Padre Jean, gay e missionario: “la chiesa non è omofoba, ma alcuni cattolici lo sono”
Articolo di A. Larraneta tratto dal sito 20minutos (Spagna), 1 febbraio 2012, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Pauline Jean è un missionario francese che partecipa agli incontri di preghiera di Betania, il gruppo di cristiani gay di Madrid.
Lui ritiene che la gerarchia cattolica spagnola è più preoccupata dei gay di quella francese. “Il maltrattamento di animali, la violenza macista … sono peccati che gridano al cielo, non che Pietro ama Antonio”.
Chi sei? Puoi dirci tutto ciò che vuoi rendere pubblico
Sono Jean, nato a Brest e appartengo alla congregazione dei fratelli di San Vincenzo de Paoli.
Negli ultimi anni ho vissuto nella casa madre a Parigi e sono venuto in Spagna per completare il dottorato in teologia e partire poi per il Centrafrica, dove c’è una delle nostre missioni, é il mio sogno da molto tempo.
Mi considero omosessuale perché la mia inclinazione affettiva e corporale va verso gli uomini, anche se per il fatto d’essere consacrato, rispetto il voto di castità che ho formulato anni fa. Ciò non toglie che io sia intrinsecamente omosessuale. Sono un gay religioso o un religioso gay come preferite.
Come hai percepito la sua tendenza omo-affettiva sessuale? Hai vissuto dei conflitti ad accettarsi?
Penso di averla percepita nel momento della pubertà, sebbene io avessi già una grande vocazione religiosa. Non è stato per me un trauma constatare che per rispettare il voto di castità dovevo star più attento a non lasciarmi trasportare dai sensi verso i bei ragazzi, piuttosto che verso le belle ragazze.
Penso in ogni modo che in Francia vi sia meno il tabù della sessualità rispetto alla Spagna. La gerarchia ecclesiale francese è meno omofoba di quella spagnola, ed ancor meno negli ordini religiosi.
Conosco frati chiaramente gay che godono del rispetto e dell’affetto della loro comunità. Anche io sono abbastanza effeminato, anche se le anime pie dicono che sarà per il mio accento francese.
Come ha conosciuto Betania, il gruppo di credenti gay di Madrid?
In Francia faccio parte dell’associazione di cristiani omosessuali David e Jonathan, quando sono venuto a sapere che dovevo venire a studiare in Spagna ho chiesto di partecipare a gruppi simili qua, ed eccomi qua.
Perché partecipa a questi gruppi?
Perché il cristianesimo non si può vivere da solo, ma solo in un gruppo, d’accordo io appartengo già alla grande famiglia dei paolini, ma in ogni famiglia vi sono anche gruppi più piccoli che trattano tanti temi, perché qualcosa li unisce.
Diciamo la mia famiglia è quella dei paolini, però ogni tanto mi unisco ai cugini di Betania per scambiare le nostre esperienze di gay cristiani e pregare insieme.
A quali riunioni partecipa e cosa le danno?
A quelle che posso, da un lato ho orari abbastanza flessibili, però devo frequentare anche le lezioni a Salamanca, per cui viaggio abbastanza. La preghiera in comune con i miei cugini mi aiuta a unirmi spiritualmente a tutti i gay e le lesbiche del mondo, specialmente a quelli che sono in difficoltà.
L’Eucarestia mi aiuta a mettermi in comunione con Dio ed anche con i fratelli gay e le lesbiche che soffrono per come sono. Questo dolore unito al ricordo di Cristo in croce, mi ricorda che c’è ancora molta strada da fare.
Com’è la sua vita quotidiana nella sua congregazione-parrocchia in relazione alla sua tendenza omosessuale?
Confesso ho sempre vissuto questo argomento (l’essere gay) con grande pace. Non c’è niente di particolarmente rilevante. Penso che sia che i fratelli, della mia comunità, possano immaginare o no che io sono gay, ma nessuno ci fa caso, nemmeno i miei superiori. Confesso d’avere sempre vissuto questo tema con tranquillità in questo senso sono fortunato.
Cosa prova quando sente la gerarchia ecclesiale parlare contro gli omosessuali?
Sento che in Francia la gerarchia parla meno d’omosessualità che in Spagna. Ma invece è irritante che da parte della curia romana si parli così tanto d’omosessualità e così poco dei gravi problemi che colpiscono i cristiani.
La crisi economica, la disuguaglianza tra Nord e Sud del mondo, i disastri ecologici, la mondializzazione economica che causa tanta povertà ai paesi poveri, i maltrattamenti agli animali, le violenze contro le donne.
Questi sono i peccati che scandalizzano il cielo, non che Pedro ami Antonio. In questo senso la chiesa gerarchica si sta allontanando dal popolo di Dio.
La religione cattolica è omofoba? La chiesa è omofoba?
La religione cattolica non è omofoba, però ci sono cattolici che lo sono, perché hanno pregiudizi contro l’omosessualità che prescindono dalla religione o perché si trincerano in un’interpretazione letterale erronea di alcuni passi delle Sacre Scritture.
Penso che il cattolico omofobo non sia realmente cristiano, perché non ha vissuto nella sua vita un ‘esperienza personale con Cristo che ama, che perdona incondizionatamente. Abbiamo una chiesa cattolica composta da molti non cristiani. Penso che questo paradosso dovrebbe fare riflettere i teologi.
Perché è necessaria la clandestinità di un appartamento per le liturgie dei gay cristiani?
Suppongo che ci sono fratelli che hanno bisogno della clandestinità per non avere problemi con i propri superiori.
Comunità gay e chiesa cattolica. Come percepisce questa relazione?
Di nuovo devo paragonare la situazione spagnola a quella francese. Il percorso personale di un gay o di una lesbica si può raccontare con il seguente esempio: Laura nasce e cresce in una famiglia cattolica. Va a catechismo il sabato e a messa la domenica. A volte prega il rosario con la nonna.
Laura compie undici anni e scopre che le piace Giuseppina e che ne è attratta. Laura si confessa e padre Anselmo le ricorda il sesto comandamento: “Non commettere atti impuri” e lo interpreta. Laura decide di rinnegare se stessa per essere una buona cristiana, però il risultato è che non è Laura che prega, che fa la comunione, che si sforza d’essere buona, ma bensì la sua ombra.
Laura compie 18 anni, è piena di complessi e soprattutto ha rinnegato la sua affettività. Non ama e non si lascia amare. Finalmente va a studiare in un’altra città e ha una storia con una ragazza.
Improvvisamente scopre come l’amore sia meraviglioso, però ricorda ancora le parole di padre Anselmo e con lui il Cristo che le hanno predicato, che non è quello reale. Laura cessa d’essere cristiana. A queste condizioni la relazione tra comunità gay e chiesa non può che essere di rottura, odio, rancore.
Ma deve essere necessariamente così?
Se analizziamo il percorso di Laura vedremo che è basato su bugie, a Laura non si consente di essere se stessa, come contropartita si predica un Cristo che non è quello reale. Se questi due atteggiamenti cambiassero, perché mai ci dovrebbe essere una rottura tra cristianesimo e omosessualità.
Cosa vorrebbe dire all’arcidiocesi o alla conferenza episcopale sul loro atteggiamento verso i gay?
All’arcidiocesi non direi nulla. Questa energia mi piacerebbe incanalarla per gridare a tutti i giovani cristiani omosessuali che non si allontanino da Cristo, che Dio li ama come sono. Ancor di più che Dio li ha creati così, perché nello sviluppo della loro omosessualità c’è anche un abbraccio amoroso del Padre.
Testo originale: Jean, misionero: “La religión católica no es homófoba pero sí hay católicos que lo son”