A nome delle “voci mancanti”. Pooya Mohseni e la sua via all’attivismo trans
Articolo pubblicato sul sito Smart Gay Life, 15 luglio 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’attrice trans Pooya Mohseni, originaria dell’Iran ma residente a New York, non pensava di impegnarsi nell’attivismo trans. Quando The Advocate le dedicò un articolo “non credevo che avrebbe fatto tutto quel rumore”. L’articolo in questione, che parlava delle sue esperienze di donna trans e di immigrata iraniana, è stato apprezzato dai lettori di tutto il mondo e ha fornito a Pooya una rinnovata visibilità e un palco da cui parlare delle questioni che più le stanno a cuore, tra cui la questione trans.
Non sempre però Pooya si sente a proprio agio con la sua celebrità, che si estende ben oltre la comunità trans. Nella nostra conversazione a tutto campo, durata più di un’ora, ha espresso candidamente il suo timore di stare parlando solamente di se stessa: “Non voglio che vengano ripetute di continuo le stesse cose su di me, altrimenti è come se dicessi ‘Oh povera me, guardate quanto ho sofferto, guardate a cosa sono andata incontro’”. Preferisce usare la sua arte e il suo ruolo di attivista per parlare di discriminazione all’interno della comunità LGBT e raccontare storie di respiro universale sulle persone emarginate ed escluse.
L’attivismo trans: parlare a nome delle “voci mancanti”
Uno degli argomenti di cui abbiamo parlato è la sempre crescente presenza di persone transgender nel mondo dell’arte e dello spettacolo: un tema importante per Pooya, artista e attivista trans. Attrice e articolista, Pooya dice subito che esistono molte storie trans non ancora raccontate: “Mancano molte voci nella comunità trans. Al di fuori di celebrità come Caitlyn Jenner e Carmen Carrera, esistono un sacco di storie che meriterebbero di essere raccontate”. Pooya si sente nella singolare posizione di avere non solo l’opportunità, ma anche la responsabilità di raccontare storie che altrimenti rimarrebbero sconosciute.
L’attivismo le permette di parlare a nome di alcune di quelle voci mancanti: “Mi piace parlare di tematiche universali nella comunità trans. Essere cacciate, emarginate, la sensazione di essere delle intruse, il bisogno di nascondersi, frequentare persone non adatte pensando di non poter avere o di non meritare altro. Penso che l’arte e l’attivismo si muovano fianco a fianco. In un certo senso, racconto storie anche con il mio lavoro di attivista”.
Nella rubrica da lei tenuta sul sito teatrale Stage and Candor, Pooya ha l’opportunità di raccontare queste storie. Il suo primo articolo, intitolato Il privilegio di passare facilmente per donna, esamina appunto questo concetto all’interno della comunità trans ma non solo: “Non volevo parlare solamente dell’esperienza trans: volevo tracciare dei paralleli con altre comunità. Sono sempre gli stessi pregiudizi e la stessa rivendicazione di diritti, o la mancanza di diritti, che si tratti delle persone di colore, delle donne o di altri gruppi minoritari, tra i quali c’è la comunità trans”.
Il passare facilmente per donna ritorna spesso nella nostra conversazione ed è un tema importante per Pooya, che ha fatto il suo coming out come transgender nel giugno 2015, durante la rappresentazione di The Death of the Persian Prince (La morte del principe persiano): “Stavo lavorando su due progetti relativi al genere, ma mentre li approfondivo sentivo sempre che mancava qualcosa. Interpretavo dei personaggi che ce la mettevano tutta perché la loro verità venisse accettata, a gestire la propria identità e le sue ripercussioni sulla vita amorosa, sulla vita in generale e la loro incolumità. Sentivo di non essere abbastanza veritiera, non come avrei dovuto essere in quanto attrice che stava interpretando quei personaggi”.
Secondo Pooya il “passare facilmente per donna” può essere fonte di tensione nella comunità trans, in quanto molte delle discussioni attorno a questo tema riguardano le concezioni comunemente accettate sulla bellezza, la femminilità e il binarismo di genere: “Vorrei davvero in qualche modo tirare fuori l’esperienza trans da ogni stereotipo: la gente pensa che le donne trans siano questo e che debbano assomigliare a quest’altro. La gente mi dice ‘Non devi mica dire a tutti che sei trans, nessuno se ne accorge’. Ma proprio qui sta il punto! Non siamo tutte star del cinema, non tutte le persone trans hanno la possibilità di operarsi. Alla fine si parla più di come appari che di chi sei come persona”.
Dalla tragedia all’attivismo
L’articolo dell’Advocate parla a lungo delle tragedie che hanno segnato la sua vita, ma Pooya non vuole essere definita dalle esperienze negative di quando era più giovane: “Il valore di quell’articolo sta più nel trionfo che nella tragedia”. In poco più di un anno dal suo coming out, Pooya infatti ha sperimentato sia l’uno che l’altra. La visibilità seguita all’articolo le ha offerto nuove opportunità di raccontare la sua storia e di agire per una migliore rappresentazione della comunità trans, ma d’altra parte ha avuto un impatto negativo sul suo lavoro di massaggiatrice: “Ho fatto una ricerca con Google e ho visto che, in prima pagina, ci sono molti articoli sul mio coming out, l’articolo dell’Advocate, i video che ho postato e altre pagine dedicate al mio lavoro di attivista, che mettono in ombra la mia attività di massaggiatrice, e ho capito di aver perso diversi clienti a causa di ciò. Ora la mia attività si rivolge soprattutto al mio circolo di attori e attrici e alla comunità LGBT. Offro loro degli sconti ma mi sto rendendo conto che soffro di una certa transfobia”.
Eppure Pooya non dà segno di volersi fermare: nei prossimi mesi, infatti, sarà molto impegnata nei suoi ruoli di attrice e articolista: “Da quando sono uscita allo scoperto mi sono concentrata su qualcosa di molto personale, qualcosa per cui altre persone vogliono tessere progetti assieme a me. In collaborazione con altri sto scrivendo un film e una commedia e continuo a scrivere i miei articoli”.
Cosa riserva il futuro
Pooya si è dovuta adattare al suo nuovo ruolo di attivista trans, che le ha offerto moltissime nuove opportunità ma che la costringe anche a esplorare una comunità LGBT segnata da profonde divisioni sulle priorità da perseguire: “Esistono divisioni a cui raramente si pensa; ad esempio, non sapevo ci fossero persone ‘LGB’ che dichiarano ‘Noi crediamo che le dottrine della comunità trans siano per la maggior parte in contrasto con ciò che la comunità LGB cerca di ottenere; in qualche caso, anzi, sono in totale contraddizione’; inoltre, con la nostra transizione di solito cerchiamo di assimilarci nella società eteronormativa”.
Perfino all’interno della comunità trans esistono pregiudizi e conflitti ideologici da superare: “Alcune persone mi hanno attaccata per un mio articolo perché non gli andava giù che avessi scritto ‘Sono nata femmina in un corpo di maschietto’, ma non trovo altre parole per spiegare chi sono: con esse riconosco di essere sempre stata femmina e riconosco il corpo in cui sono nata. Era un corpo da maschietto, non era un corpo da femminuccia, per quanto non era quello che avrei voluto”.
Le tematiche del genere e della sessualità sono molto spesso spinose, ma Pooya sembra pronta a raccogliere queste sfide nei ruoli che ha assunto, negli articoli che scrive e nel suo atteggiamento di fronte alla vita: “So cosa significa essere emarginata, essere derisa. Spesso è più facile inveire contro il mondo che trovare l’equilibrio in te stessa, ma preferisco guardare in faccia la rabbia e ciò che mi è accaduto. La gente lo capisce e sa che accade a molte persone… sanno di non essere sole e che c’è sempre speranza”.
Testo originale: Trans Advocacy: You Need to Know Pooya Mohseni