Papa Francesco l’ha fatto ancora! Dov’è il problema se parla delle persone omosessuali
Articolo di Michael Sean Winters* pubblicato sul sito del settimanale National Catholic Reporter il 27 giugno 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Papa Francesco l’ha fatto ancora! Come riportato dal settimanale National Catholic Reporter dal mio collega Josh McElwee, sul volo di ritorno dall’Armenia, al Santo Padre venne chiesto un parere sui commenti fatti dal cardinal Reinhard Marx riguardo al fatto che la Chiesa dovrebbe scusarsi con gli omosessuali per averli emarginati così tanto. Ecco il resoconto di McElwee sulla risposta del papa:
“La Chiesa deve chiedere perdono per non essersi comportata bene molte volte – troppe. “Credo che la Chiesa non dovrebbe solo chiedere perdono… ai gay che ha offeso” ha detto il papa. “Ma credo debba farlo anche con i poveri, le donne maltrattate e i bambini costretti al lavoro minorile”. “Quando dico la Chiesa intendo i cristiani” ha chiarito Francesco. “La Chiesa è santa. Siamo noi i peccatori”.
Quando diciamo che papa Francesco l’ha fatto ancora, cosa significa precisamente? Papa Francesco non ha fatto altro che esprimere un sentimento onesto e decoroso, e che in nessun modo contraddice gli insegnamenti della Chiesa. Infatti, come ha detto l’arcivescovo di Chicago Blase Cupich la scorsa settimana in un’intervista postata su America, in risposta a chi criticava le sue dichiarazioni di solidarietà con la comunità LGBT dopo la sparatoria di Orlando:
‘Sapete’, ha continuato, ‘trent’anni fa la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato un documento che dichiara deplorevole che alcune persone omosessuali siano state e siano oggetto di violenza, di fatto o a parole e che… questo modo di trattarle merita la condanna dei pastori della Chiesa ogni volta che ce ne sia bisogno; così credo sia importante, in questo momento, alzare la mia voce, perché è ciò che la Chiesa ci chiede di fare in questo momento, e ce lo chiede da più di trent’anni’.
Quindi, i commenti di papa Francesco non sono degni di nota, o, per lo meno, non dovrebbero esserlo. Ha detto che la Chiesa avrebbe dovuto chiedere perdono ai gay e alle altre persone che, lungo i secoli, ha emarginato, cosa in cui la essa non è stata sola, ma in cui ha mancato all’alto profilo cui è chiamata dal Signore Gesù. Quindi, perché questa confusione? La confusione deriva in larga parte dal fatto che mentre le parole del papa non dovrebbero essere tanto strane, in realtà lo sono.
I commenti di Francesco sono in stridente contrasto con quelli che appiccicano un sacco di aggettivi alla dignità, e anche all’umanità delle persone omosessuali. Pochi, almeno tra il clero cattolico di questo paese, sta affermando la dignità de gay, punto. Più tardi ci sarà il tempo di discutere l’insegnamento della Chiesa sui corretti fini dell’atto sessuale. Di solito, anche quelli che capiscono che la Chiesa ha bisogno di sviluppare un simile attteggiamento nonstante un’inadeguata teologia sull’omosessualità, si nascondono dietri i “ma”, i “d’altra parte” i “non di meno”. Papa Francesco non ha mai pronunciato parole simili.
In secondo luogo, i commenti del papa sono in contrasto con la riluttanza di molti vescovi, anche buoni vescovi, che no hanno mai usato le parole “gay” o “lesbica” perché, se le dicessero, si renderebbero complici di una certa fantasiosa “agenda gay ” per promuovere l’ideologia del gender. Preferiscono la perifrasi, piuttosto goffa, di “persone che fanno esperienza dell’attrazione per il proprio genere”.
Dicono che chiamare gay qualcuno, lo riduce alla sua sola sessualità, sebbene non sia così: sarebbe come se qualcuno che si riferisce al cardinal O’Malley come irlandese, riducesse la sua personalità al suo background etnico. Il papa, e non per la prima volta, ha usato i termini “gay” e “persone gay”. E non è stato incenerito da un fulmine. Riferirsi alle persone nel modo in cui esse stesse si definiscono è un segno di rispetto e, in questo caso, evitando le parole “gay” e “lesbica”, si concentra l’attenzione sul fatto che le gerarchie così facendo, sono imbarazzati oltremisura quando parlano di questi argomenti… e di questi figli di Dio.
Terzo, certamente i commenti del papa lo distinguono da quanti provano realmente astio nei confronti di gay e lesbiche. Una cosa è chiara: alcuni commentatori sono stati colpiti dal linguaggio forte usato da certi vescovi in occasione della decisione della Corte Suprema di invalidare il programma DAPA per gli immigrati (una disposizione che aiuta gli immigrati clandestini che però soddisfino determinati requisiti).
Ma il loro linguaggio non ha niente a che spartire con quello, molto istrionico, usato in occasione della legalizzazione, sempre da parte della Corte Suprema, dei matrimoni gay. E, per essere chiari, il caso DAPA, porta con sé un vero pericolo per il matrimonio, dal momento che un marito privo di documenti potrebbe essere espulso, mentre alla moglie, che li ha, sarebbe permesso rimanere.
Il motivo per cui la risposta al caso dei matrimoni gay è stata così travolgente è…? E temo che qualunque paura o odio sentano le alte gerarchie nei confronti della comunità gay, come del killer di Orlando, sia rafforzata dal disprezzo di sé dei molti che si oppongono a spada tratta a qualunque approccio rispettoso di tale comunità. Forse si tratta di una coincidenza che le voci più alte che si levano contro la comunità gay siano quelle che arrivano da quei prelati più inclini ad abbigliarsi con pizzi e seta come permette la messa tradizionale in latino. O forse no.
I cattolici conservatori sono caduti in una sorta di frenesia da quando il papa, due settimane fa, ha detto che molti matrimoni non sono validi, perché le persone che li hanno contratti non capiscono, come invece fa la Chiesa, che questo legame è per l’eternità. Quelli che pensano che la maggior parte dei 20/30enni capiscano cosa intende la Chiesa con “per sempre”, dovrebbe passare un po’ più di tempo con loro. Sicuramente ci sono eccezioni ma sono, appunto, eccezioni.
Negli ultimi due anni, la folla anti-LGBT presente nella Chiesa è sempre piena di disappunto perché la loro campagna per la libertà religiosa è zeppa di ansie sessuali: ne ho scritto in proposito di recente quando la Conferenza Episcopale Statunitense ha fatto pressione per licenziare Tony Spence, editorialista universalmente rispettato del Catholic News Service, per aver twittato sul suo account privato facendo delle domande sulla legge del North Carolina, apparentemente sulla libertà religiosa, ma che di fatto permette la discriminazione delle persone LGBT. Vi ricorderete, qualche hanno fa, di quando l’arcivescovo Charles Chaput, ora a Denver, ha proibito ai figli di genitori omosessuali di frequentare scuole cattoliche. Perché battezzare un bambino per poi negargli un’educazione cattolica? Non si può fare. Ma è stato fatto, e parte della ragione di ciò è da ricercarsi nell’ossessione e nella paura delle lesbiche e dei gay cattolici.
È praticamente impossibile esagerare il grado al quale l’ossessione giansenistica su questioni di carattere sessuale ha distorto la predicazione del vangelo, specialmente qui, negli Stati Uniti. Si può licenziare gente, inquinare l’ambiente, farne di cotte e di crude, ma fin tanto che ci si oppone a “coloro che sperimentano un’attrazione verso il proprio sesso” si è ritenuti ortodossi.
Papa Francesco non ha fatto nulla di ciò. Come ho notato prima, egli è un vecchio gesuita, e i vecchi gesuiti sfidano i giansenisti. Possa Dio benedire e mantenere in salute il Santo Padre, cosicché il vangelo sia predicato in tutta la sua interezza, e nella sua vera libertà.
* Michael Sean Winters è professore alla Catholic University’s Institute for Policy Research and Catholic Studies.
Testo originale: Pope Francis does it again!