Omotransfobia: proviamo a capire di che parliamo
Editoriale di Chiara Lalli* pubblicato su SETTE, settimanale del Corriere della sera, il 21 agosto 2020, pag.3
Tanta furia, zero informazione (e chi teme per la sua libertà di espressione stia tranquillo: potrà ancora dire che le nozze fra uomini sono scandalose)
«Volete eliminare l’uomo e la donna! Mandarci in galera per le nostre idee e instaurare un regime peggiore di Pot Pot». Sono solo alcuni dei commenti di chi condanna il disegno di legge Zan come la norma più tirannica di sempre. Farebbero ridere se non fossero la copia di mille riassunti e se non avessi il sospetto che chi si agita non l’abbia letto o faccia finta di non capire.
Il testo unificato intende modificare alcuni articoli del codice penale, di quello di procedura e alcuni decreti legislativi: dei delitti contro l’uguaglianza (604 bis e ter), dei decreti contro la discriminazione sul lavoro e della cosiddetta Mancino-Reale. Ai crimini d’odio già esistenti si aggiungono i motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Ma solo per l’istigazione a delinquere, per la discriminazione e per la violenza. Non per la propaganda. Insomma, non c’è bisogno di farsi venire un colpo.
Chi è preoccupato per la propria libertà d’espressione, deve stare attento a non esprimere odio razziale o neonazista ma può continuare a dire che il matrimonio tra due uomini è scandaloso e avere due madri è moralmente ripugnante e contro natura (qualunque cosa significhi).
Se poi vogliamo davvero discutere della pericolosità dei crimini di opinione — che alcuni chiamerebbero crimini senza vittima — per la nostra libertà d’espressione dovremmo prendercela con le leggi e i decreti già esistenti. Ma se si commenta il testo in discussione senza leggerlo, immagino succeda anche con l’ordinamento giuridico.
A proposito di discriminazione, invece, dovremmo al più presto eliminare ogni disparità di trattamento normativo basata su caratteristiche irrilevanti. Cioè quella matrimoniale e in generale di parte del diritto di famiglia: adozioni, accesso alle tecniche riproduttive e stepchild adoption – di cui ricorderemo tutti lo splendido momento in aula.
I reati d’opinione sono controversi e forse non dovrebbero essere oggetto di legge, ma l’accesso al matrimonio (o alla possibilità di adottare) invece è una questione facile: se voglio sposare Mario posso farlo, se voglio sposare Maria invece no – posso solo scegliere le unioni civili, che è meglio di niente ma non è la stessa cosa.
Se voglio adottare, posso provare a farlo solo con Mario. E siccome non c’è alcuna ragione sensata per impedirmelo, mi auguro che non ci vogliano altri duecento amai per eliminare queste differenze inammissibili e ingiustificabili.
Infine, forse farebbe comodo un glossario per evitare confusione sul significato di genere e di identità di genere (ma sempre più pure di sesso) anche se non c’è alcun rimedio per chi fa finta di non capire.
* Chiara Lalli è un’accademica, saggista e filosofa italiana che insegna Bioetica e Storia della medicina all’Università La Sapienza di Roma dov’è anche stata docente di Logica e di Filosofia della scienza. È autrice di diversi saggi di bioetica dedicati ai temi della riproduzione medicalmente assistita, dell’aborto e dell’eutanasia. Scrive per Internazionale, Wired, Il Corriere della Sera.