Papa Francesco “umanizza” il fine vita e mette ai margini i fondamentalisti
Riflessioni di Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa, del 17 novembre 2017
Il comodo silenzio della stampa sul disarmo nucleare. La stampa dedica oggi grande attenzione al discorso di papa Francesco sul fine vita. I due maggiori quotidiani aprono la prima pagina su di esso. E ciò va bene, è un intervento molto importante. Ma abbiamo un problema: come mai gli stessi giornali hanno completamente snobbato l’intervento del papa di venerdì scorso per il disarmo nucleare (ignorandolo del tutto il “Corriere” e collocandolo in una colonnina in quindicesima pagina “Repubblica” )? Eppure era un intervento altrettanto importante. Forse l’ostilità del nostro governo, sollecitata dalla Nato, al recente Trattato ONU contro le armi nucleari (e quindi, indirettamente, a questo discorso del papa ) ha fatto la differenza e ha tacitato la nostra grande stampa, sempre troppo timida quando si tratta di questioni che riguardano la sfera militare. Tanto per dire pane al pane e vino al vino.
Confermata la linea tradizionale della Chiesa
Ciò premesso, dobbiamo constatare che papa Francesco ha, sulla questione di fondo del fine vita, ribadito la linea tradizionale della Chiesa contenuta nel paragrafo 2278 del Catechismo della Chiesa cattolica del 1992, con il no all’accanimento terapeutico, con il sì alla responsabilità e alla libertà del malato oltre che con il no all’eutanasia. Ma perché questa sorpresa per il pronunciamento del papa? La attribuiamo al fatto che, nella situazione italiana, la posizione della Chiesa era stata abbandonata nei casi Welby ed Englaro come conseguenza della linea fondamentalista del Card. Ruini e poi del Card. Bagnasco. “Noi Siamo Chiesa” a suo tempo, ha denunciato ripetutamente con forza questa deriva che tanto male ha fatto alla credibilità della Chiesa nel nostro paese. Ma papa Francesco dice altro perché non avvalla alcuna “campagna”, non parla di “principi o di valori non negoziabili”, tace sulla nutrizione e sulla idratazione forzate (non dichiarandole quindi obbligatorie), spiazzando l’ala oltranzista del mondo cattolico che della questione del fine vita ha fatto il pilastro centrale di una propria “identità” contro il “laicismo libertario” . Anzi- scrive oggi Alberto Melloni su “Repubblica”- per papa Francesco il “non proporre davanti alla modernità tecnologica una sterile mitragliata di condanne” potrebbe essere una nuova occasione per l’evangelizzazione.
Il non facile discernimento nelle situazioni concrete
Ci sono allora le condizioni per il ragionamento di verità dei migliori nostri moralisti e teologi che papa Francesco fa suo integralmente. Emerge dalle sue parole la piena consapevolezza di trovarsi in una fase di passaggio a causa dei progressi della medicina che esige un “supplemento di saggezza” e di pazienza prima di dire troppo e, magari, di dire male. Emerge l’ottica pastorale del papa che prende atto della difficoltà di capire e di decidere in molte situazioni estreme e che propone l’attenzione alla situazione concreta del paziente, considerandone il bene integrale. Egli dice “Occorre un attento discernimento, che consideri l’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano.” “Non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale” e via di questo passo. Si tratta di capire che l’amore per la vita deve anche significare l’umanizzazione del fine vita. Di qui il suo ragionamento sulla “prossimità responsabile” nei confronti del malato, sulle cure palliative, contro “il morire più angoscioso e sofferto, ossia quello del dolore e della solitudine”. Francesco propone una visione serena della morte, umana e cristiana.
L’ineguaglianza terapeutica ignorata dalla stampa
Ci sorprende il silenzio stampa sul brano del discorso dove si parla di ineguaglianza terapeutica che è fondata sulla constatazione dei tanti trattamenti sanitari di fatto riservati a fasce ristrette di persone e di popolazioni. L’ottica di Francesco è a tutto campo, è planetaria ed è intrecciata con la sua consueta preoccupazione per gli “ultimi”, per lo “scarto”. Questa ineguaglianza –egli dice- “è ben visibile a livello globale, soprattutto comparando i diversi continenti. Ma è presente anche all’interno dei Paesi più ricchi, dove l’accesso alle cure rischia di dipendere più dalla disponibilità economica delle persone che dalle effettive esigenze di cura”. Non si poteva dire niente di più incisivo ed efficace.
Basta con la guerra di religione sul testamento biologico
Anche se il brano finale del discorso ha un orizzonte globale esso deve essere valutato con intelligenza all’interno della contingenza politica del nostro paese. Quando Francesco parla di soluzioni condivise tenendo “conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza” ci sembra di ascoltare le posizioni con le quali i cattolici democratici hanno da sempre proposto di affrontare nello spazio pubblico i temi etici per “trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise”. Per essere concreti si può disinnescare il clima da guerra di religione sul fine vita, che sarebbe malamente usato nella prossima campagna elettorale, approvando subito, dopo dieci anni di polemiche identitarie ed ideologiche, la legge sul testamento biologico ferma in Senato?