Opinioni o falsità? Chi critica la legge sull’omofobia cosa dice!
Riflessioni di Massimo Battaglio
Una nota gastroenterologa, già condannata per diffamazione nei confronti di persone lgbt, esprime le sue “opinioni” sulla legge contro l’omofobia. Dice così:
“Dopo aver scontato la condanna alla prigione, ai condannati per discriminazione per orientamento sessuale, sarà tolta la patente. Sarà revocato il passaporto e ogni altro documento valido per l’espatrio. Sarà tolta la licenza di caccia e dopo la galera dovranno osservare il coprifuoco rientrando a casa al tramonto”.
Naturalmente non è vero. Le pene previste vanno fino a quattro anni e sono estinguibili mediante misure alternative al carcere (arresti domiciliari, affidamento ai servizi sociali). Ricordiamo infatti che l’omofobia viene inserita tra i reati d’odio previsti dalla legge Mancino. E tra essi, gli unici che comportano reclusioni maggiori sono quelli di apologia dei crimini contro l’umanità e in partiolare della Shoa:
“Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” (Art. 604bis).
Quanto alle misure indicate dalla dottoressa, si tratta delle cosiddette “pene accessorie”. Sono erogabili in tutto o in parte in caso di particolare gravità. Hanno durata limitata nel tempo. In particolare, l’obbligo di rientro nella propria abitazione e la sospensione della patente non possono durare più di un anno.
Dunque, siamo di fronte a una notizia falsa e tendenziosa; tutt’altro che opinioni.
Così come è falso che la legge Zan preveda lo “sdoganamento della pedofilia“. E’ un’autentica ignobile insinuazione. Eppure circola anche questo, in questi giorni, a cura di vari giornalisti. Di nuovo: non un’opinione ma una pericolosa bufala.
Non è invece una bufala il documento dell’arcivescovo di Minneapolis diretto alle scuole cattoliche, che vieta l’iscrizione a persone trans.
“Qualsiasi studente il cui genere è stato legalmente cambiato (…) potrebbe non essere idoneo per l’iscrizione”
Certo, la Chiesa non è nuova a queste discriminazioni, anche in Italia. E certo, con la nuova legge, queste cose potrebbero creare problemi. Ma le discriminazioni non erano già esecrate dal Catechismo?
“[Gli individui con tendenze omosessuali] devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (CCC 2358).
Sottolineo: “accolti”, non respinti. “Si eviterà ogni ingiusta discriminazione”. Possiamo certo arrampicarsi sui vetri sostenendo che esistano discriminazioni giuste. Ma la sostanza non cambia: discriminare sulla base dell’identità sessuale non va bene. In termini teologici, è peccato. Gli integralisti difendono il peccato?
Me li vedo: “Oh poveri noi! Non potremo più dire falsa testimonianza! (Es 20,16) Non potremo più uccidere il fratello dandogli dello stupido o del pazzo! (Mt 5,21) Ci toccherà astenerci dal giudicare! (Rm 2,1)”.
Scusate ma fino a ieri potevate?
Battute a parte (ma non tanto), non siamo quindi noi a definire che le opinioni simili a quelle dell’arcivescovo sono del tutto fuori luogo. Lo dice un testo magisteriale autorevole e molto caro a chi ci critica.
E se sono questi i “bavagli” che spaventano i cattolici “tradizionali”, bene: si spaventino pure. Tengano però conto che la legge Zan è vicina alla Dottrina più che le loro opinioni.
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