Omosessualità e vocazione cristiana. La mia chiamata
Testimonianza tratta dal blog di Père Jonathan (Francia), 11 novembre 2010, liberamente tradotto da Dino
Omosessualità e vocazione…o piuttosto: la mia vocazione e la scoperta della mia omosessualità, parlo in base alla mia esperienza! Quando ho riconosciuto la mia omosessualità, è stata veramente un’esperienza di pace e di liberazione: la paura e il giudizio erano spariti senza lasciare traccia.
Ma in questo retroscena c’era una domanda che mi punzecchiava: e se inconsapevolmente io fossi entrato in seminario soltanto per trovare un modo “onorevole” di essere gay?
Infatti in questo modo venivo ed essere dispensato dal matrimonio, avrei vissuto in una comunità di maschi, avrei frequentato delle donne nelle parrocchie rifiutando a priori qualsiasi relazione d’amore con loro, e tutto ciò in nome di Dio e di un ruolo considerato di grande valore nella Chiesa!
E questo dubbio veniva rafforzato da alcuni esempi concreti. Mi ricordo molti nomi di amici per i quali la scoperta dell’ omosessualità aveva rappresentato la fine della loro vocazione, con l’allontanamento dal seminario, avvenuto a volte serenamente, a volte invece in modo violento.
Serenamente quando il fatto costituiva l’ingresso nella libertà, la fine di un inganno che ci si era inventati da sé medesimi, ed era supportato dalla gioia di scoprirsi capaci d’amare. Oppure in modo violento, quando il colpo era stato forte, quando all’interno o fuori dal seminario era nato un rapporto affettivo, quando era iniziata la doppia vita… Ma non si parla di quelli che rimangono in seminario ed hanno incassato bene tutto questo, non si conoscono i loro nomi!
Ho ripensato alla mia storia. Sì, per molto tempo mi sono sentito diverso, poco interessato alle cose che costituivano la vita per i miei compagni delle scuole medie o del liceo. Avevo un’alta opinione di me stesso: loro si impegnavano in flirt di basso profilo, io ero ben superiore a ciò, attaccato a Dio e alla “purezza”.
E il fatto di sentirmi diverso, e di sentire che la vita per me era un mistero, e di sentire che non mi potevo saziare con le risposte del mondo, tutto questo mi ha spinto alla ricerca di Dio. Se non ci fosse stato questo punto di partenza, mi sarei ugualmente gettato con tanta forza e tanta determinazione nella ricerca di Dio? Non lo so. Ma quello che so, è che in questa ricerca ho davvero trovato Dio. Ho sperimentato la potenza dei sacramenti e dell’adorazione; ho preso gusto a leggere la sua Parola che medito con fede.
A poco a poco ho assunto delle responsabilità come laico nella Chiesa ed ho trovato che la mia vita si completava in questo, nel rendere Cristo presente agli altri. E in mezzo a questa vita c’è stato un momento, una sera, in cui il richiamo è stato evidente, e mi ha rimescolato da cima a fondo. Quella sera ho pianto tutte le lacrime che avevo, sconvolto dall’essere chiamato da qualcuno che mi conosceva, da questo Gesù fatto uomo che voleva vivere nel nostro mondo in mezzo all’umanità.
In seguito non sono mancati i giorni del dubbio, ma niente ha mai potuto sconfiggere questo ricordo. Ed ho capito che è per questo che oggi sono prete, e non per ciò che mi aveva spinto a fare i primi passi. Nel Vangelo rileggo: “Ogni uomo che ascolta le parole che ho detto e le mette in pratica può essere paragonato ad un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.
E’ caduta la pioggia, sono venute le inondazioni, sono soffiati i venti; tutto questo si è riversato su quella casa, ma essa non è crollata, perché le sue fondamenta erano sulla roccia”. (Mt 7, 24-25)
Testo originale: Homosexualité et vocation