Osanna. Gesti e parole della Liturgia
Riflessioni di Annamaria Fabri pubblicato sul giornale parrocchiale Castello7, anno XVII, del 7 gennaio 2018
Il grido “osanna”= “salvaci” indirizzato a Jahvé (Sal. 128, 25) è invocazione a Dio perché conceda aiuto e successo nelle imprese del suo popolo. Una preghiera che troviamo ripetuta più volte e in vari contesti nell’Antico Testamento, specialmente nei salmi. Il grido “osanna” entrò in un secondo tempo nell’uso liturgico del tempio di Gerusalemme come invocazione ripetuta più volte nella festa di sukkot, o festa delle capanne, per invocare da Dio il dono della pioggia.
Il grido “osanna” era poi accompagnato, dato il contesto della festa, dall’agitare festoso dei rami. Fu così che “osanna” diventò anche un grido di gioia e di lode a Dio. Una invocazione che chiedeva l’intervento di Jahvé per un cambiamento radicale della situazione e la richiesta di un “messia“, un unto del Signore, che, come David, guidasse il suo popolo verso una speranza lunga nel corso del tempo.
Dalla radice del verbo da cui deriva osanna derivano anche una serie di parole di richiesta di aiuto a Dio e che sono state usate con varie sfumature nel corso dei secoli.
Dalla stessa radice di osanna derivò, in un contesto aramaico (la lingua che si parlava allora in Palestina), anche il nome “Gesù” che significa “Dio salva“.
Nel nuovo testamento troviamo la parola “osanna” solo nei racconti dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme nella versione di Marco, di Matteo e Giovanni. Gesù viene acclamato come messia e figlio di David al grido di «Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, benedetto il regno che viene del nostro padre David! Osanna nel più alto dei cieli» (Mc. 11,9-10).
In modo simile anche Matteo menziona il regno di David: «Osanna al figlio di David» (Mat. 21,9). A questi si unisce il vangelo di Giovanni: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!» (Giov. 12,13).
Secondo la Didaché, o dottrina dei dodici apostoli, uno scritto della fine del primo secolo, all’inizio della celebrazione della Cena del Signore, si pronunciavano queste parole: «Venga la grazia e passi questo mondo. Osanna al Dio di David. Chi è santo venga avanti; chi non lo è si penta; Marán athá (=vieni Signore)».
“Osanna” diventò nelle prime comunità cristiane una parola “fortunata” perché si prestò ad esprimere il contenuto della fede dei discepoli del Signore nella sua prossima venuta ed entrò nell’uso liturgico. Il grido “osanna” è rimasto ancora oggi nella liturgia della messa nell’inno del “Santo”.