuali non devono essere diffamate, perché “non hanno scelto questo orientamento”. Ma afferma anche che tale orientamento è “oggettivamente disordinato” e rappresenta una prova.
Francesco ha confermato nel 2016 un giudizio del 2005 della Congregazione romana per la dottrina della fede, che stabiliva “in tutta chiarezza” che la Chiesa non può ammettere preti che abbiano radicate tendenze omosessuali o che sostengano una cosiddetta cultura omosessuale. Ma se i preti vivono in celibato, non dovrebbe avere nessun peso con quale genere essi non fanno sesso! Ma la Chiesa cattolica intende l’essere omosessuali una macchia fondamentale.
“Preti omosessuali sono per la madre chiesa ‘figli cancellati‘”, commenta il gesuita di Francoforte Ansgar Wucherpfennig. Cancellati vengono quindi anche dei curatori d’anime autentici e sensibili, dei teologi creativi, dei predicatori che entusiasmano. Chi critica questo atteggiamento della Chiesa, come fa Wucherpfennig, non può che aspettarsi di essere sanzionato. La Chiesa non ha altro a cui pensare?
Il professore di teologia fondamentale di Münster, Michael Seewald, si è espresso recentemente su questo alla radio tedesca: “Penso che i ruoli sessuali e la morale sessuale negli ultimi decenni siano diventati un marcatore identitario del cattolico per molti ambienti. A questo ambito è legato un certo ordine sociale che vuole mantenere il magistero e perciò reagisce alle posizioni divergenti in maniera estremamente sensibile”.
Una cosa simile vale anche per le religioni sorelle. Anche nell’ebraismo e nell’islam, per la politica del “don’t ask-don’t tell” (“non chiedere-non dire”) gay e lesbiche continuano ad essere invisibili al massimo grado. Però dove un numero sempre maggiore di persone queer non vuole più nascondersi, cresce la pressione esterna a giustificare l’atteggiamento di rifiuto nei loro confronti. E per far questo, sia nell’ebraismo, che nel cristianesimo e nell’islam si trovano sempre gli stessi argomenti: la Scrittura e la “natura” considerate un ordine delle cose che si si è convinti sia stato dato da Dio.
Alla comica ebrea lesbica Lynn Lavner viene attribuita una citazione che colpisce l’omofobia biblicamente fondata: “La Bibbia contiene sei moniti agli omosessuali e 362 moniti agli eterosessuali. Questo non significa che Dio non ami gli eterosessuali. Solo devono essere sorvegliati con più attenzione”. Lavner fa la caricatura dell’abuso della Scrittura per opinioni che erano già precedentemente esistenti: chi cerca, trova.
Esegeti cristiani, ebrei e musulmani si sono cento volte opposti a che singoli versetti vengano tolti dal loro contesto. Si tratta in tutte e tre le religioni degli stessi versetti. Versetti da cui si dedusse che soprattutto i rapporti anali tra maschi sono “contro natura”. Una formulazione che è stata accolta dal paragrafo 175 del codice penale tedesco e che si trova anche in giudizi della sharìa. Però indipendentemente dal fatto che si tratti del Levitico, di Paolo o degli Hadith del profeta Maometto: interpretare una Sacra Scrittura o indicazioni religiose in modo da giustificare odio e violenza, è eretico. Un Dio che richiedesse questo, non è Dio.
Già da tempo non si argomenta più nella teologia con la “dottrina della legge naturale”. Però viene ancora utilizzato arbitrariamente un ordine, che si dice voluto da Dio, per giustificare delle gerarchie, come nel passato si giustificò la schiavitù. Che venga utilizzata sempre la stessa argomentazione per indicare agli uomini, ma soprattutto alle donne, il loro “giusto” posto, è significativo. È evidente che anche la svalutazione dei rapporti omosessuali ha la sua radice in questo ordine di tipo patriarcale.
Ma proprio la Chiesa cattolica così maschile sembra voler mantenere questo ordine. Il professore di teologia fondamentale Stephan Goertz ha indicato dettagliatamente con molta chiarezza questo atteggiamento sulla difensiva nella sua raccolta “Wer bin ich, ihn zu verurteilen? – Homosexualität und katholische Kirche” (“Chi sono io per giudicare? Omosessualità e Chiesa cattolica”). Prima del XIX secolo i comportamenti omosessuali venivano considerati decisioni peccaminose contro la volontà di Dio. Nel XIX e nel XX secolo gli scienziati hanno dichiarato che l’omosessualità era un concetto identitario innato.
Nella Chiesa si fece strada con alcuni decenni di ritardo il nuovo consenso: se l’omosessualità è innata, non è scelta e non può quindi essere peccato. Però, nonostante questo, non fu accettata: l’omosessualità continuò ad essere considerata conseguenza della caduta nel peccato. Da peccatori che agivano liberamente, diventarono deplorevoli esseri marchiati da un difetto di origine.
Fino al 1992 l’omosessualità era ancora presente nell’elenco dell’OMS come malattia. La Chiesa non discrimina più di quanto non faccia il resto della società. Essa però, anche in temi che esulano dalle sue competenze principali (astronomia, evoluzione, sociologia), rifiuta così a lungo di accogliere nuove scoperte, che le sue posizioni diventano penose da difendere per i suoi fedeli.
Lo stato della ricerca sessuale oggi è cambiato: la sessualità è più fluida di quanto si pensasse in larga misura nell’ultimo secolo. L’argomento “born this way” (“nato così”) che assolveva gay e lesbiche dalla colpa morale perché erano nati così, misconosce il fatto che la sessualità è certo definita anche geneticamente, ma appunto non solo. Studi a lungo termine (come quelli della Harvard School of Public Health) mostrano che gli orientamenti sessuali possono cambiare nel corso degli anni. La domanda del perché qualcuno si innamori di una persona dello stesso sesso, è una domanda che ha senso solo se si considera questo stato abnorme o bisognoso di correzione. Altrimenti ci si potrebbe semplicemente rallegrare di quanto sia meraviglioso l’essere innamorati.
Erotismo omosessuale nell’islam? Naturalmente!
Il modo in cui una società o una comunità religiosa pensa di gay e lesbiche ha delle conseguenze sulla legislazione. Lo stato ebraico di Israele ha le leggi più favorevoli all’omosessualità di tutto il Medio Oriente. Coppie omosessuali riconosciute dallo Stato possono adottare bambini. Ebrei progressisti o conservatori ammettono alle cerimonie religiose le coppie omosessuali. Solo la minoranze degli ebrei ortodossi rifiuta coppie omosessuali. Lo hanno sperimentato anche il rabbino ortodosso dichiaratamente gay Steven Greenberg e il suo compagno quando la loro figlia Amalia fu rifiutata da un asilo nido ortodosso.
In molti paesi islamici la situazione è molto più drammatica. In alcuni l’omosessualità è punita con la pena capitale. L’odio contro gli omosessuali che oggi si manifesta in molti contesti musulmani, viene considerato da parte di ricercatrici di temi religiosi come uno sviluppo recente. Ritengono che la causa sia soprattutto da ricercarsi nella storia coloniale. Precedentemente, comportamenti omoerotici non erano insoliti – una circostanza che irritava molto i padroni coloni.
La suddivisione europea della sessualità in normale e anormale, che si diffuse nel XIX secolo, le società musulmane di oggi la considerano parte della propria cultura. La legge islamica classica si occupava soprattutto di rapporti anali tra maschi che a causa delle rappresentazioni patriarcali di dignità e onore maschile venivano considerate particolarmente oscene. Nella prassi, però, le sentenze non venivano quasi mai eseguite, e la sessualità lesbica rimase (in tutte e tre le religioni) al massimo una nota marginale.
Una letteratura romantica omoerotica maschile, anche con particolari sessuali, era culturalmente accettata nel mondo islamico. C’era anche la diffusa convinzione che la natura maschile rispecchiasse la perfezione divina. Nel periodo fiorente dell’islam studiosi islamici spiegavano la tendenza verso il proprio sesso come naturale desiderio che si trova all’interno di ogni persona. Anche oggi ci sono studiosi nei paesi islamici che seguono questa visione. Per lo più si limitano esclusivamente alla condanna dei rapporti anali, come fanno anche degli ebrei ortodossi.
Inoltre ci sono, particolarmente in Sudafrica, negli USA, in Canada e in Gran Bretagna, già da diversi anni, dei musulmani che anche sulla base della teologia femminista mettono in discussione le letture escludenti e accettano totalmente i credenti omosessuali. A partire dagli anni 90 ci sono anche degli imam dichiaratamente gay. L’atteggiamento verso l’omosessualità non costituisce una caratteristica identitaria di una religione. Se si interrogasse un cristiano, un ebreo o un musulmano su come stanno le cose nella loro religione, la risposta non sarebbe sicuramente: “Il nostro Dio è contro i gay”. Si tratta di ripensare a ciò che è essenziale nella vita con Dio e con il prossimo.
Nel 2011Jay Michaelson, un ebreo ortodosso gay pubblicò con “God vs. Gay?” un empatico “Plaidoyer religioso per la equiparazione dei diritti”. In esso l’autore non mette al centro le poche citazioni che vengono strumentalizzate contro gli omosessuali, ma ciò che lui ritiene fondamentale a partire dalla Sacra Scrittura: un Dio che ama non può mai volere che qualcuno debba nascondersi. Sincerità e integrità sono sacre, quindi il “coming-out” è un atto religioso.
La varietà sessuale è parte naturale della creazione di Dio. Trattare ingiustamente le minoranze sessuali è un affronto ai valori religiosi. “Trovo un po’ offensivo quando qualcuno mi dice che non è poi così importante che io, per caso, sia gay”, scrive Michaelson. “È importante. Influisce sul mio modo di vivere, di amare, di pormi nei confronti di religione, stile, politica e cultura”. È una parte di ciò che io sono e vorrei essere presente nella mia comunità religiosa con tutto il mio essere – e non sentirmi dire che una parte di me non è importante. È importante e arricchisce tutta la mia comunità”.
Però molte comunità religiose chiudono le porte alle preziose esperienze delle persone queer. Che cosa dovrebbero fare? Il primo passo sarebbe scusarsi sinceramente con gay, lesbiche e tutte le persone queer. Il secondo, rivolgersi esplicitamente a loro e accettarle così come sono. E non pretendere di adeguarsi al punto da rimanere invisibili. Prospettive gay e lesbiche possono essere arricchenti, proprio per il fatto di essere queer, cioè diverse. Le religioni rispondono al modo di esistere umano.
Nelle loro narrazioni fondative c’è la visione di un’altra realtà, di un mondo più giusto. Mosè, Abramo, Gesù, Paolo, Maometto, radicati nella loro fede, sono “queer” nel senso che erano aperti all’arrivo della novità, alla rivelazione di Dio. Si aprono (outen sich) e seguono la loro chiamata. Gesù forse non era gay, però neppure corrispondeva all’ideale della mascolinità del suo tempo: rimase evidentemente non sposato, parlava con donne e attribuiva loro competenza teologica.
Invece di avere una moglie e dei figli, riunì attorno a sé altri “dissidenti” – e che Community! “Stili di vita” insoliti si trovano in conventi, comunità religiose e preti che vivono da celibi. Si orientano in base di visioni di comunità, sessualità e amore che sono differenti dalle norme della società. Essere religiosi ed essere queer – è qualcosa che porta in sé un potenziale rivoluzionario.
Si diventa più liberi, più sani, più teneri, più attenti, più pazienti e più amorevoli, quando i propri sentimenti e i propri desideri si integrano con la fede in Dio in maniera responsabile. O, secondo il motto della Chiesa evangelica al Christopher Street Day di Berlino: “L’amore fa bene all’anima”.
Testo originale: Homosexualität und Religion
