Passeggiare nel libro aperto della Natura
Riflessioni di Giacomo Tessaro, volontario del Progetto Gionata, pubblicate sul blog An.Ev.In.Ti. il 21 dicembre 2017
Da qualche tempo ho cominciato a camminare in alcune frazioni del territorio in cui vivo. In precedenza, da cinque anni a questa parte, ho camminato molto (intendo, sempre nel territorio in cui vivo, tralasciando i miei viaggi) ma sempre sullo stesso tragitto, sulle orme della comunità metodista che entra ed esce ad intermittenza nella mia vita: il tragitto mi ha portato infinite volte nel Comune limitrofo, prima a casa di una delle sorelle della comunità, poi eventualmente, se qualcuno non mi portava in auto, fino alla chiesa, luogo d’incontro e di culto della piccolissima comunità, e in questo prolungamento il cammino quasi si raddoppiava di passi e di minuti. Ho cominciato questo percorso quasi per caso, quando ho ricominciato a frequentare la comunità, che prima però raggiungevo in automobile: avendola nel frattempo persa, quando ho sentito molto forte il bisogno di tornare al culto non ho fatto molti calcoli di convenienza: pur sapendo quanto fosse distante la chiesetta (saranno almeno 7 kilometri da casa mia) non ho esitato un attimo, quel pomeriggio di gennaio, a percorrere il tragitto a piedi, imbacuccato (ma meno male che amo il freddo e detesto l’estate) e felice per la comunità ritrovata; il mio unico cruccio è che probabilmente sarei arrivato in ritardo, visto che non sono molto capace di calcolare i tempi (calcolare mi confonde la mente e mi fa fare solo pasticci), ma quel giorno i miei calcoli erano giusti al pelo e arrivai giusto in tempo per il culto. Venni accolto con gioia e un po’ di stupore (anche se avevo annunciato la mia venuta), e il resto è la storia dei miei successivi tre anni e mezzo: due ore giuste di cammino almeno una volta alla settimana per andare a trovare Ofelia (una all’andata e una al ritorno), la sorella anziana della comunità che più mi si è affezionata, e spesso altri tre quarti d’ora per raggiungere la chiesetta, diciamo una volta al mese (perché spesso, come ho detto, qualcuno mi portava in macchina). Ora continuano le mie visite ad Ofelia, pur non frequentando più la chiesetta, ma è subentrata una certa stanchezza di quel percorso, che ora faccio perlopiù in autobus.
Temevo che questo cambiamento avrebbe influito sul pochissimo esercizio fisico che faccio, ed effettivamente per un certo periodo ho camminato pochissimo, ma ultimamente ho ripreso a camminare con una certa lena, trovando nuovi percorsi e nuovi stimoli, com’è giusto. Il mio allontanamento dalla comunità valdese e metodista mi ha certamente chiuso in me stesso, reso ancora più solipsista di prima, però mi ha fatto scoprire (o piuttosto recuperare da un fondo dell’anima, probabilmente comune al genere umano tutto) nuovi sentieri e nuove sensibilità spirituali; nuovi per me, ovviamente, dato che nuovi non sono affatto, bensì vecchi come il mondo, più vecchi ancora del genere umano. Il mio avvicinamento alla sensibilità neopagana mi ha fatto scoprire una spiritualità della Natura che non avevo prima d’allora mai “assaggiato”, io che sono capace di rimanere 12 ore di fila e anche più davanti a un computer, o seduto in poltrona, comunque al caldo confortevole di una stanza da letto, per quanto sporca e disordinata. Qualche giorno fa un’amica mi ha detto che, più approfondirò la conoscenza e l’intimità con la Natura, più essa mi cambierà e mi renderà migliore, donandomi numerosi benefici. Alla scuola della Natura credo di essere arrivato più o meno al secondo anno dell’asilo: le mie ultime passeggiate stanno tentando di ristabilire (o di stabilire quasi dal nulla) il mio legame con la Natura, ma i miei primi passi sono molto timidi e le mie conoscenze di animali, piante etc. estremamente limitate. Il fatto di vivere praticamente in campagna è un forte incentivo, ma al pensiero, forse non del tutto balzano, di dover gestire in futuro degli animali, un orto etc. (tutte cose lontanissime dal mio presente ma che potrebbero appunto far parte del mio futuro, delle alternative percorribili) ancora mi spaventa molto, pur essendo conscio che sarebbe la Via maestra per entrare veramente in contatto con la Natura e imparare da lei. Per ora sto leggendo molto a tema, cercando nel contempo di osservare il più possibile stagioni, animali, piante, alture, prati. Forse il mio vecchio sogno di abitare in una grande città lo dovrò abbandonare, ma non tanto questo mi spaventa, quanto la mancanza di vere radici campagnole, contadine.
Che fare? Per ora, semplicemente camminare, osservare, studiare, tentando di cambiare l’unica realtà che posso davvero modificare: me stesso. Nelle strade sporche di ghiaccio dell’inverno, nella lingua di una pecora che ti dà il benvenuto, nella chiesetta in cima a una collina, nella casa isolata con l’orto e il cane stanno certamente molti segreti, che fino a poco tempo fa nemmeno immaginavo. Anche questo è cammino, e dei più esaltanti.