Pastorale LGBT in Italia, dall’estraneità all’accoglienza
Articolo di Innocenzo Pontillo, volontario del Progetto Gionata*, pubblicato su Adista Segni Nuovi n° 14 del 21 aprile 2018
“Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?” (Relatio post disceptationem, parte III, n. 50, 13 ottobre 2014). Queste domande, che tanto fecero discutere i padri sinodali, poi scomparse dai documenti finali del Sinodo sulla famiglia, paradossalmente oggi sono quanto mai attuali.
L’esortazione sul tema contenuta nell’Amoris Laetitia, seppur ridotta a una manciata di righe, chiedendo un “rispettoso accompagnamento delle famiglie” con figli omosessuali affinché “possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita“ AL, n. 250), sta ponendo alla Chiesa una richiesta reale di accompagnamento di questa realtà, da tempo dimenticata dalla pastorale ordinaria “che si trova normalmente impreparata o presa alla sprovvista di fronte alla presenza di una persona omosessuale: nei gruppi giovani, nelle associazioni, nei movimenti” (Cfr. Valter Danna, Fede e omosessualità. Assistenza pastorale e accompagnamento spirituale, Effatà 2009, p. 26.).
La necessità di dar vita a nuovi percorsi ha mandato definitivamente in crisi quelle esperienze pastorali “ingessate” presenti nelle diocesi di Parma e Cremona, volte a creare uno spazio “separato” in cui tenere le persone omosessuali. Ben diverso il cammino della Diocesi di Torino dove don Gian Luca Carrega, incaricato diocesano per l’accompagnamento dei cristiani omosessuali, sulla scorta di quanto già si fa nelle diocesi francesi, ha cominciato a realizzare una serie di ritiri spirituali e di formazione diocesana specificatamente destinati alle persone omosessuali e ai loro familiari. Esperienze che hanno avuto notevole attenzione nel mondo ecclesiale nazionale, ma anche critiche feroci da parte di quei settori più tradizionali della chiesa.
Di diverso taglio le recentissime esperienze avviate sul tema nella diocesi di Lucca e in quella di Civitavecchia. La prima è nata in seguito all’incontro di mons. Italo Castellani, arcivescovo di Lucca, con un gruppo di cristiani omosessuali che lo hanno sollecitato a iniziare un cammino che fosse “un’occasione di confronto, conoscenza e comunione” reciproca e che, il 19 gennaio 2018, è stato presentato ufficialmente a tutta la comunità diocesana.
Invece nella diocesi di Civitavecchia-Tarquinia il Vescovo monsignor Luigi Marrucci, dopo aver ascoltato la storia di grande “sofferenza per l’incomprensione della Chiesa” di una famiglia cattolica con una figlia lesbica (Cfr Repubblica, 15 gennaio 2018), ha voluto inserire quei genitori nell’équipe diocesana della pastorale familiare, con l’incarico di seguire le famiglie con figli omosessuali, affinché possano sempre trovare nella chiesa locale un ascolto ed una accoglienza reale.
Inoltre, è notizia di poche settimane fa, che anche la Diocesi di Milano ha deciso di iniziare un cammino pastorale su questo tema, seppur rivolto più alla formazione dei presbiteri e delle diverse realtà diocesane.
Certamente non sono molte le diocesi italiane che sino ad oggi hanno voluto affrontare questo tema, invece è stata molto più feconda la pastorale che è iniziata in numerose parrocchie italiane, spesso con l’assenso del vescovo locale o comunque senza la sua opposizione. Questo ha fatto sì che diversi gruppi di cristiani omosessuali, insieme ai loro genitori, siano stati accolti in numerose comunità parrocchiali come è accaduto a Bologna, Firenze, Roma, Milano, Padova, Palermo, Reggio Emilia, Catania ed in tante altre realtà.
Un incontro reciproco che col tempo ha fatto piazza pulita dei tanti pregiudizi che, purtroppo, ancora albergano nella nostra Chiesa. Ricorda un parrocchiano che, prima dell’incontro con un gruppo di cristiani omosessuali, nella mia parrocchia “in tanti mi hanno confessato che la loro idea degli omosessuali corrispondeva alle sfilate del Gay Pride. Poi hanno avuto modo di capire che non era così. Del resto, è vero che si teme ciò che non si conosce”.
Oggi sono proprio le parrocchie a svolgere un importante ruolo di ponte nel dialogo tra la gerarchia e le persone omosessuali, prendendosi cura spiritualmente e umanamente di chi, altrimenti, non avrebbe alcun posto nella chiesa.
Nell’incontro pubblico col cardinale di Firenze, che ha avuto luogo il 23 febbraio 2018 nella parrocchia di S. Andrea in Percussina, alcuni cristiani omosessuali del gruppo Kairos hanno ricordato come il cammino “del nostro gruppo di cristiani omosessuali all’inizio avvenne nel deserto e quel deserto era purtroppo la diocesi di Firenze. Poi incontrammo don Andrea, pastore che “ha l’odore delle pecore” e la sua parrocchia è stata per noi “un ospedale da campo dopo una battaglia”, ma molto prima che arrivasse Papa Francesco!”.
Quale impatto hanno avuto in questo cammino le sollecitazioni di Papa Francesco ce lo fa capire chiaramente la risposta data, nel settembre 2018, dal Consiglio pastorale della parrocchia fiorentina di S. Antonio al Romito alla richiesta di accoglienza del gruppo Kairos, a cui ha risposto positivamente “perché così come parrocchia possiamo fare esperienza di quella chiesa dell’accoglienza e della misericordia, che Papa Francesco ci indica”.
Un ultimo tassello, ma non meno importante, è il cammino di accoglienza e di dialogo iniziato da numerose comunità di vita consacrata femminile che hanno scelto di ascoltare, accogliere e sostenere “alla luce del sole” le persone omosessuali e i loro genitori. A tal proposito scrive suor Fabrizia, della Comunità delle Suore Domenicane Unione S. Tommaso D’Aquino di Firenze, che “quando dieci anni fa il Gruppo Kairòs (cristiani omosessuali di Firenze) chiese alla nostra comunità ospitalità per un percorso biblico di lectio divina, ne fummo felici e ci parve di leggere in questa proposta una chiamata di Dio. Fu per noi l’invito ad “allargare la tenda” (Is 54) per fare sempre più l’esperienza di quello che la Chiesa, secondo una bella espressione di don Primo Mazzolari, dovrebbe essere: “focolare che non conosce assenze”, perché in essa ogni figlio/figlia di Dio, qualunque situazione viva, può sentirsi a casa. […] Oggi sogniamo che venga il giorno nel quale non sarà più necessaria una “pastorale per le persone omosessuali”, perché queste potranno trovarsi a proprio agio in ogni ambiente ecclesiale e incontrare il cuore di pastori che, lungi dal far da padroni della loro fede, saranno collaboratori della loro gioia (cf. 1Cor 1,24)”.
Questi diversi cammini sono davvero preziosi, per una chiesa che vuol rimparare a prendersi cura delle persone omosessuali. Cammini che saranno il cuore del prossimo Forum dei Cristiani LGBT (5-7 ottobre 2018), dove oltre 140 cristiani omosessuali con i loro genitori e gli operatori pastorali che li accompagnano, s’incontreranno per tre giorni per “condividere e confrontarsi insieme per essere sempre di più nelle chiese costruttori di ponti, proprio là dove c’è separazione o esclusione“. Ben consci che oggi la vera sfida posta alle nostre comunità cristiane è il passaggio dall’estraneità all’accoglienza di chi sentiamo straniero, perché Dio ama ogni uomo.
* Il Progetto Gionata è un progetto di volontariato culturale, nato nel Settembre 2007, volto a far “conoscere il cammino che i cristiani omosessuali fanno ogni giorno nelle loro comunità e nelle varie Chiese, affinché queste esperienze possano aiutare la società e le Chiese ad aprirsi alla comprensione e all’accoglienza”. Il Progetto Gionata cura da undici anni il sito informativo www.gionata.org, il forum di discussione Gabriel e partecipa a numerose iniziative di sensibilizzazione su questi temi (convegni, incontri, pubblicazioni, etc..).