Parliamo dei figli di genitori transessuali
Articolo di Maddalena Mosconi pubblicato sull’Huffington Post Italia il 10 febbraio 2013
Negli ultimi anni ho assistito a una crescente richiesta di aiuto da parte di uomini, non più giovani, che vivono una profonda crisi d’identità; in alcuni casi tale crisi si manifesta anche con un disagio rispetto alla propria identità di genere. Queste persone hanno rapporti eterosessuali alle spalle, matrimoni e figli. Si sentono confuse e disorientate perché provano piacere di vestirsi al femminile, ma non per avere rapporti sessuali, solo per stare in casa da soli oppure uscire con gli amici. Indossare dei collant, per esempio, li rasserena e li fa sentire meglio.
A volte dai racconti di vita emerge che queste persone, fin dall’infanzia, di nascosto indossavano i vestiti della madre o della sorella, sentivano più affinità con le ragazze e, in generale, con il mondo femminile. Con il passare degli anni però sentendo di non poter essere accettati, hanno cercato di reprimere tali vissuti e di adeguarsi agli stereotipi culturali che circolano sui concetti di mascolinità e femminilità.
Quante volte sono stata testimone di uomini che combattevano con se stessi pur di non far uscire le lacrime dai loro occhi? Avevano imparato fin da piccoli che “i maschi non devono piangere”. Attraverso il matrimonio e la costituzione di una famiglia hanno provato a “normalizzarsi”, a soffocare quel disagio e quel desiderio.
Con il passare degli anni però i nodi vengono al pettine, a un certo punto della loro vita il dolore soffocato esplode come un vulcano. La rabbia è l’energia che muove tutto, rabbia verso se stessi, perché non hanno avuto cura del loro vissuto e rabbia verso gli altri che non hanno saputo leggere il loro malessere. In un particolare momento della loro vita decidono di non voler fingere più, decidono che è arrivato il momento di trovare maggiore benessere.
Queste sono per noi operatori situazioni molto complesse poiché coinvolgono, in rari casi per fortuna, anche dei bambini/adolescenti generati prima della decisione di affrontare la problematica relativa all’identità di genere. Sono molto scarse le pubblicazioni scientifiche che si occupano delle famiglie in cui un genitore ha effettuato il percorso di adeguamento e la Riattribuzione Chirurgica di Sesso (RCS)(Grenn, 1978, Freedman, 2002); entrambe queste ricerche evidenziano che questi bambini non mostrano segni del Disturbo dell’Identità di Genere (DIG).
I genitori transessuali e i loro partner coniugali reagiscono con diverse modalità alla decisione del genitore con Disturbo dell’Identità di Genere di fare il percorso di adeguamento, ognuna di queste ha conseguenze/rischi diversi. I figli, in molti casi, devono confrontarsi con le difficoltà legate sia al percorso di adeguamento del padre/madre e sia con la separazione/divorzio dei genitori.
Oltre alla tipica rabbia che comunemente si genera nelle procedure di divorzio, il percorso progettato dal transessuale suscita nell’altro coniuge sentimenti ancora più intensi di abbandono, di rifiuto e di tradimento. Alcuni partner coniugali di transessuali arrivano a interrompere i contatti tra il genitore transessuale e il figlio. In questi casi, i bambini e i genitori transessuali soffrono per questa perdita improvvisa e i bambini sono privati della continuità dell’esperienza di avere due genitori. Inoltre la relazione del bambino con il genitore non transessuale che lo ha in cura può diventare tesa come conseguenza della segretezza che circonda la perdita di contatti con l’altro genitore.
Quando il genitore transessuale rimane accanto al proprio figlio possono svilupparsi difficoltà sociali e discriminazione, da parte del gruppo di pari, quando questi vengono a sapere del percorso di adeguamento del genitore; pensate ai commenti dei genitori dei compagni di scuola di un bambino quando il padre, che sta facendo il percorso di adeguamento, lo va a prendere a scuola.
Per le difficoltà implicate in queste situazioni è sempre molto importante che queste famiglie siano seguite attraverso un sostegno psicologico. E’ necessario far comprendere chiaramente al bambino e agli altri membri della famiglia che il Disturbo dell’Identità di Genere non è il risultato di una scelta cosciente, altrimenti il percorso di adeguamento del genitore può essere considerato come una decisione egoistica, incurante delle necessità degli altri membri della famiglia.
I bambini traggono beneficio dal sapere che quando il loro genitore aveva la loro età attuale, era già infelice riguardo al suo genere; poiché il bambino non è infelice per il suo, questo lo rassicura sul fatto che anche in seguito non gli accadrà ciò che è successo al genitore.
Domenico Di Ceglie che collabora con la “Tavistock and Portman Clinic” di Londra, a seguito della vasta esperienza su queste situazioni, osserva che “il modo in cui il processo di cambiamento di sesso viene gestito dal genitore, il modo in cui viene influenzata la relazione coniugale, gli atteggiamenti della rete familiare e il livello di sostegno offerto, il modo in cui l’ambiente sociale considera i problemi d’identità di genere, come anche la vulnerabilità di ciascun bambino, sono tutte variabili che influenzeranno lo sviluppo psicologico dei bambini”.
I contributi teorici sono fondamentali, allo stesso tempo l’esperienza più significativa è quella fatta dalle parole delle persone che seguiamo. Una figlia disse al proprio genitore transessuale: “Mamma, sono orgogliosa di te perché vuoi essere te stessa anche se è difficile”.