Papa Francesco: abbiamo ancora un anno per maturare
Articolo di Iacopo Scaramuzzi pubblicato su Vatican Inside del 18 ottobre 2014
“Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare, a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie”.
Papa Francesco ha preso la parola a conclusione del sinodo straordinario sulla famiglia, dopo la votazione sulla relazione finale che non ha registrato i due terzi su tre paragrafi -chiave (ndr. sui divorziati e le persone omosessuali), ed ha pronunciato un discorso – seguito da una standing ovation di cinque minuti – nel quale ha puntualizzato che la Chiesa ha le “porte spalancate” ai bisognosi, “non solo ai giusti”, essa non è “in litigio” con “una parte contro l’altra”, egli stesso ne garantisce l’unità e nessuno ha mai messo in discussione la indissolubilità o la procreatività del matrimonio.
La “relatio synodi”, ha sottolineato Jorge Mario Bergoglio, è il “riassunto fedele e chiaro di tutto quello che e stato detto e discusso in questa aula e nei circoli minori” dall’inizio del sinodo, il 5 ottobre, ad oggi. Il testo, come già preannunciato verrà presentato alle conferenze episcopali di tutto il mondo come “Lineamenta”, ossia documento di base per il sinodo ordinario dell’ottobre del 2015.
“Potrei dire serenamente che – con uno spirito di collegialità e di sinodalità – abbiamo vissuto davvero un’esperienza di sinodo, un percorso solidale, un ‘cammino insieme’”, ha detto Bergoglio dopo aver ringraziato tutti. “Ed essendo stato un cammino, come ogni cammino ci sono stati dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la meta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore. Ci sono stati momenti di profonda consolazione ascoltando la testimonianza dei pastori veri che portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli”.
Con tipico linguaggio spirituale gesuitico, Papa Francesco ha detto che, nel corso delle due settimane, “con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni”, che ha poi elencato: la “tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio”, ossia la tentazione “degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi” dei tempi di Gesù e, oggi, dei “tradizionalisti” e anche degli “intellettualisti”; poi la “tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle, che tratta i sintomi e non le cause e le radici”, e la tentazione “dei cosiddetti progressisti e liberalismi”; la “tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente” e quella di “trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati”; la tentazione di “scendere dalla croce, per accontentare la gente”, quella di “trascurare il depositum fidei, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni” o, dall’altra parte, “la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente” con “bizantinismi”.
“Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti”, ha detto ancora Bergoglio, “se tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa e quietista pace” e invece ci sono stati “discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia”, senza peraltro “mettere mai in discussione le verità fondamentali del sacramento del matrimonio: l’indissolubilità, l’unita, la fedeltà e la procreatività”.
La Chiesa “non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani”, ha detto il Papa, ha “le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti”, “non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo”.
In questo senso, non è vero che la Chiesa è “in litigio dove una parte e contro l’altra”, come hanno detto “tanti commentatori, o gente che parla”.
Il sinodo “si svolge cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa e garanzia per tutti”, ha ribadito il Papa, che ha poi aggiunto: “Parliamo un po’ del Papa, adesso, in rapporto con i vescovi… Dunque, il compito del Papa e quello di garantire l’unita della Chiesa, e quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere e nutrire il gregge” e “le pecorelle smarrite”.
Dopo aver lungamente citato un’udienza generale di Benedetto XVI del 26 maggio 2010 sul “servizio” della Chiesa, il Papa, ha detto, “non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore” e “il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa”.