Padre James Martin: «La Chiesa ha trattato i gay da lebbrosi, ma deve sostenere tutti gli emarginati»
Intervista di Gian Guido Vecchi a padre James Martin pubblicata sul Corriere della sera del 19 maggio 2018
«Due anni fa 49 persone sono state uccise in un nightclub in Florida. Fu la strage a colpi d’arma da fuoco più grande nella storia degli Usa. Ma solo pochi vescovi statunitensi espressero pubblicamente la loro solidarietà, come avrebbero invece fatto in qualsiasi altra tragedia di quelle dimensioni. Questo mi turbò molto e mi portò a scrivere questo libro. Se la Chiesa non può riconoscere l’esistenza delle persone Lgbt neanche in circostanze tragiche come questa — come la morte — cosa dice questo della Chiesa? Il libro propone qualcosa di semplice, ma fermamente evangelico: dare sostegno a chi si sente più emarginato».
Padre James Martin, 57 anni, «editor at large» della rivista dei gesuiti America Magazine e consultore nominato da Francesco della Comunicazione vaticana, è uno degli scrittori più letti e dibattuti negli Usa. Ma di Building a Bridge si sta parlando in tutto il mondo. Il libro, edito da Marcianum Press, esce in Italia il 24 maggio con il titolo Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt, acronimo di «lesbiche, gay, bisessuali e transgender».
Una riflessione «utile a favorire il dialogo, la conoscenza e comprensione reciproca, in vista di un nuovo atteggiamento pastorale da ricercare insieme alle nostre sorelle e fratelli Lgbt», scrive nella prefazione l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi.
Padre Martin, come si spiega le contestazioni dei conservatori?
«Il libro è stato contestato da alcuni conservatori, ma non tutti. La maggioranza dei cattolici lo ha sostenuto, perché molti conoscono o sono famigliari di persone Lgbt. E lo hanno appoggiato anche vari cardinali e vescovi. Le critiche più violente provengono dal web. La spiegazione più semplice è anche la più pertinente: molti di questi siti sono mossi da omofobia e odio. L’idea che si possa anche solo ascoltare una persona Lgbt è per loro anatema!».
L’accusa più ingiusta?
«Che il libro vada contro gli insegnamenti della Chiesa. Assolutamente no! Non vengono messi in discussione gli insegnamenti circa le relazioni o il matrimonio con persone dello stesso sesso. Se così fosse, non avrebbe ricevuto l’approvazione ufficiale del mio superiore gesuita né il sostegno del Cardinal Farrel, prefetto del dicastero vaticano per Laici, Famiglia e Vita. Molti che criticano il libro non si sono neanche preoccupati di leggerlo».
Qual è l’errore più grande che ha compiuto e potrà compiere la Chiesa verso la comunità Lgtb?
«Trattarli come lebbrosi. Nessun gruppo di cattolici è maltrattato così nella Chiesa. Ho avuto modo di ascoltare le storie più incredibili di maltrattamenti di persone Lgbt cattoliche. Un trentenne autistico, che non ha relazioni sessuali, mi ha riferito che dopo aver fatto “coming out” il suo parroco gli ha detto che la domenica non può più ricevere la comunione. Eppure lui non è in peccato, neanche secondo le più rigide indicazioni della Chiesa. Molto del disprezzo viene dalla paura della persona Lgbt come “altro”. L’amore perfetto scaccia la paura, dice il Nuovo Testamento; mentre la perfetta paura scaccia l’amore».
Lei invita a costruire un ponte dalla Chiesa verso la comunità Lgbt, ma anche viceversa. In che senso la comunità Lgbt deve sforzarsi di comprendere?
«Trattando i pastori, anche quelli con cui non va d’accordo, con lo stesso “rispetto, compassione e sensibilità”. Questo comporta ascoltarli con attenzione, mettersi in dialogo, comprendere la complessità del loro ruolo, specie se vescovi. Potrebbe essere molto difficile da ascoltare per i cattolici Lgbt, soprattutto se si sono sentiti insultati, esclusi, emarginati. Ma anche se dovessi considerare come “nemici” alcuni pastori, Gesù ci invita ad amarli».
Il Catechismo parla di «inclinazione oggettivamente disordinata». Lei scrive che l’espressione «appare come una crudeltà gratuita».
«Molte persone Lgbt mi hanno riferito che questa frase ferisce profondamente. Certo, dobbiamo capire che è una terminologia teologica con un significato preciso che viene dalla filosofia tomista. Ma per una persona Lgbt vuol dire che una parte essenziale di sé — quella che ama, anche se con un amore mai espresso sessualmente — è disordinata. Qualcuno mi ha confidato che quella espressione lo ha portato vicino al suicidio. La mamma di un adolescente gay mi ha detto: “Ma la gente capisce cosa può provocare quel linguaggio in un giovane? Lo può distruggere”. Noi dobbiamo ascoltare quella madre».
La Chiesa arriverà mai a riconoscere un valore nel rapporto omosessuale di una coppia di «laici» fedele? Non è altrettanto crudele pretendere la castità?
«Dipende da cosa intendiamo per “valore”. Alcuni vescovi europei hanno indicato che stanno riflettendo su come riconoscere il buono che esiste in queste relazioni. Dobbiamo ascoltare queste intuizioni, anche se la Chiesa non approva il matrimonio tra persone dello stesso sesso».
Il cardinale Schönborn raccontò al «Corriere» di aver conosciuto una coppia di uomini: «Ho visto come si sono aiutati quando uno è caduto malato. Tante volte, anche se non approviamo questa forma di sessualità, possiamo inchinarci davanti a comportamenti umani esemplari».
«Nel libro ho citato la stessa intervista. Conosco varie coppie come questa. Un mio amico gay per vent’anni si è preso cura del suo compagno. È questa, senza dubbio, una forma di amore — amore capace di sacrificio. Ci dobbiamo chiedere: cosa ci sta insegnando qui lo Spirito Santo?».
Scrive di sacerdoti e religiosi «che sono gay e osservano la castità». Parrebbe statisticamente ovvio, come quando ha detto che è «possibile» anche tra i santi, eppure ha creato scandalo…
«La reazione mi sorprende sempre. Dire che conosco sacerdoti celibi che sono gay; membri casti di ordini religiosi, anch’essi gay o lesbiche, non è un’opinione: è un fatto. Esistono, e svolgono ministeri significativi nella Chiesa. Se assumiamo che una percentuale dell’umanità è gay o lesbica, è logico arrivare alla conclusione che lo fossero anche alcuni santi. Quali? Impossibile dirlo. Anche il Catechismo dice che i gay e le lesbiche possono “avvicinarsi alla perfezione cristiana” se sono casti. Perciò, considerando tutti i vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose che sono stati canonizzati, perché non potrebbero esserci stati gay o lesbiche? Stiamo forse dicendo che Dio non può fare santa una persona gay?».
La sua riflessione si conclude con alcuni brani biblici. Tra gli altri, Gesù che parla a Zaccheo nonostante la gente «mormori». Che cosa ci dice questo episodio?
«Attraversando Gerico Gesù vede Zaccheo, il capo dei pubblicani, forse la persona più emarginata in città. Zaccheo sale su un albero perché non riesce a veder Gesù, “a causa della folla”, dice il Vangelo. Quanto spesso la “folla” impedisce alle persone Lgbt di incontrare Gesù? Quando Gesù chiama Zaccheo e si offre d’andare in casa sua, “tutti mormoravano”. Una estensione della misericordia a favore di qualche emarginato fa sempre arrabbiare qualcuno. Quando accade nei riguardi dei cattolici Lgbt, puoi stare con la folla che mormora ed è contraria alla misericordia, oppure puoi stare dalla parte di Gesù. A me la scelta sembra chiara».