Padre James Martin: “Il ponte da costruire tra le Chiese e le persone Lgbt per un nuovo atteggiamento pastorale”
.
Intervento tenuto in videoconferenza dal gesuita gesuita americano James Martin* alla plenaria del Forum dei cristiani LGBT (6-7 ottobre 2018, Albano Laziale), traduzione di Giacomo Tessaro
Mentre stavo conducendo delle ricerche per un libro su Gesù, mi imbattei in un’affascinante spunto del biblista Ben Meyer, che metteva uno di fronte all’altro due approcci, quello di Giovanni Battista e quello di Gesù. In generale, per Giovanni Battista come prima cosa veniva la conversione, e solo dopo la comunità: Giovanni richiedeva la conversione, in greco “metanoia”, parola spesso tradotta con “pentimento”, ma che più precisamente designa un completo cambiamento di mente e cuore. Dopo la conversione, avveniva l’inclusione nella comunità: per Giovanni, dopo essere passati per la “metanoia”, simboleggiata dal battesimo, si entrava a far parte della comunità. Prima la conversione, poi la comunità.
L’atteggiamento di Gesù era l’opposto: prima la comunità, poi la conversione. La prima cosa che Gesù faceva era solitamente accogliere le persone, specialmente chi si sentiva in qualche modo ai margini; solo dopo avveniva la conversione.
Possiamo vederlo in molti passi dei Vangeli e questo spunto ci può aiutare a svolgere meglio il nostro ministero tra le persone LGBT. Prima la comunità, poi la conversione, e la conversione di cui parlo non si riferisce di certo a quelle terapie di conversione che cercano di trasformare le persone omosessuali in eterosessuali; no, è quella conversione a cui tutti e tutte siamo chiamati, il completo cambiamento di mente e cuore implicito nella parola “metanoia”.
Vorrei quindi proporvi le storie di tre personaggi che si sentivano ai margini, e vorrei che pensassimo al modo in cui le azioni di Gesù nei confronti di questi personaggi possono aiutarci nel nostro ministero tra le persone LGBT. Ci tengo a sottolineare una cosa: non dobbiamo vedere in questi personaggi dei peccatori, perché siamo tutti peccatori, bensì degli individui che si sentivano ai margini.
Il centurione romano
Il primo personaggio è il centurione romano. Come ricorderete, i Vangeli di Matteo e Luca raccontano di un centurione romano che vive a Cafarnao, il quartier generale di Gesù in Galilea. Cafarnao era un villaggio di pescatori ebrei che contava circa 1.500-2.000 abitanti. Il centurione incontra Gesù, forse mentre si trovano sulla strada, e gli dice che il suo servo è malato. Gesù propone di andare a casa del centurione, cosa che a quel tempo era un segno pubblico di accoglienza. Così, vediamo subito l’accoglienza di Gesù.
Ma il centurione dice che non è necessario. Anch’io sono un uomo che ha delle persone sotto la sua responsabilità, dice a Gesù: dico a uno “Vieni” e quello viene, dico a un altro “Va’” e quello va. Non devi fare altro che dire la parola, e il mio servo sarà guarito. Gesù si mostra sorpreso e dice che la fede di quest’uomo non ha paragoni in Israele. Poi guarisce il servo.
Ma qui c’è qualcosa da non sottovalutare: il centurione romano è un pagano! Non è un ebreo, e probabilmente non è nemmeno monoteista! È probabile che veneri molti Dèi. È lontanissimo dal mondo giudaico: non solo è un emarginato, ma vive oltre i margini. Quante persone LGBT si sentono come lui nella Chiesa?
Ma notate bene come viene trattato da Gesù. Gesù non dice “Pagano!”, non grida “Peccatore!”, non dice “Torna da me quando sarai diventato ebreo!”. Niente di tutto questo. Lo incontra, lo ascolta, lo accoglie, ha pietà di lui, e poi gli rende un grande servigio. È così che trattiamo le persone ai margini: con rispetto, sensibilità e compassione, ma prima di tutto le accogliamo.
La samaritana
Eccoci al secondo racconto, quello della donna al pozzo, la samaritana. È una lunga lettura tratta dal Vangelo di Giovanni.
Gesù si reca a un pozzo, nel caldo di mezzogiorno, e incontra una donna samaritana. Nel corso di una delle più lunghe conversazioni di Gesù registrate nei Vangeli, veniamo a sapere qualcosa della donna. È stata sposata molte volte e ora sembra vivere con un uomo che non è suo marito. Gesù le rivela la sua vera identità, le si rivela come Acqua Viva, e la donna ne è così felice che lascia lì la sua giara per andarlo a dire a suoi amici. Un passo parallelo è quello di Pietro e Andrea che abbandonano le reti da pesca e tutto il resto per seguire Gesù.
Secondo gli studiosi del Nuovo Testamento, due sono le ragioni per cui Gesù non dovrebbe parlare con lei: primo, è una donna; secondo, è una samaritana, fa parte di un gruppo che si oppone religiosamente ai giudei per molteplici ragioni. Vorrei però farvi notare di nuovo come Gesù incontri qualcuno che deve sentirsi assolutamente emarginato. Non dice “Peccatrice!”, non dice “Donnaccia!”, non dice “Samaritana!”.
Niente di tutto questo. La ascolta attentamente, apprezza la sua situazione e le fa un dono: le rivela la sua identità, un gesto di accoglienza verso una persona assolutamente emarginata: una delle ragioni per cui la donna si trova al pozzo a mezzogiorno, infatti, è che si sarebbe trovata sola, senza le altre donne, a causa del caldo. La samaritana vive l’emarginazione.
Quante persone LGBT si sentono come lei nella Chiesa?
Gesù invece la tratta con rispetto, sensibilità e compassione. Alla fine del racconto, la donna va in città e racconta cosa le è accaduto: in questo modo viene reintegrata nella comunità e diviene un’apostola, inviata a diffondere la Buona Novella, grazie all’accoglienza di Gesù.
Zaccheo e le persone LGBT
Infine, ecco il racconto che penso illustri meglio degli altri lo schema secondo cui prima viene la comunità, poi la conversione. Il Vangelo di Luca contiene il bellissimo racconto dell’incontro di Gesù con Zaccheo. Gesù, come ricorderete, sta passando per Gerico, una città molto grande. Sta andando a Gerusalemme, siamo verso la fine del suo ministero, quindi è certamente ben conosciuto e probabilmente ha una grande folla che lo segue.
A Gerico vive un uomo di nome Zaccheo. È il capo degli agenti delle tasse della zona, e gli ebrei lo considerano anche il capo dei peccatori. Perché? Perché è considerato colluso con le autorità romane. Probabilmente Zaccheo è isolato da tutto e da tutti.
Vorrei che consideraste Zaccheo un simbolo delle persone LGBT, non perché le persone LGBT sono più peccatrici di tutti noi (siamo tutti peccatori), ma perché si sentono molto emarginate.
Il Vangelo di Luca descrive Zaccheo come “piccolo di statura”: non riesce a vedere Gesù “per via della folla”, forse proprio perché è basso, ma quante volte la “folla” si mette in mezzo tra le persone LGBT e Gesù? Quante volte siamo stati parte della “folla” che non permette alle persone LGBT di avvicinarsi a Dio?
Zaccheo si arrampica su un sicomoro in quanto, come ci dice Luca, vuole vedere “chi era Gesù”. Questo è proprio ciò che vogliono le persone LGBT: vedere “chi è Gesù”. Ma la folla si mette di mezzo.
Ecco ora Gesù, che attraversa Gerico, probabilmente in mezzo a centinaia di persone che cercano di attirare la sua attenzione. In mezzo a tutte queste persone, a chi decide di parlare? Alle autorità religiose? A uno dei suoi discepoli? No, a Zaccheo! E cosa gli dice? Gli grida “Peccatore!”? Gli grida “Aberrante agente delle tasse!”? No! Gli dice “Sbrigati, perché oggi mi fermo a casa tua!”. È un segno pubblico di accoglienza per una persona isolata da tutto e da tutti.
Ed ecco il mio versetto preferito di tutto il racconto: “Tutta la gente attorno iniziò a mormorare”! È esattamente ciò che accade oggi con le persone LGBT! La gente mormora. Basta che andiate sul Web e la vedrete mormorare. Un’offerta di misericordia a qualcuno che vive ai margini fa sempre arrabbiare molti.
Ma Zaccheo scende dall’albero e, come dice il Vangelo, “si alzò”, ma il termine originale greco, “statheis”, è molto più forte: “stette saldo”. Quante volte le persone LGBT hanno dovuto stare salde di fronte agli oppositori, all’odio e ai pregiudizi nella Chiesa?
Poi arriva la sorpresa: Zaccheo dice che donerà metà del suo patrimonio ai poveri e ripagherà quattro volte tanto le persone da lui defraudate. L’incontro con Gesù porta alla conversione, e questo accade a tutti. Quale conversione? Non quella delle terapie di conversione. Probabilmente Zaccheo non abbandona la sua professione, perché l’unico agente delle tasse che nei Vangeli abbandona la sua professione è Matteo.
No, la conversione che vive Zaccheo è la conversione a cui tutti e tutte siamo chiamati. Nei Vangeli, Gesù la chiama “metanoia”, la conversione della mente e del cuore. Per Zaccheo, la conversione significa donare ai poveri, e tutto viene dall’incontro con Gesù, perché di regola, per lui, prima viene la comunità, poi la conversione. Per Giovanni Battista il modello era: prima ci si converte, poi si viene accolti nella comunità. Per Gesù, prima viene la comunità, poi la conversione.
Così Gesù tratta le persone che si sentono ai margini. Le cerca prima degli altri, le incontra e le tratta con rispetto, sensibilità e compassione.
Nel caso delle persone LGBT, ci sono due posizioni che si possono assumere: potete stare con la folla che mormora e non approva la misericordia verso chi vive ai margini, o potete stare con Zaccheo e, cosa ancora più importante, con Gesù: potete stare dalla parte di Gesù ed accoglierle nella comunità.
* Padre Martin è editorialista del settimanale cattolico America, autore del libro “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018) e consulente per la comunicazione della Santa Sede.