Padre Martin: consigli per persone LGBTQ che si sentono inquiete dopo le elezioni americane
Articolo di James Martin sj pubblicato su Outreach (USA) il 6 novembre 2024, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata.
Questa mattina il mio telefono “è esploso”, come si suol dire, con SMS, messaggi su Facebook, Instagram e WhatsApp, dopo che la vittoria di Donald Trump è stata confermata dai principali notiziari.
Alcuni messaggi provenivano da amici democratici e sostenitori di Kamala Harris, ma molti erano di persone LGBTQ – alcune che conoscevo, altre no – che esprimevano lo stesso sentimento: paura.
Non riferirò le specifiche parole che mi sono state inviate, ma sostanzialmente le persone hanno espresso, in diversi modi, tre concetti: «Oggi mi sento così spaventato/a», «Mi sento davvero senza speranza», e, peggio di tutto: «Oggi quasi mi vorrei suicidare».
Probabilmente non c’è da meravigliarsi per queste reazioni. Il senatore JD Vance, il nuovo vicepresidente eletto, ha una lunga storia di retorica anti-LGBTQ, compresa la difesa della campagna diffamatoria degli “apripista” di Trump contro i candidati democratici che sostenevano i diritti LGBTQ.
Durante il comizio di Donald Trump al Madison Square Garden, Trump ha dichiarato: «Butteremo fuori … la follia transgender dalle nostre scuole». Nelle campagne politiche dei singoli stati, probabilmente le cose sono andate anche peggio.
Valentina Gomez, una candidata repubblicana che ha perso la corsa per diventare segretaria di stato del Missouri, ha bruciato libri di argomento LGBTQ e deriso le persone che erano «deboli e omosessuali».
Il vicegovernatore Mark Robinson, candidato governatore della Carolina del Nord, che ha definito le persone LGBTQ «schifezze», ha perso la corsa per l’elezione, ma ha comunque ottenuto il 40% dei voti.
Al di là di questi commenti specifici, il tenore della campagna condotta da Trump e Vance— cupo, negativo e nichilista, con un continuo messaggio sottotraccia della contrapposizione tra “noi” e “loro” — ha spaventato molte persone LGBTQ. E le persone LGBTQ temono di essere quel “loro”. Qualche giorno fa, un uomo gay mi ha detto che se la coppia Trump/Vance avesse vinto, sarebbe stato come se avessero vinto i bulli che lo tormentavano sui campetti sportivi della scuola.
Naturalmente, non tutte le persone LGBTQ si sentono così (negli Stati Uniti) e sono sicuro che molti abbiano votato per il presidente Trump. Tuttavia, permettetemi di dire alcune cose ai miei amici LGBTQ che oggi si sentono spaventati.
L’aiuto c’è. Se stai pensando al suicidio o all’autolesionismo, ricorda che ci sono professionisti preparati e disponibili ad aiutarti. Ci sono molte linee telefoniche che offrono supporto professionale, incluso il Trevor Project, che si rivolge ai giovani LGBTQ. Puoi anche chiamare la Suicide and Crisis Lifeline componendo il numero 988 (numero attivo negli Stati Uniti, N.d.T.).
Ricorda che hai degli alleati. Forse hai la sensazione di non avere molti alleati nella Casa Bianca e neanche nel Parlamento del tuo stato, ma certamente hai alleati intorno a te. Nei momenti difficili, rivolgiti a una persona LGBTQ, a un familiare fidato, a un amico o a chi può supportarti con la sua empatia: un sacerdote, un frate, una suora, un pastore, un operatore pastorale, un rabbino o un imam, e ricordati che non sei solo. Se ti senti ancora solo, Outreach ha decine di storie di persone della comunità LGBTQ che hanno realizzato una vita piena e soddisfacente.
Non disperare. «Oggi mi sento disperato» può sembrare comprensibile per le persone LGBTQ di fronte ai risultati elettorali, ma la disperazione non viene mai da Dio. Nel suo testo classico Gli Esercizi Spirituali, sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, ci ricorda che i sentimenti di “angoscia lacerante” e disperazione non vengono da Dio. La speranza, invece, sì.
E se ti ritrovi a fare doom scrolling (N.d.T. cercare compulsivamente cattive notizie online), cercando di raccogliere più informazioni possibili, considera l’idea di mettere giù il telefono e di prenderti una pausa. Magari fai una passeggiata o chiama un amico. Questo tipo di ricerca di notizie è comprensibile, soprattutto in tempi di incertezza, ma potrebbe semplicemente portare a sentimenti di ulteriore disperazione.
Rimani al fianco dei tuoi amici. Se sei turbato, è probabile che lo siano anche i tuoi amici LGBTQ. Manda loro un messaggio, chiamali o vai a trovarli. In sostanza, semplicemente stai con loro. I gesuiti spesso chiamano questo la “pastorale della presenza”, il che significa che forse non puoi cambiare le cose (una malattia o, come in questo caso, l’esito di un’elezione), ma puoi stare vicino a una persona nei suoi momenti difficili. Avere qualcuno vicino (fisicamente, se possibile) è di grande conforto.
Guarda in prospettiva. Roma non è stata costruita in un giorno. Né lo è stato Stonewall. Il cammino verso una maggiore accettazione delle persone LGBTQ avviene spesso in questo modo: due passi avanti e uno indietro, e a volte anche due passi indietro. Questo vale sia per la società, sia per la Chiesa.
Prega. Consigliare la preghiera potrebbe sembrare una panacea a buon mercato. Come dire: «Chiudi gli occhi, mettiti in contatto con Dio e ti sentirai meglio». Ma prima di sentirti meglio, potresti aver bisogno di essere franco con Dio su come ti senti ora: spaventato, arrabbiato, triste o deluso. Sono tutte parole che ho sentito oggi. Sii onesto con Dio. Parla con Dio, come diceva Sant’Ignazio, «come un amico parla a un altro». Poi cerca segni della presenza di Dio intorno a te oggi.
Non sorprenderti del male. L’omofobia esiste da molto tempo ed è spesso usata dai politici per creare, ancora una volta, la dinamica del “noi contro loro”, o per impiegare quella che i sociologi chiamano un “terrore morale” (cioè, la sensazione che un “male”, in questo caso le persone LGBTQ, minaccia in qualche modo il benessere della società o sta contaminando il nostro mondo).
Abbiamo visto questa dinamica applicata esplicitamente durante la campagna elettorale, con alcuni spot pubblicitari della campagna di Trump e dei suoi sostenitori che prendevano di mira le persone LGBTQ, definendo i membri della comunità come “loro”. Vance ha cercato di instillare divisione anche all’interno della comunità LGBTQ, affermando in un’intervista di credere che lui e Trump avrebbero conquistato il «voto degli omosessuali normali», qualunque cosa ciò significhi.
Lo stereotipo del “noi contro loro” è stato naturalmente combattuto da Gesù stesso, per il quale non esisteva né “noi” né “loro”, ma solo “noi”. E ogni volta che doveva prendere una posizione, stava con i “loro”.
Non discutere di politica con familiari o amici. Molti membri della comunità LGBTQ avranno parenti che hanno votato per il presidente Trump. Non c’è bisogno di lasciarsi coinvolgere in dibattiti accesi mentre ci si sente a terra. Le imminenti festività natalizie sono un momento particolarmente adatto per prendersi un time out dalla politica e da altre questioni controverse.
Contribuisci. Vuoi assicurarti che le persone LGBTQ siano protette nei prossimi quattro anni? Fai volontariato, contribuisci o supporta in qualche modo il gruppo, l’associazione o l’attività pastorale LGBTQ che preferisci. Avranno bisogno del tuo aiuto per poter aiutare gli altri in difficoltà.
Non arrenderti mai. La Prima Lettura di oggi ci parla di San Paolo che si offre per i suoi amici, “come una libagione”, o un’offerta versata liberamente a terra, e ci invita a fare lo stesso, anche quando sente di trovarsi in una «generazione corrotta e perversa» (Fil 2,12-18).
Per un riferimento più vicino a noi, mi piace ricordare un brano tratto da una biografia di Winston Churchill che sto leggendo: non è certo un sostenitore delle tematiche LGBTQ, ma possiamo prendere spunto da un po’ del suo spirito indomito. Lui stava combattendo Hitler; tu stai combattendo l’omofobia. E quindi, «Non cedere mai, non cedere mai, mai, mai, mai in nulla: per questioni grandi o piccole, importanti o ordinarie, non cedere mai se non alle considerazioni dell’onore e del buon senso. Non cedere mai alla forza; non cedere mai alla forza apparentemente schiacciante del nemico».
* James Martin sj è il fondatore di Outreach e il direttore di America Media.
Testo originario: James Martin, S.J.: Advice for LGBTQ people who feel afraid after the election