Paolo, la lettera ai Romani e la questione dell’omosessualità, ieri come oggi
Riflessioni bibliche* pubblicate sul sito Would Jesus Discriminate? (Stati Uniti), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
In questi versetti (Romani 1:18-29) Paolo condanna gli adoratori di idoli e coloro che odiano Dio. Secondo Paolo, questi “odiatori di Dio” vivono il sesso omosessuale solo come un modo di cercare nuove emozioni o nel culto religioso. Chiaramente non sta parlando delle persone omosessuali di oggi, che sono nate così e che amano Dio e vogliono onorarlo vivendo con integrità la loro identità.
Prima di approfondire questo passo della lettera ai Romani, sarà utile fare una breve pausa per ricordarci di certe regole basilari e di buon senso per capire e interpretare il linguaggio umano. Forse sarà di aiuto tracciare un’analogia con i tredici anni di esperienza di Jeff come avvocato.
Quando la Corte Suprema (o qualsiasi altra corte) emana una decisione scritta, la prima domanda di ogni buon avvocato è: “Qual è la tenuta di questo caso?”. Il termine “tenuta” si riferisce alla regola stabilita dalla decisione della corte. Una volta data una risposta a questa domanda, sappiamo cosa il caso significhi, giusto?
Sbagliato! Ogni buon avvocato sa che terminare l’analisi dopo aver capito la regola che la Corte ha stabilito costituirebbe negligenza grave. C’è una fondamentale questione nel prosieguo che deve essere chiarita: “Quali sono i fatti del caso?”.
La seconda questione è essenziale perché giudici e avvocati hanno imparato per esperienza che non si può davvero capire una regola senza capire il contesto in cui è stata fatta. Perciò, uno dei primi principii che vengono inculcati nella testa di ogni studente di giurisprudenza è che i principii giudiziari si limitano ai fatti di causa. In altre parole, non si può prendere una norma emanata da un giudice in un contesto e applicarla automaticamente ad un differente insieme di fatti. Prima di farlo, i fatti in entrambi i casi devono essere esaminati attentamente per determinare se siano abbastanza simili per poter applicare la stessa norma.
Questa metodologia non è valida unicamente per gli avvocati: si basa sul senso comune e sul modo con cui usiamo il linguaggio nel flusso e riflusso ordinario della vita. Per esempio, supponete che una coppia sposata stia parlando e che la moglie dica al marito: “Non toccarmi”. Ha annunciato una “regola”. Ora, supponete che qualcuno scriva questa dichiarazione e ce la mostri, dicendo: “Queste sono le sue esatte parole”. Adesso abbiamo davanti a noi le parole della moglie, nero su bianco,e questo è tutto quello di cui abbiamo bisogno per interpretare con precisione il significato della sua affermazione, giusto?
Sbagliato! Prima di conoscere il contesto in cui ha fatto quest’affermazione, c’è la possibilità che quello che ha detto sarà completamente frainteso e applicato erroneamente. Per esempio, se la donna ha fatto quest’affermazione nel contesto di un rabbioso incontro con il marito durante un brusco divorzio, allora la sua affermazione può essere giustamente interpretata come un ammonimento a suo marito che non la deve più toccare, in nessuna circostanza. D’altra parte, se ha detto questa cosa quando era felicemente sposata, ma mentre stava a letto malata, con la febbre la pelle irritata, la sua affermazione ha un significato radicalmente differente.
Questo semplice esempio ci ricorda un principio molto importante: se vogliamo interpretare accuratamente affermazioni dette o scritte, dobbiamo studiare attentamente il contesto in cui sono state fatte. Altrimenti potremmo fraintendere completamente ciò che si intendeva.
Teologi di ogni fazione (anche i più fondamentalisti) hanno seguito a lungo questa regola quando hanno interpretato affermazioni trovate nella Bibbia. Come i predicatori battisti fondamentalisti e i professori di Jeff erano soliti dire più e più volte “un testo preso fuori dal contesto è pretesto”.
Siamo abituati ad applicare questo principio in molti contesti biblici. Per esempio, nel primo capitolo della prima lettera ai Corinzi Paolo dice che le donne dovrebbero indossare un velo mentre pregano. Dice anche che dovrebbero portare i capelli lunghi. Qui ci sono due regole piuttosto semplici del Nuovo Testamento. Come dovremmo interpretarle?
Alcuni cristiani hanno tentato di interpretarle senza alcun riferimento al contesto culturale in cui parlava l’apostolo Paolo: così, chiedono alle loro donne di indossare cappelli in chiesa (un moderno tipo di velo) e chiedono loro anche di tenere i capelli lunghi fino alle spalle o anche di più.
Ma altri, che hanno studiato il contesto di questo passaggio, ci dicono che ai tempi di Paolo solo le prostitute portavano i capelli corti e apparivano in pubblico senza velo. Se questo è vero, allora il significato apparente della norma di Paolo cambia radicalmente, da regola assoluta a regola che aveva lo scopo di affrontare un problema unico per la cultura del tempo – le donne che portavano i capelli corti o apparivano senza velo in pubblico potevano essere facilmente scambiate per prostitute. Oggi, anche i cristiani più conservatori non chiedono che le loro donne indossino copricapi o tengano i capelli lunghi: hanno assunto questa posizione anche se le parole della Bibbia dicono esplicitamente che le donne lo dovrebbero fare. Si astengono dall’imporre queste condizioni perché capiscono che il significato delle parole è determinato in gran parte dal contesto in cui sono state pronunciate.
Mentre torniamo alla lettera ai Romani, vi chiediamo semplicemente di applicare questo stesso approccio consacrato dal tempo e dal senso comune.
1 Romani può sembrare scoraggiante ad un primo approccio perché è scritto in uno stile retorico a cui la maggior parte dei lettori moderni non è abituato. A Paolo, l’autore della lettera, vennero insegnati i classici greci e la letteratura ebraica e il suo stile può essere oscuro per chi tra noi ama piace leggere Dear Abby e USA Today [una rubrica e una rivista di intrattenimento, n.d.t.]. Il passaggio pertinente suona come segue nella Bibbia di Gerusalemme/CEI:
“In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Ugualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori” (Romani 1:18-29).
Anche se può sembrare sorprendente, riteniamo che questo sia il più facile da interpretare dei passi. Questo perché Paolo, nel suo stile classicheggiante, spiega a fondo i presupposti di fatto e le ragioni dietro la condanna del comportamento qui descritto. Questo rende facile per noi rispondere alla domanda: questo passo si applica a persone intrinsecamente attratte dallo stesso loro sesso che vivono una relazione amorevole e fedele?
Se seguiamo il testo passo dopo passo, vediamo che Paolo si sta muovendo in una progressione logica. Sta parlando di persone che:
1. Rifiutano di riconoscere e glorificare Dio. (v. 21)
2. Hanno iniziato ad adorare idoli (immagini di cose create, piuttosto che il Creatore). (v. 23)
3. Sono più interessate a occupazioni terrene che alla ricerca spirituale. (v. 25)
4. Si sono allontanate dalla loro naturale, vale a dire innata, passione per il sesso opposto per una ricerca illimitata per piacere. (v. 26-27)
5. Vivono vite piene di cupidigia, malizia, invidia, lotte, calunnie, mancanza di rispetto per i genitori, di orgoglio e di odio verso Dio. (V. 29-31)
Il modello di comportamento omosessuale che Paolo analizza qui è esplicitamente associato al culto degli idoli (probabilmente alla prostituzione sacra) e con persone che, in una ricerca sfrenata del piacere (o a causa dei rituali religiosi associati alla loro idolatria), si sono distaccati dal loro orientamento sessuale naturale, partecipando a sesso promiscuo con ogni persona disponibile.
Ci sono senza dubbio persone che fanno sesso omosessuale per ragioni simili a quelle di 1 Romani. Se qualcuno inizia con un chiaro orientamento eterosessuale, ma ha rifiutato Dio e ha iniziato a sperimentare il sesso omosessuale semplicemente come un modo per provare una nuova serie di piaceri, allora il passo può applicarsi a quella persona. Ma questa non è l’esperienza della maggior parte dei gay, delle lesbiche e dei bisessuali. Consideriamo la storia di Tyler:
Fin da quando Tyler era ancora un ragazzo, il suo desiderio era fare la volontà di Dio. Era stato cresciuto da genitori missionari e all’età di cinque anni si rese conto del suo bisogno di Dio e pregò Gesù di entrare nel suo cuore. Non sapeva esattamente cosa questo significasse, ma cercava sempre di vivere una vita che glorificasse Dio. Al liceo i suoi amici pensavano fosse diverso a causa della sua fede in Dio e gli insegnamenti della sua Chiesa non gli permettevano di bere e ballare. Quando una ragazza gli chiese di andare al ballo scolastico, lui lo fece ma volle che iniziassero l’appuntamento con una preghiera insieme. Diversamente dalle persone condannate in Romani 1, Tyler ha riconosciuto, glorificato, e adorato Dio. Per lui la ricerca spirituale è stata molto più importante dei piaceri terreni.
Comunque, nel periodo in cui Tyler decise di andare in un college cristiano, stava già provando sentimenti di attrazione verso gli uomini e sapeva di non essere attratto dalle donne. Credeva che questi sentimenti fossero sbagliati, così soppresse la sua attrazione naturale e disse a se stesso di voler essere asessuale. Quando alla fine riconobbe la sua attrazione per gli uomini durante il suo quarto anno di college, non fu nel corso di una ricerca di piacere sessuale senza limiti o nel contesto di riti di un culto pagano: fu durante una notte di intensa preghiera, mentre si stava chiedendo se avrebbe dovuto cercare di perseguire un rapporto con un’amica di sesso femminile. Durante la preghiera Tyler fu fortemente colpito dal fatto che aveva bisogno, invece, di affrontare la sua attrazione innata verso gli uomini.
Per Tyler, figlio di missionari cristiani, la prima reazione è stata quella di chiedere consiglio spirituale. Andò immediatamente da un professore di cui aveva fiducia e presto iniziò una terapia con uno dei facilitatori del college. Per molti anni seguenti continuò a rimanere casto mentre lottava con le Scritture e gli insegnamenti della sua Chiesa, cercando di trovare il modo per vivere come gay. Cercò di vivere sempre una vita priva di cupidigia, malizia, invidia, lotte e orgoglio. Anche quando arrivò alla conclusione che le Scritture lo definivano come un individuo con un’omosessualità innata, il rispetto per l’insegnamento dei suoi genitori e il suo amore per Dio lo convinsero a rimanere vergine finché non conobbe suo marito, Rob.
La storia di Jeff è simile. E conosciamo migliaia di altri gay che potrebbero raccontare storie di sforzi contro la loro attrazione omosessuale mentre servivano diligentemente Dio. Questi non sono idolatri, gente che odia Dio, non di meno sono state attratte fin dalla giovinezza da persone del loro stesso sesso. Sono omosessuali di natura.
Paolo semplicemente non affronta il nostro modello di rapporti omosessuali stabili e amorevoli tra persone credenti. Forse è giusto chiedersi “Se Paolo avesse conosciuto persone veramente omosessuali e se fosse stato consapevole di relazioni gay amorevoli e stabili tra persone credenti e devote, avrebbe disapprovato lo stesso?”. Tuttavia, qualsiasi risposta potremmo inventarci, sarebbe solo una speculazione fantasiosa perché il fatto è che Paolo non ha affrontato questo problema nella sua lettera ai Romani. Stava richiamando un diverso insieme di fatti e, sotto la guida dello Spirito Santo, ha dato un giudizio applicabile a tali fatti. Dobbiamo guardare ad altri passi delle Scritture per una risposta alla nostra domanda.
* I brani biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
Testo originale: Idol Worship and Rejection of God (Romans 1:21-28)