“Osanna al Figlio di Davide!” (Matteo 21:1-9)
Riflessioni bibliche* di Giacomo Tessaro**
Certamente noi tutti abbiamo visto in TV o dal vivo le manifestazioni più o meno spontanee che accompagnano le apparizioni pubbliche dei cosiddetti “divi”, di quelle persone che hanno acquisito popolarità e un certo seguito di “fan”: mi riferisco soprattutto ai divi dello spettacolo, oltremodo ammirati e idolatrati da un pubblico composto soprattutto da giovanissimi, che nel giro di qualche anno possono dimenticarsi del loro vecchio idolo: molti di questi divi dello spettacolo, infatti, dopo un inizio di carriera folgorante spariscono dalle scene, dimenticati dai più.Nel passo evangelico che il lezionario ci propone vediamo Gesù che entra trionfalmente a Gerusalemme. Sì, perché Gesù si era acquistato una vasta fama, non solo in Palestina e tra i Giudei, ma anche tra i pagani. In un breve lasso di tempo aveva percorso tutto il Paese, aveva insegnato e guarito, ammonito e dialogato con rappresentanti di tutte le categorie sociali. Il Maestro era particolarmente amato dalle classi più povere e dagli emarginati. Sotto questo successo, tuttavia, covava un fraintendimento: a quell’epoca, molti Giudei attendevano un Messia che operasse un rivolgimento politico e guidasse una rivoluzione mirante a cacciare i Romani dalla Palestina e a restaurare la signoria di Dio sul popolo d’Israele.
Come sappiamo, ben altro era l’obiettivo di Gesù: il Regno si realizza nel cuore degli uomini e delle donne e poco ha a che vedere con il tipo di governo sotto cui si vive. Il Regno è una realtà umile, che riguarda la vita di tutti i giorni, e il Maestro che lo annuncia non desidera affatto mettersi a capo di una rivolta armata che gli apra l’accesso al potere, bensì essere il primo a servire. Questo però il popolo di Israele, e perfino gli stessi discepoli, faticano a capirlo: soprattutto, fraintendono Gesù, più o meno volutamente, i sadducei e i farisei, che infatti nel passo parallelo di Luca si scandalizzano dell’accoglienza riservatagli.
Gesù infatti, in questo ultimo viaggio a Gerusalemme, cuore religioso e politico del mondo giudaico, viene accolto come un vero re. È una regalità piuttosto ambigua, visto la diversa concezione che del Regno ha il Maestro da una parte e gran parte del popolo dall’altra. Gesù non si reca nella capitale per esercitare un potere oppressivo e arbitrario alla stregua di Erode e Pilato, che infatti non sono in grado di comprenderlo quando se lo trovano dinanzi: gli uomini come loro vogliono certamente essere i primi, ma si guardano bene dal servire il popolo a loro affidato: la loro unica preoccupazione è servire i loro superiori, su fino all’imperatore di Roma, per conservare ben saldo il loro potere. Gesù parla al cuore e all’anima delle persone, che si sforza di aprire e mettere in moto, anche quando incontra i farisei più ostili alla sua persona, anche quando incontra quei pagani con i quali i Giudei non amavano avere rapporti; gli uomini di potere si preoccupano solamente che nessuno venga a oscurarli o a metterli nei guai.
A prima vista, l’entrata di Gesù a Gerusalemme sembra davvero l’accoglienza fatta a un condottiero vittorioso, oppure un re che sta per prendere possesso della capitale del suo regno. I particolari dell’ingresso, però, ci raccontano qualcosa di diverso: il passo di Zaccaria citato da Matteo, che sicuramente molti tra gli spettatori avevano in mente in quel momento, parla sì di un re, ma di un re “mansueto e montato sopra un’asina”, non certo di un sovrano tronfio in groppa a uno splendido destriero o un carro da guerra. Bene fa la folla ad acclamare “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, purché questo sia compreso nel suo senso corretto: Gesù viene nel nome del Dio d’Israele per compiere la sua missione di Figlio, non per instaurare un regno teocratico, come molti avrebbero voluto. Gesù non entra in Gerusalemme al seguito di vittorie militari, ma dei suoi insegnamenti e dei miracoli a beneficio degli ultimi, di chiunque mostrasse di avere fede nella potenza di Dio: nel cuore e nell’anima degli uomini e delle donne deve albergare solamente l’amore per Dio e l’amore per il prossimo (che sottintende l’amore per se stessi: anche questo è importante per una vita vissuta al cospetto di Dio): questo amore si concretizza nel servizio, il solo modo di essere primi nel Regno di Dio, come esemplificato da Gesù stesso: gli ultimi saranno i primi, gli ultimi emarginati guariti da Gesù per le strade dei villaggi, non certo gli Erode o i Pilato nei loro palazzi attorniati dai cortigiani e dai soldati.
Gesù sovverte la loro logica, la logica del mondo senza Dio, entrando a Gerusalemme su un asino, l’umile strumento di lavoro dei contadini, e subito dopo il suo ingresso purifica il Tempio perché sia la degna dimora del Dio d’Israele, cacciando i mercanti e i cambiavalute che si arricchiscono sulla devozione popolare. Il Tempio deve essere una casa di preghiera, non un luogo di compravendita; Gesù, rifacendosi a Isaia, anticipa la conversione dei pagani e l’abolizione dei sacrifici: tutto il mondo sarà raggiunto dall’Evangelo di questo Re umile, figlio di Davide, e adorerà il Dio dei profeti di Israele in spirito e verità.
Il trionfo di Gesù è momentaneo, almeno per i parametri di questo mondo: gli stessi discepoli che preparano l’entrata vittoriosa del loro Maestro non immaginano nemmeno lontanamente il suo destino. Gesù deve sentirsi più solo che mai mentre si avvia verso la Croce, tanto più solo quanto più è attorniato da un popolo in festa che lo vorrebbe come guida non solo spirituale: nel mezzo degli inni e tra le grida dei fanciulli, Gesù bada a svolgere la sua missione, ormai quasi giunta all’atto finale. Presto, dopo un momento di smarrimento e di fuga, i discepoli prima e poi molti altri si renderanno conto di chi fosse Gesù e cosa sia il Regno da lui annunciato. Ancora dopo gli atti e i discorsi di Gesù precedenti il suo arresto, i discepoli non capiranno: ci vorrà il suo ritorno perché la Chiesa cominci a formarsi, e allora l’equivoco sarà chiarito, almeno per loro, perché questo equivoco di un regno terreno di Gesù si presenterà ripetutamente nel corso della storia. A differenza della Legge mosaica e dell’Islam, la dottrina di Gesù non offre delle regole miranti a organizzare la società: chi ama Dio e il prossimo ha realizzato tutta la Legge, il cambiamento va realizzato nel cuore, il comportamento esteriore ne consegue. Il primato, per i seguaci di Gesù, va agli ultimi, ai miti, ai peccatori che, lungi dal venire puniti crudelmente come ancora oggi succede in molte parti del mondo, possono entrare nel Regno precedendo le persone più pie, che si considerano perfettamente in regola di fronte a Dio e alla società. Gesù ha sempre ostentato indifferenza verso i potenti, verso i regni di questo mondo: è implicito che ogni organizzazione sociale che non si ispiri a questo primato di coloro che normalmente vengono emarginati non può definirsi rivoluzione né cambiamento. L’unica rivoluzione possibile è quella ispirata ai due massimi comandamenti: il resto, per quanto possa nascere da una genuina sete di cambiamento, sarà fallimentare perché riproporrà con un altro nome le logiche mondane imperanti nella Palestina di Gesù.
Il Maestro chiede a ciascuno e ciascuna di noi di accoglierlo nella nostra vita, non come tiranno ma come amico e guida, che si rivela nei Vangeli. Liberati da questo fraintendimento, possiamo modellare la nostra vita sui due grandi comandamenti, senza trascurare i fermenti del mondo che ci circonda ma valutandoli sempre alla luce di quelli. Il cristiano e la cristiana di una cosa si devono preoccupare, dell’invito di Gesù: “Lascia tutto, vieni e seguimi”.
Amen
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Dal Vangelo di Matteo 21:1-9
Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nella borgata che è di fronte a voi; troverete un’asina legata, e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. Se qualcuno vi dice qualcosa, direte che il Signore ne ha bisogno, e subito li manderà».
Questo avvenne affinché si adempisse la parola del profeta:
«Dite alla figlia di Sion:
“Ecco il tuo re viene a te,
mansueto e montato sopra un’asina,
e un asinello, puledro d’asina”».
I discepoli andarono e fecero come Gesù aveva loro ordinato; condussero l’asina e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere. La maggior parte della folla stese i mantelli sulla via; altri tagliavano dei rami dagli alberi e li stendevano sulla via. Le folle che precedevano e quelle che seguivano, gridavano: «Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!»
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* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia Nuova Riveduta
** Giacomo Tessaro, nato nel 1980, ha cominciato a frequentare la Chiesa Valdese e Metodista nel 2008, dopo molti anni di adesione all’ateismo materialista e dopo una conversione alla fede in Dio maturata nelle sue letture di carattere religioso e filosofico. Sin dagli inizi della sua frequentazione protestante è stato incaricato della predicazione nella sua piccola comunità metodista di Vintebbio, in provincia di Vercelli, per la quale svolge anche compiti di cura pastorale. Ha la passione della scrittura e della traduzione e svolge l’attività di traduttore per il mensile Évangile et Liberté dal 2010, oltre che per il Progetto Gionata – Fede e omosessualità.