Nella chiesa cattolica l’accoglienza delle persone LGBT cambia col codice postale
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 31 agosto 2017, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Frank Bruni, editorialista del New York Times, ha offerto un’interessante osservazione in un suo articolo intitolato “The Worst (and Best) Places to Be Gay in America“, pubblicato nell’edizione di domenica del New York Times. Nel suo articolo notava come l’uguaglianza delle persone LGBT varia parecchio tra i cinquanta Stati degli Stati Uniti, ed affermava:
“Non c’è niente in America, un paese sempre più diviso in due fronti, di definibile come ‘vita gay’. Una cosa simile è presente in realtá essenzialmente progressiste come New York, il Maryland, l’Oregon e la California, che vietano anche i viaggi ai loro dipendenti in Stati ritenuti indebitamente discriminatori verso le persone LGBT. Mentre la vita gay pubblica è assente in una lunga lista nera di Stati che include Texas, Kansas, Mississipi e South Dakota.
“Ci sono profonde differenze tra gli Stati – e tra le diverse città dello stesso Stato – e, anche se questo è sempre stato vero, lo è diventato ancor di più con l’amministrazione Trump, decisamente meno favorevole alle persone LGBT di quanto lo fosse quella Obama”.
Bruni, che è gay, nel prosieguo del suo articolo, riflette sulle realtá locali e scrive:
“Siamo in balia del nostro codice postale: spesso le vite di lesbiche, gay, bisessuali e transgender sono influenzate più dal proprio comune di residenza che dal proprio Stato… Spesso le nostre città e i nostri Stati ci impongono come e quando possiamo essere noi stessi al lavoro, se possiamo comprare le nostre torte nuziali, costituire delle famiglie gay e anche come morire”.
Cos’ha a che fare tutto questo con il mondo delle problematiche dei cattolici LGBT? Penso che l’analisi della sfera politica e pubblica di Bruni rifletta in modo accurato anche quella ecclesiale. In altre parole credo che i cattolici LGBT subiscano molto di più il modo di pensare e di porsi della propria Chiesa locale, su orientamento sessuale e identità di genere, di quanto siano influenzati dalle stesse dichiarazioni da parte degli alti prelati della Chiesa cattolica.
In altre parole, quello che più importa ai cattolici LGBT non è quello che dice o fa la gerarchia, ma quello che dicono o fanno il loro prete e i loro parrochiani.
Quando il Papa o qualche vescovo dicono qualcosa di offensivo o deleterio su persone o argomenti LGBT, questo crea certamente una ferita. Ma come ho sentito di volta in volta dai cattolici LGBT – la cui fede e la cui resistenza sono incredibilmente forti – la mancanza di rispetto della gerarchia ecclesiastica non dà loro motivo di lasciare la propria parrocchia. Invece una sottolineatura offensiva da parte del loro parroco, dei loro catechisti o anche dei parrocchiani può indurli irrimediabilmente ad andare via.
Vale anche il contrario. Sarebbe grandioso sentire papa Francesco accogliere le persone LGBT, ma quel che tocca veramente il cuore di un cristiano LGbT è quando il proprio parroco gli chiede di far parte del consiglio pastorale parrocchiale, perché vuole che le prospettive queer siano ascoltate mentre la parrocchia sviluppa un nuovo programma.
Come tutte le politiche di inclusione sono locali, così lo sono tutte le azioni pastorali.
In tutti gli anni in cui sono stato coinvolto nella pastorale cattolica LGBT, la domanda che più frequente mi è stata posta dai giornalisti, o da chi non era coinvolto nella comunità LGBT, è :”Perché una persona LGBT sta nella Chiesa cattolica?“. Se avessi avuto un centesimo per ogni volta che mi è stato chiesto l’associazione New Ways Ministry, di cui faccio parte, avrebbe fondi per l’eternitá!
La convinzione dietro questa domanda è che la Chiesa cattolica sia un luogo che opprime i gay. Ma l’analisi di Bruni, sul mondo politico, credo valga anche per il mondo cattolico, tutto dipende da dove si vive e si prega.
Questo rende più urgente creare e far conoscere parrocchie cattoliche gay-friendly dove le persone LGBT possano fare esperienza di accoglienza. L’associazione New Ways Ministry ha promosso e aiutato l’apertura delle comunità cattoliche, fin dalla sua creazione quarant’anni fa, ed è eccitante vedere la crescita vibrante di queste comunità cattoliche inclusive in tutti gli Stati Uniti, ed anche in tutto il mondo.
* La serie di articoli intitolati “All Are Welcome“, pubblicati sul blog Bondings 2.0 dell’associazione New Ways Ministry, racconta il cammino delle parrocchie cattoliche in cui c’è una pastorale LGBT ed offrono anche consigli e risorse alle parrocchie cattoliche che vogliono iniziare a sviluppare ulteriormente questo tipo di ministero. Non resta che leggerli.
Testo originale: All Politics Is Local. So Is LGBT Pastoral Care