Papa Francesco: “L’omosessualità non è un crimine”
Riflessioni di Massimo Battaglio
Oh come si sbracciano i mangiapreti di professione, nel sottolineare che il Papa, sì, ha detto che l’omosessualità non è un crimine ma… Sì perché poi ha aggiunto “sì, è peccato” e quella aggiunta basta a qualificarlo come ondivago, omofobo, reazionario, niente di nuovo rispetto a Ratzinger.
Contestualizziamo.
Papa Francesco, in un discorso pubbico, un’udienza del mercoledì, ha preso nette posizioni contro i Paesi che ancora oggi criminalizzano l’omosessualità. E ha bacchettato i vescovi che non protestano, anzi, avallano questo stato di cose (e, sotto sotto, lo desiderano).
Poi, per anticipare le repliche che sapeva gli sarebbero arrivate, ha aggiunto: “sì, è peccato. Va bene, ma prima distinguiamo tra peccato e crimine. È peccato anche mancare di carità gli uni verso gli altri”.
E, per essere ancora più chiaro, ha ribadito: “E’ peccato quello dei vescovi che sostengono leggi che criminalizzano l’omosessualità” o discriminano la comunità LGBT+. “Questi vescovi devono fare un processo di conversione”. Dovrebbero avere “tenerezza, come Dio ha per ciascuno di noi”.
Dunque, prevale di gran lunga la prima affermazione: l’omosessualità non è un crimine. Ed è una novità. Sì perché a me consta che proprio Ratzinger, in un testo del 1992, avesse messo nero su bianco l’esatto contrario, e cioè che sbagliano quegli Stati che promulgano leggi a favore delle persone lgbt. Il discorso di papa Francesco fa chiaramente intendere che quelle dichiarazioni sono da considerarsi superate.
Ok ma, dirà qualcuno, c’è il rovescio della medaglia: quel “sì, è peccato“, diferito nemmeno agli atti omosessuali ma all’omosessualità stessa. Eravamo abituati a credere che almeno l’orientamento sessuale in sè non fosse peccaminoso. Calma. Ancora Ratzinger, nella dichiarazione “De pastorali personarum homosexualium cura“, scriveva:
“Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata”.
A me pare ben più grave perché significa che, se non è peccato, è peggio. E’ cioè un presupposto al peccato, una sorta di serpente tentatore che si accovaccia ai nostri piedi e sussurra: mangia, mangia. E poi, sinceramente, quell’ “oggettivamente disordinata” non si può sentire; è persino cacofonico. Come direbbe un mio amico, è una cazzata.
Teniamoci strette le parole di Bergoglio, con tutti i suoi piccoli strafalcioni, le mancate chiarezze, gli ondeggiamenti. Ciò che interessa è la condanna esplicita e netta alle leggi che discriminano e, per estensione, alle mancate leggi che proteggono (tipo ddl Zan, tanto per essere chiari). Questo è ciò che importa: che i cristiani si impegnino politicamente per abbattere i muri e costuire ponti.
Quanto ai peccati: il più grave è la mancanza di carità, di amore. Peccano sicuramente di più i vescovi che discriminano, che le persone omosessuali che si amano. Ma soprattutto, è una questione che riguarda le nostre coscienze, non la vita civile e sociale.
Vorrei invece provare ad analizzare l’espressione “l’omosessualità non è un crimine” allargando lo sguardo a cosa sta succedendo nel mondo.
Le scuse della Chiesa anglicana
E’ di pochi giorni fa una dichiarazione dei vescovi d’Inghilterra, indirizzata alle comunità LGBT+, in cui si chiede perdono per gli atteggiamenti di esclusione praticati nei confronti degli omosessuali in passato.
Dopo aver diffuso, nei giorni scorsi, un prontuario di preghiere che potranno essere usate per benedire unioni omosessuali, per ringraziare per le stesse, il 20 gennaio scorso hanno dichiarato formale di chiedere perdono per gli atteggiamenti di esclusione praticati storicamente nei confronti degli omosessuali e hanno definito “vergognosa” l’omofobia del passato.
Noi omosessuali cattolici, ci aspettiamo da tempo un’analogo atto da parte della nostra Chiesa. Auspichiamo che le parole di papa Francesco – l’omosessualità non è un crimine – vadano in questa direzione.
Superare il macigno del Catechismo
Da sempre, papa Bergoglio sta cercando di far capire che il Catechismo, ultimo documento magistrale che continua a condannare fermamente – e grossolanamente – le persone omosessuali, va preso cum grano sali. Non è un testo sacro; non è una sorta di Costituzione dei cristiani; non è imperfettibile. E’ un aiuto ai credenti. Se diventa un ostacolo alla fede – e all’amore – va rivisto.
L’ultimo gesto, oltre alle tante parole, in cui il Papa ha mostrato le proprie idee sul Catechismo, è stato domenica scorsa a S. Pietro. Nella celebrazione della messa della “Giornata della Parola di Dio”, egli ha “ordinato” tre lettori e sette catechisti provenienti da vari Paesi del mondo. Ai primi, ha consegnato una Bibbia. Agli altri non ha consegnato una copia del Catechismo (come era stato fatto in passato) ma un piccolo crocifisso.
Se i simboli liturgici non sono casuali, il significato di questo piccolo gesto è fragoroso. Vuol dire che, tra il libro delle Scritture e quello del CCC, c’è un abisso. E che il catechista non è tenuto a presentare quest’ultimo libro come fosse quell’altro, ma a parlare della salvezza che viene da quel Gesù crocifisso che noi sappiamo risorto. Il che è cosa ben diversa.
Sono piccoli segni ma vanno anche nella nostra direzione: l’omosessualità non è un crimine.