Omosessualità, una pretesa “coloniale” della Chiesa occidentale?
Articolo di Isabelle de Gaulmyn pubblicato sul sito cattolico “La Croix” (Francia) il 3 febbraio 2024, liberamente tradotto da finesettimana.org
I preti africani non benediranno le coppie dello stesso sesso, ha scritto il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa (RD-Congo), a nome del suo continente. Questa risposta africana al documento del Vaticano (Fiducia supplicans) che autorizza, al di fuori del quadro liturgico, le benedizioni di coppie omosessuali può suscitare in noi occidentali l’incomprensione o addirittura la riprovazione per un atteggiamento che noi riteniamo chiuso, in base ai nostri valori.
Bisogna leggere attentamente il testo.
Quelle benedizioni “non potranno farsi in Africa senza esporsi a scandali”, scrive il cardinale, che ritiene che si debba adattare la teologia alle specificità culturali. “Noi non consideriamo appropriato per l’Africa benedire le unioni omosessuali perché, nel nostro contesto, sarebbe in contraddizione diretta con l’ethos culturale delle comunità africane”.
Questo “no” va al di là delle coppie omosessuali. Esprime un sentimento che sta crescendo nelle Chiese africane contro quello che certi vescovi e teologi africani non esitano più a chiamare con il termine di “neocolonialismo”. Ad esempio, durante la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità, nell’autunno scorso, i partecipanti venuti dall’Africa subsahariana avevano assimilato questo problema ad una “preoccupazione ideologica occidentale”. E’ per loro una nuova forma di “colonizzazione”, una “pretesa coloniale”.
La rimessa in discussione del passato coloniale è oggi ovunque, e non c’è ragione che la religione vi sfugga. Che lo si voglia a no, la colonizzazione, per quei popoli, resta l’espressione di una sconfitta culturale e politica, ma anche religiosa. L’inculturazione, incoraggiata dal Concilio Vaticano II, è rimasta ad un livello quasi folcloristico. Non si è andati veramente a fondo di ciò che significava “l’ethos culturale delle società africane”, come dice il cardinale Fridolin Ambongo.
“La Chiesa è arrivata con una cultura in un’altra cultura”, constatava il documento africano di preparazione al Sinodo. Ribadiva che bisognava ascoltare “le pratiche culturali che sono state o ignorate o condannate, o soppresse dalla cultura occidentale attraverso la quale il Vangelo è stato predicato agli africani”. Sapendo che oggi un cattolico su cinque vive in Africa, la rivendicazione di “decolonizzazione” non dovrebbe restare senza risposta.
Certo, il no dei vescovi africani viene sfruttato dai vari nemici prelati di papa Francesco, anche in Africa. Ma più profondamente, ci obbliga a rivisitare la nozione di universalismo, che è un modo diverso di tradurre l’aggettivo cattolico. Che cosa è universale nei nostri valori cattolici, e che cosa non lo è? Aimé Césaire, grande pensatore della negritudine, che diceva di avere come religione la fraternità, si esprimeva così: “Ci sono due modi di perdersi: con la segregazione rinchiusa nel particolare, o con la diluizione nell’universale”.
L’omosessualità è universale, non culturale. Ma il riconoscimento della coppia omosessuale nelle società, no. Però, se la dignità della persona umana, di ogni persona, è uno dei fondamentali del cattolicesimo, i vescovi africani dovrebbero lottare contro la criminalizzazione dell’omosessualità e per i diritti degli omosessuali nel continente. E invece non lo fanno.
Si può anche notare che il testo del Vaticano, che cerca, al di là delle coppie dello stesso sesso, di tenere in considerazione tutta la diversità delle situazione di coppie dette “irregolari” (risposati, concubini…), propone un atteggiamento di accoglienza che vale anche per l’Africa. Infine, occorrerebbe urgentemente un lavoro più importante in Occidente attorno al “neocolonialismo” della Chiesa. E’ urgente riflettere insieme a dei teologi africani che hanno già lavorato sull’argomento. Solo insieme si riuscirà, nella Chiesa come altrove, a universalizzare l’universalismo.
Testo originale: Homosexual couples and neocolonialism in the Western Church