Papa Francesco reintegra nel ministero sacerdotale James Alison, famoso prete e teologo gay
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 29 settembre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Papa Francesco ha telefonato a un famoso teologo gay sospeso dal servizio sacerdotale, in parte, a causa della sua opera con le persone LGBTQ, e gli ha concesso il “potere delle chiavi”, espressione che indica la sua riammissione a tutti gli effetti al sacerdozio.
Francesco ha telefonato due anni fa a padre James Alison, che solo ieri [28 settembre] ha raccontato la sua storia al [settimanale cattolico britannico] Tablet, che comunque già era stata riportata, senza fare il nome dell’interessato, nel libro Sodoma di Frédéric Martel.
Padre Alison comincia raccontando la sua sospensione dal servizio sacerdotale da parte della Congregazione vaticana per il Clero negli anni ‘90: “[…] Venni costretto a non esercitare più il mio ministero, e mi fu proibito di insegnare, di predicare e di dire messa. Fu una decisione senza appello. Anche se già immaginavo la burocrazia vaticana come qualcosa di kafkiano, fu uno shock essere implicato in un processo in cui non era necessario informare il colpevole delle accuse mosse contro di lui, in cui non era permesso farsi difendere e la sentenza non aveva bisogno di essere firmata”.
La maggior parte dei vescovi e delle altre personalità cattoliche non era disposta a difenderlo; alcuni non volevano nemmeno essere visti assieme a lui. A
dopo, un vescovo suo amico disse di voler chiedere un’udienza privata a papa Francesco per perorare la causa di padre Alison. Continua il teologo: “Diciotto mesi dopo, al vescovo fu concessa l’udienza privata, e lui portò con sé una mia lettera in cui mi appellavo alla Congregazione, pur sapendo che la decisione era inappellabile. La lettera sottolineava il fatto che il mio processo peccava smaccatamente di quel ‘curialismo autoreferenziale’ così spesso criticato da Francesco, e che io avevo fatto esattamente ciò che lui invita pubblicamente a fare: evangelizzare nelle periferie esistenziali, causando turbamento nel mondo. Nella lettera gli aprii la mia coscienza, dicendo che non riuscivo a conciliare ciò che lui dice in pubblico con il documento scritto in latino e mandatomi a suo nome; gli proposi di considerarlo nullo, e di continuare come prima.
“Chiesi a Francesco di regolarizzare la mia posizione, se possibile, e non come favore personale, ma come parte di un processo di apertura verso le persone LGBT, perché possano parlare, predicare ed evangelizzare in prima persona, senza più essere additate da lontano da sacerdoti insinceri”.
Il caso di Alison è venuto a conoscenza del Papa nel maggio 2017, un momento che il teologo considera molto importante per la sua vicenda, ma ne sarebbe venuto uno ancora più significativo: “Poi arrivò la telefonata: era domenica 2 luglio 2017, erano circa le 3 del pomeriggio. ‘Soy el Papa Francisco’; ‘¿en serio?’; ‘No, en broma hijo’ (‘Sono papa Francesco; Sul serio? No figliolo, sto solo scherzando’). Ma era lui, per via del suo accento argentino, ma soprattutto per il fatto che conosceva il contenuto della mia lettera, facendovi chiaramente riferimento mentre parlava; era quella la prova che non era la beffa crudele di un amico”.
“E poi disse questo: ‘Voglio che tu proceda con una profonda libertà interiore, seguendo lo Spirito di Gesù. E ti do il potere delle chiavi. Mi capisci? Ti do il potere delle chiavi’. Dissi di sì, ma ripensandoci ora, nella mia stupefazione facevo fatica a comprendere quel dono più grande di me. Continuammo a parlare e a scherzare, anche in modo piccante, su amici e conoscenze che abbiamo in comune. In sottofondo, un’opera lirica che mi sforzavo di identificare. Mi invitò caldamente alla discrezione, per non causare problemi ai buoni vescovi, poi terminò con ‘Prega per me. Leggerò il tuo dossier e ti farò sapere’”.
Quella telefonata è stata segno di “una straordinaria misericordia” per padre Alison, un segno che non riguarda solamente lui. Il Papa, a quanto sembra, “non ha ritenuto vincolante la sentenza della sua Congregazione” e “ha evidentemente trattato [padre Alison] come un sacerdote” dotato della giurisdizione universale di ascoltare le confessioni: “[Francesco] mi stava dando fiducia, mi invitava ad essere il sacerdote libero e responsabile che ho cercato di essere in tutti questi anni; per la prima volta nella mia vita all’interno della Chiesa un adulto mi trattava da adulto. Buon Dio! Solo il Papa sa comportarsi così […] Sono prete da trent’anni, e mi sento come se solo ora la mia ordinazione abbia un senso. In più ho ricevuto una libertà totale, e ora come eserciterò il mio ministero? Con chi, e per chi? Quali saranno le mie buone responsabilità, e verso chi sarò responsabile? Papa Francesco dice che questo è un cambiamento di epoca, più che un’epoca di cambiamenti. Che forma avrà il ministero [sacerdotale] in questa Chiesa che sta venendo alla luce? Quale sarà la forma e lo stile dell’insegnamento? Queste cose, grazie a Dio, oggi sono nell’aria, e non lo avrei mai immaginato nel 1988, quando ero un ragazzo spaventato e dalle idee tradizionali, prostrato di fronte a un vescovo su un freddo pavimento, pieno di sicurezze intellettuali, che sperava di trovare una qualche sicurezza emotiva; e invece eccomi qui, trent’anni dopo, a compiere, grazie allo Spirito Santo, un salto nell’età adulta”.
Francis DeBernardo, direttore esecutivo di New Ways Ministry, ha così commentato: “La restituzione al servizio sacerdotale di padre Alison è una grande benedizione per questo teologo, che anche in esilio ha servito fedelmente la Chiesa e la comunità LGBTQ. È un forte segno di apprezzamento verso i sacerdoti gay: nonostante ufficialmente il Vaticano li denigri, il Papa ha fatto un gesto pastorale di apprezzamento verso uno di loro. È un altro segno che mostra come papa Francesco stia cercando di modificare l’atteggiamento della Chiesa verso la comunità LGBTQ”.
Da molti anni padre Alison è un punto di riferimento per le persone LGBTQ cattoliche. Anch’egli ha criticato aspramente il clericalismo, e ha definito la presenza dei sacerdoti gay nella Chiesa “l’elefante in sacrestia”, e ha avuto parole di apprezzamento per il libro di Frédéric Martel.
La teologia di padre Alison, come anche le sue critiche alla Chiesa, sono particolarmente toccanti perché derivano da un pensiero e una autenticità profondi. Il gesto di papa Francesco, e il suo rispetto per il cammino di padre Alison, correggono una grande ingiustizia commessa dal Vaticano, e ci auguriamo che incoraggino tutti i cattolici a seguire la propria coscienza e ad eseguire l’opera a cui Dio li chiama, nonostante le condanne e le esclusioni della Gerarchia.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e di Bondings 2.0, un blog, aggiornato quotidianamente, che riporta notizie e opinioni dal mondo LGBT cattolico. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Pope Francis Phones Prominent Gay Theologian and Priest James Alison, Restores Him to Ministry