Reverendi Padri sinodali sono un giovane cristiano LGBT e vi voglio parlare di me
Lettera aperta ai Padri Sinodali di Roberto, un giovane cristiano LGBT
Reverendissimi vescovi e cardinali, mi chiamo Roberto, ho 29 anni e provengo da un piccolo paese della provincia di Palermo, costituito da solo 7.000 abitanti. Sono qui a raccontare la mia storia. Ho vissuto nella mia comunità parrocchiale, servendo attivamente la mia comunità: ho fatto parte dell’Azione Cattolica della Diocesi di Monreale, del Rinnovamento nello Spirito, sono stato nominato come educatore e realizzavo spettacoli artistici per animare la Parrocchia.
Dopo alcuni anni ho preso sempre più consapevolezza di ciò che ero, il mio essere interiore volgeva lo sguardo alle persone del mio stesso sesso. Il mio padre spirituale mi ha seguito passo passo non mostrando giudizio anzi rispettando il mio essere. Purtroppo il contesto sociale omofobo non aiutava a sentirmi libero, sentivo dentro di me che non ero come tutti gli altri e il pregiudizio delle persone impediva la comunicazione autentica.
In famiglia, la conoscenza della mia sessualità è stata un percorso lungo e travagliato, tutt’ora non c’è un accettazione totale anche a causa di una lettura fondamentalista delle Scritture e per la mancanza di informazioni corrette. Perché la Chiesa non aiuta questi genitori a comprendere i loro figli alla luce del Vangelo dell’amore?
Molti giovani fuggono dalla Chiesa per un mancato riconoscimento della loro vita e perché non vedono un supporto della Chiesa nell’aiutare le famiglie ad affrontare il coming out dei figli. Sono stato costretto a fuggire via dal mio piccolo paese per realizzarmi sia nella vita lavorativa che affettiva. Il mio paese non cerca di aiutare e supportare giovani che nutrono tale difficoltà, non vogliono prendere una posizione per paura di essere tacciati, manca il confronto.
Non vi è un aiuto, anzi il silenzio o la fuga sono gli unici strumenti attuabili. Le frasi che mi sentivo dire erano sempre le stesse: “la gente parla“, “la gente non capirebbe“, “è contro-natura“, “Dio ha creato Adamo ed Eva“. Vedo negli occhi dei miei coetanei costretti a rimanere lì, tanta rabbia e insofferenza, tanta paura di essere giudicati o non accettati.
Nel 2014 ho conosciuto il mio attuale fidanzato Fabio, che ha stravolto la mia vita. Dopo un anno siamo andati a vivere insieme. Ci prendiamo cura l’uno dell’altro, ci completiamo a vicenda nei pregi e nei difetti, in una parola ci amiamo con le difficoltà che ogni coppia può incontrare ma senza perdere la speranza e la fede. Ci definiamo una famiglia. Non ci sentiamo giudicati da Dio, ci ha creati così, non siamo un “errore” della natura, non siamo una “sconfitta per l’umanità” e non ci sentiamo “contro natura”: siamo tutti creati a immagine e somiglianza di Dio. L’amore omo-affettivo è un amore tale e quale a tutti gli altri. Come tutti i cristiani, anche noi preghiamo, ed abbiamo fatto nostro l’insegnamento di Papa Francesco, che un giorno rivelò alle coppie di fidanzati un “nuovo” PADRE NOSTRO, quando disse di ripetere: “…dacci oggi il nostro AMORE quotidiano…“.
Da quel momento è diventata la nostra preghiera prima di andare a dormire, rasserenando i nostri cuori e trovando pace. Attraverso Fabio, ho incontrato poi il gruppo ALI D’AQUILA (Cristiani Lgbt di Palermo). Grazie a loro, ho conosciuto persone provenienti da diverse realtà, chiese, associazioni, unite nell’amore di Cristo verso l’accoglienza del prossimo, senza discriminazioni. Ho riscoperto una nuova ed allargata famiglia. Con loro abbiamo realizzato le Veglie di Preghiera per il Superamento dell’Omofobia e della Transfobia, che si ripetono ogni anno a Palermo.
Da qualche anno viviamo a Milano e anche qui siamo rispettati e amati per quello che siamo. Nonostante le difficoltà incontrate, non abbiamo mai perso la fede, anzi questa ci è stata di aiuto nei momenti di difficoltà. Attivamente collaboriamo con associazioni LGBT Cristiane presenti nel territorio, abbiamo conosciuto Il Guado, L’Albero di Zaccheo e altre realtà aggregative che danno una mano a tanti giovani e meno giovani a vivere con serenità il loro rapporto tra la loro fede e l’omosessualità. Insieme ad altri, abbiamo costituito il circolo territoriale lombardo dell’associazione nazionale Cammini di Speranza, che vuole essere un ponte di dialogo tra la Chiesa e le persone LGBT.
Gesù ha accolto tutti, indistintamente. Non esistono Cristiani di Serie A o Cristiani di Serie B. Vorrei una Chiesa pronta all’ascolto e al confronto, senza condannare. Vorrei maggiore attenzione alle diversità anziché rinnegarle con le campagne “anti-gender“. Vorrei poter entrare nella mia Chiesa a testa alta, senza chinare il capo dinanzi al giudizio della gente, ma chinando il capo solo dinanzi a Dio.
Spero che il Sinodo possa dar voce a tutte le problematiche dei giovani senza alcuna esclusione, che la mia storia possa essere uno spunto di riflessione, un esempio di vita quotidiana, di normalità e di semplici cristiani. Grazie dell’ascolto.
Roberto