Pastorale LGBT. Quando nella Chiesa “Camminando s’apre cammino”
Articolo di Carmine Taddeo pubblicato su Adista Segni Nuovi n° 24 del 29 giugno 2019, pp.10-11
«Tutte le diversità vocazionali si raccolgono nell’unica e universale chiamata alla santità, che in fondo non può essere altro che il compimento di quell’appello alla gioia dell’amore che risuona nel cuore di ogni giovane» (Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui Giovani, la Fede ed il Discernimento Vocazionale, n. 165).
Da quanto emerge dalla conclusione del Documento finale del Sinodo sui giovani, tutto richiama alla santità e alla via che deve portarci a realizzarla nella nostra vita. Ai vescovi riuniti in assemblea risulta quanto mai chiaro che ogni giovane, come parte integrante della Chiesa, è un tassello fondamentale per la realizzazione di uno spirito di comunione e di crescita verso un futuro che sembra porre in continuazione ostacoli, ma che va affrontato con coraggio e determinazione.
Il Documento prosegue affermando che la santità dei giovani dipende strettamente dalla Santità di chi li guida; in queste pagine leggiamo non solo la bellezza dei frutti che derivano da una presenza che si fa sentire e che rivendica una Chiesa trasparente e luminosa. Ma emerge anche la dolorosa costatazione che molti giovani rinunciano ben presto a far parte di questo mondo, perché giudicato mediocre, presuntuoso e corrotto (ibidem, n. 166).
Nella molteplice fioritura di giovani che restano nella Chiesa, o quantomeno ci provano, è degna di menzione l’esperienza dei cristiani LGBT. È bello poter condividere l’iniziativa dei tre giorni “Camminano s’apre cammino” portata avanti dall’associazione cristiana La Tenda di Gionata a Sestri Levante in Liguria nel weekend dal 31 maggio al 2 giugno.
In questa piccola città di mare della Liguria più di cento, tra giovani, genitori ed operatori pastorali hanno deciso di trascorrere tre giorni insieme per continuare il confronto che da anni è iniziato e che persegue un grande obiettivo: l’integrazione e il dialogo tra la Chiesa cattolica e le persone omosessuali. Il sole sembrava essere uscito proprio in quei giorni, dopo un intero mese trascorso dietro le nuvole con piogge incessanti.
Ognuno dei presenti è arrivato con la sua storia, con il suo bagaglio difficile da sopportare; ognuna dei partecipanti ha dovuto attraversare un deserto per poter essere lì e sorridere di fronte ad un tema complicato quale può essere quello di un coming out o di un percorso di fede personale a cui non si è disposti a rinunciare. Proprio per questo motivo, si è deciso di utilizzare un tema importante quale quello del cammino. Al pari di Israele che attraversa un deserto, così anche noi siamo in marcia per arrivare quanto meno a sfiorare i confini della Terra Promessa. Lo spunto di questi tre giorni insieme viene fuori proprio dal già citato Documento finale del Sinodo da cui ognuno di noi è stato chiamato a:
«Leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo» (ibidem, n. 150).
L’importanza di potersi riunire e fare esperienze come questa deriva innanzitutto dall’esigenza di fare rete e di conoscersi, di scoprire che ci sono realtà diverse che compiono un cammino simile, da Torino a Palermo e che camminando insieme si cresce davvero. L’uomo resta un essere profondamente relazionale, legato indissolubilmente all’altro nella sua vita quotidiana, nelle sue azioni e nei suoi pensieri. Ecco perché il cammino insieme è un elemento che abbiamo reputato fondamentale per descrivere la nostra situazione attuale. È innegabile che la strada sia lunga e che ognuno di noi abbia bisogno di una mano tesa davanti a sé per continuare.
Questa tre giorni ha, quindi, voluto strutturarsi avendo ben presente quale cammino, in senso metaforico, la comunità dei cristiani LGBT abbia intrapreso, dove sia arrivata e cosa si aspetta che accada. Il nostro passato ci ha portato dove siamo oggi, il presente ci consente di scegliere cosa fare ora per influenzare positivamente il nostro futuro.
Ma il cammino si deve fare anche concretamente, per questo i giovani che, come dice il Papa, devono abbandonare il divano per essere la gioventù delle scarpe, hanno camminato anche fisicamente, inoltrandosi nelle meraviglie della natura circostante. Essere comunità significa crescere insieme nella preghiera, nella missione che si condivide, ma anche nella fraternità.
I frutti di una esperienza come questa, cominciano a vedersi a partire dalle testimonianze che i partecipanti hanno scelto di condividere.
Luca da Milano scrive: «Il cammino è ancora lungo ma solo 20 anni fa tutto questo (inclusa la presenza dei genitori cattolici) sarebbe stato impensabile. Si torna a casa con un senso di pienezza e, nella fede, di gratitudine verso Colui che è vivo e presente in mezzo a noi».
Alberto e Laura, due genitori cattolici toscani con una figlia lesbica scrivono: «Mi sono sentito a casa. In questo spazio fatto di incontri e di emozioni, dimentico tensioni e preoccupazioni. Riesco ad intravedere il mio ruolo».
Per Claudio e Grazia, l’esperienza per noi genitori a “Camminando s’apre cammino” è stata una meraviglia. «Che sarebbe stato bellissimo reincontrarsi si poteva anche immaginare, ma tutte quelle sensazioni che poi ti rimangono dentro il cuore, tutti questi stati d’animo che ti fanno sentire i brividi, tutti queste confessioni e confidenze che ti fanno sentire tutti una sola famiglia; ma come si fa dare ad uno che non c’era, il senso profondo del nostro vissuto».
Essere stati lì insieme ha significato molto per tutti, davanti alle debolezze e alla stanchezza delle persone che si sono smarrite o che sono ad un bivio, come Edoardo, un giovane cristiano LGBT che scrive: «Sono arrivato a Sestri più umano che mai, con un gigantesco limite che m’impediva di scorgere il volere di Dio […]».
Sembra perfetto, sembra che i passi siano quelli giusti, che tutto stia andando per il verso giusto, eppure è ancora difficile essere omosessuale al giorno d’oggi. L’esigenza di riunirsi, di fare un break nel lungo cammino da cristiani LGBT serve per ricaricarci, per ricordarci chi siamo e cosa sentiamo come missione. Vuole essere un punto di ri-partenza per riscoprire la meraviglia di essere parte integrante di una famiglia e per scoprirsi sempre più amati da Dio.
In questa tre giorni madre e padri cristiani hanno abbracciato i figli, e figli hanno trovato genitori con cui confrontarsi in libertà. Non sempre questo è possibile. Gli operatori pastorali presenti hanno aperto un dialogo, hanno spalancato le porte, ci hanno permesso di entrare e di riflettere su quale sia il nostro ruolo nella Chiesa. E non sempre questo è possibile.
Esperienze come queste passano nella nostra vita come saette, come opportunità imperdibili.
Ricorda Lorenza, lesbica cristiana di Torino: «È stato un incontro meraviglioso per me, in quanto mi sono sentita accolta, come in una famiglia, una grande comunità di persone che non giudicano, ma ti ascoltano, ti sostengono, ti sono vicine nel momento di sofferenza, ma anche nel cammino per andare avanti e proseguire tutti i giorni».
Quindi si ritorna ora alla quotidianità con la carica e la certezza della forza che una comunità cristiana deve avere per camminare insieme e, anche se sparsi in tutta Italia e non solo, siamo certi di poter contare sempre sull’appoggio degli altri per continuare su questa strada insieme con le lacrime agli occhi, ma con un grande sorriso sulle labbra.
* Classe 1994, Carmine Taddeo è laureato in storia e filosofia ed è volontario dell’Associazione cristiana La Tenda di Gionata