Il Risorto ci precede nelle frontiere del mondo religioso
Trascrizione della meditazione biblica* di padre Pino Piva SJ fatta agli Esercizi Spirituali “Dalle Frontiere” per le persone LGBT+, i loro genitori e gli operatori pastorali (Bologna, 28 ottobre/2 novembre 2022)
Frontiera. Cosa vuol dire? Quanto può essere importante la frontiera per i cristiani? Per la Chiesa?
Leggiamo Matteo 4,12-17. Gesù ha appena ricevuto il battesimo dove dal Padre ha ricevuto questo messaggio, che già intimamente conosceva, ma l’ha sentito direttamente dalla bocca del Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato”.
Questo è il nome di Gesù, è l’esperienza profonda di Gesù, la sua identità: essere amato. È il Figlio amato, dove riposa il compiacimento del Padre che è contento di lui.
È interessante perché nel battesimo il Padre fa capire a Gesù, suo Figlio, che è contento di lui prima che cominci la sua missione. Questo amore compiaciuto è dichiarato prima che Gesù possa far qualcosa di buono. È un amore gratuito, pieno, senza condizioni; ed è a partire da questo amore pieno, gratuito, senza condizioni, che Gesù allora può fare quello che ha fatto.
Non è il contrario. E sente che la sua missione è quella di portare questo compiacimento del Padre a tutti. Questo amore del Padre a tutti. Questo deve fare il Messia.
Consapevole di questo, intimamente, interiormente, profondamente, ecco che Gesù inizia la sua missione dopo che il Battista ha finito la sua. Gesù comincia quando colui che considera “maestro” termina; non prima. “Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea”.
Il battesimo è avvenuto in Giudea, a sud, a una cinquantina di Km da Gerusalemme; poi Gesù si ritira al nord, in Galilea. Di fatto è un “ritorno” in Galilea, perché Gesù era Galileo di Nazareth; ma ora decide di lasciare Nazareth.
“E andò ad abitare a Cafarnao, sulla riva del Mare (di Tiberiade), nel territorio di Zàbulon e di Neftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zabulon e terra di Neftali,sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte, una luce è sorta”.
Questa profezia di Isaia parla di una antica speranza per quella regione. Il territorio delle tribù di Zàbulon e Neftali, due delle tribù più a nord di Israele, sono ai confini con altri popoli pagani del nord.
Oltre il Giordano, Galilea delle genti. “Genti” vuol dire pagani, i gentili (gens) nominati da Paolo e gli Atti; la Galilea è compresa in questi antichi territori di Zàbulon e Neftali: una terra a contatto con i pagani. Anzi, per la sua storia da secoli è abitata da molti pagani, oltre che da molti ebrei-giudei, in senso religioso.
A sud, invece, c’è la Giudea con Gerusalemme, il centro della fede ebraica, dove sono tutti giudei, di religione e di etnia; se anche in Giudea ci sono dei pagani, allora sono degli stranieri, ospiti.
Immediatamente sopra la Giudea c’era la Samaria: un popolo ritenuto eretico dai giudei; e ancora più a nord, la Galilea, dove c’erano certamente degli ebrei-giudei dal punto di vista religioso, ma galilei dal punto di vista etnico, i quali necessariamente convivevano con i pagani che da secoli vivevano in quella regione.
Tant’è che Nazareth, dove abitava la famiglia di Gesù, era un villaggio “giudeo”, cioè di religione ebraica; ma a soli 6 chilometri, c’era Sefforis, antica capitale della Galilea, insieme a Tiberiade circa 30 km più ad est. Ambedue città ellenistiche dove abitavano ovviamente molti pagani di lingua greca, ma ugualmente galilei; su tutta la Galilea ai tempi di Gesù governava Erode Antipa; mentre in Giudea governava il Procuratore romano, Ponzio Pilato.
Dunque, ebrei e pagani in Galilea convivevano nello stesso territorio, per cui il modo di vivere la religione ebraica in Galilea era diverso rispetto a come poteva essere vissuto in Giudea. Anche Gesù era di religione giudaica, in questa terra di frontiera.
Sulla via del mare, oltre il Giordano. La via del mare era questa grande, lunga autostrada antica che da Damasco arrivava fino all’Egitto; da Damasco andava verso la costa del Mar Mediterraneo, e per questo passava a nord del Lago di Tiberiade: quindi passava proprio per Cafarnao.
Per questa grande autostrada passavano tante persone di popoli diversi, gente di tante etnie. Gesù sceglie di andare lì, di abitare lì; lascia Nazareth – questo piccolo centro molto isolato, chiuso, omogeneo dal punto di vista religioso – e va in questa città più grande, sulla via del mare. Era davvero un porto di mare in tutti i sensi.
La profezia di Isaia parlava della speranza di poter essere sollevati dal peso della dominazione degli Assiri (VIII sec. a.C.), speranza di liberazione, probabilmente perché saliva al trono di Giuda Ezechia; un re che suscitava molte speranze. Gesù si collega a quella speranza antica.
Ancora, proprio dalla Galilea è come se si riaccendesse di nuovo una luce, la sua luce. Dalla Galilea, dalla frontiera, viene questo annuncio del Regno dei cieli, questa terra nuova, questo modo nuovo di vivere la relazione con Dio e la relazione tra di noi.
Matteo 8, 5-13. Questo brano di Matteo si connette a quello precedente del cap. 4: è lo stesso discorso del Regno, che inizia in Galilea. Gesù lo annuncia in “parole” (il discorso della montagna: capp. 5-7) e in “opere” (i miracoli descritti nei capp. 8-9).
Entrato in Cafarnao… diventerà di fatto la sua città (cfr. Mt 9, 1), è la città dove abita Simon Pietro e la casa di Pietro diventa la casa di Gesù; ma è Gesù che decide di abitare a Cafarnao da adesso in poi.
… gli venne incontro un centurione… I romani governavano la Giudea, al sud, dove per motivi politici c’era un governatore romano, Pilato. Mentre al nord, Samaria, Galilea erano guidate da dei sovrani che dipendevano dai romani, pur essendo territori non direttamente governati da loro. E allora perché a Cafarnao ci sono i
romani?
Perché è terra di frontiera nel senso letterale del termine: pochi km a est c’è il Giordano che fa da confine tra il regno di Erode Antipa e il regno di suo fratello Filippo; sono due regni (tetrarchie) diversi, ambedue attraversati dalla via del mare; e quindi a Cafarnao c’era la dogana, che doveva essere controllata dai romani perché tutti quei territori, di fatto, rispondevano all’imperatore romano, anche se non li governavano direttamente. Quindi era presente una centuria, un distaccamento romano che doveva gestire e controllare la dogana e il confine.
Il centurione, romano quindi pagano, stranamente – a differenza di altri dominatori – è pieno di rispetto per il popolo che lui è chiamato a soggiogare; ha un animo gentile, accogliente, rispettoso, umile.
Addirittura si mette ad invocare Gesù, un giudeo: lo scongiura di poter essere aiutato.
…che lo scongiurava dicendo: Signore il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre
terribilmente. Gli disse: Verrò e lo guarirò.
Ma il centurione rispose, Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno ho dei soldati sotto di me, e dico a uno: Va!, ed egli va e un altro: Vieni! ed egli viene; e al mio servo: Fa questo!, ed egli lo fa.
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!. Ma io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del Regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di terra. E Gesù disse al Centurione: Va, avvenga per te come hai creduto. In quell’istante il suo servo fu guarito.”
Secondo la mentalità ebraica i pagani erano cani, impuri e quindi incapaci di rivolgersi a Dio, dovevano essere tenuti lontani dai giudei, per non diventare impuri a loro volta. Quindi, entrare nella casa di un pagano voleva dire diventare impuro.
Qui c’è una sottolineatura sulla casa del pagano: “Signore, il mio servo è in casa [in un luogo impuro] a letto, paralizzato e soffre terribilmente”; quindi ci sono due problemi: la sofferenza del servo; e il luogo dove si trova, che è impuro. Il centurione chiede la guarigione del servo, anche questo è inusuale: il servo, lo schiavo non ha una dignità; se sta male e muore, non è un problema: se ne prende un altro; è una perdita economica, ma null’altro.
Oggi non concepiamo la schiavitù: che un essere umano possa “appartenere economicamente” a qualcuno; in fondo lo schiavo non era un essere umano come il padrone, era piuttosto equiparabile all’animale. E invece per questo centurione no! Tiene molto al suo servo, c’è un legame affettivo, gli riconosce dignità, gli è caro; tanto che per lui si umilia davanti ad un giudeo – un popolo inferiore – perché possa guarirlo. E in più – come dicevo – questo servo è in una casa pagana, un ambiente che per gli ebrei è impuro.
Per questo è sorprendente la risposta di Gesù, che dice: “Verrò e lo guarirò”. Gesù non si fa nessun problema di purità perché deve incontrare una persona.
Gesù non è contaminabile; con lui funziona al contrario: la sua santità è contagiosa; ciò che lui tocca, o dove lui entra, diventa puro. Gli ambienti non lo possano contaminare; è lui che contamina gli ambienti, le persone, facendole diventare pure. Gesù, accogliendo, risana! Ecco quindi una caratteristica di Gesù che sottolineerei: non si fa nessun problema rituale/religioso.
Ma è il centurione che si fa il problema; come dicesse: «Guarda Gesù, io non voglio che tu abbia dei problemi con i tuoi correligionari. So bene che già non hai una buona reputazione; se poi vieni anche a casa mia, sei finito, e ti considereranno impuro. Per questo, non ti preoccupare: io credo, so fermamente che il Dio che tu servi è grande, e attraverso di te può agire anche a distanza!». Gesù resta meravigliato della sua fede; è come se gli rispondesse: «E chi ti ha detto questo? Come fai a saperlo? Certo, è così… ma tu come fai a saperlo? Come mai credi questo?».
Come se Gesù si rendesse conto che dentro il cuore del centurione già parla Dio, il Padre, lo Spirito del Padre; Gesù riconosce questa sintonia! Volendo leggere il pensiero di Gesù: «Questo pagano ha veramente fede nel Padre e in me! Crede quello che dovrebbero credere i miei fratelli giudei, e non lo credono!».
Così Gesù afferma: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!»; unita ad una umiltà, disponibilità, cura, apertura e accoglienza così grandi! E allora «Io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco, Giacobbe nel regno dei cieli, [sta dicendo questo proprio nella città dove passa la grande autostrada “internazionale”, quasi a dire: le genti, di cui la Galilea è piena, entreranno nel Regno] mentre i figli (“legittimi”) del regno, saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti»; cioè quelli che dicono: «Noi abbiamo diritto al Regno, siamo figli del Regno», resteranno fuori. Cacciati fuori… ma da loro stessi si cacceranno fuori, perché non accettano questa apertura: loro vogliono la chiusura del Regno di Dio ai non-giudei; aperto solo per alcuni, per gli eletti. Questa chiusura che loro pretendono chiuderà fuori loro stessi, perché nel Regno di Dio può entrare soltanto chi vuole l’apertura, l’accoglienza; altrimenti non si entra! Il Regno di Dio è fatto così…
“E Gesù disse al centurione: ‘Va’, avvenga per te come hai creduto‘. In quell’istante il suo servo fu guarito”. Gesù allora, alla fine non entra nella casa del centurione; ma non ce n’è più bisogno: è come se ci fosse già andato. Guarisce il servo rispettando la fede di questo centurione, per come l’ha appena dimostrata, dicendo: «Tu puoi fare questo da lontano».
Gesù lo conferma in questa fede; ha riguardo del rispetto che il centurione ha nei suoi confronti. Come dicesse: «Ammiro e apprezzo tantissimo quello che mi hai detto e voglio ascoltarti: non vengo nella tua casa. Non perché ho paura di diventare impuro; ma perché rispetto la tua fede e la confermo. Così guarisco il tuo servo come mi hai chiesto: da lontano».
Riprendo alcuni punti che possono essere utili per chi vuole rileggere questo brano nella sua preghiera personale.
Il termine frontiera è diverso da confine. La parola confine indica dove il mio territorio finisce, e non mi importa cosa ci sia di là; è il luogo dove finisce la mia terra. La frontiera (stare fronte a fronte, volto a volto), è quando io mi metto di fronte ad un’altro, diverso, che non appartiene alla mia stirpe, al mio popolo; che non è secondo la mia tradizione, le mie credenze, la mia cultura. È un altro a cui mi metto di fronte; è un atteggiamento di
dialogo.
Diversità, distinzione, sì certo; ma dialogo: lo guardo. Ho alle spalle il centro della mia identità, che è così certa che non ho bisogno di averla sempre sotto gli occhi,
così posso guardare l’altro. Chi invece ragiona per confini, muri, si mette alle spalle
dell’altro e guarda il centro della sua identità… forse perché non ne è così sicuro, deve ancora conoscerla. È proprio una condizione diversa. Galilea delle genti, vuol dire che è rivolta alle genti, è terra di frontiera, le guarda e si mette in dialogo, come il galileo Gesù.
Gesù è uomo di frontiera anche perché è Galileo. Si vede che agisce come un uomo di frontiera perché si mette in dialogo, ascolta; va oltre la diversità, che comunque
rispetta.
Accetta di andare a casa del centurione; non violenta ma accoglie la diversità; si mette in dialogo ed accoglie. E va a ciò che è fondamentale, genuinamente umano e
quindi autenticamente spirituale; a ciò che, al di là delle differenze, appartiene alla
comune umanità: il rispetto, l’accoglienza dell’umanità bisognosa.
Inoltre a partire dalla frontiera, Gesù annuncia il Regno, annuncia l’apertura,
l’accoglienza di Dio. Grazie a Gesù, la luce parte proprio dalla frontiera. La frontiera è il
luogo da cui la luce parte, non a cui la luce arriva; parte dalla Galilea delle genti, parte
dalla frontiera…
La Galilea è terra di frontiera, lontana dal centro: Gerusalemme; sta ai margini.
Lontana dalla purezza della fede, a contatto coi pagani. Secondo alcuni un Galileo non poteva essere profeta, perché i profeti dovevano avere una fede pura, come ce l’ha chi viene dalla Giudea, da Gerusalemme, custode della fede.
* La trascrizione di questo testo, rivisto dall’autore, conserva lo stile “discorsivo” tenuto al ritiro.
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