Paura della vita? Sì, ma anche speranza. La storia del transgender Aidan
Testimonianza di Aidan A. Z.* pubblicata sul sito del quotidiano New York Times (Stati Uniti), liberamente tradotta da Laura
Quando ero bambino mi piaceva camminare sulle crepe del pavimento durante l’intervallo. Mi mantenevo in equilibrio precario su quelle linee sottili e quasi scarabocchiate come se fossi su una corda tesa. Sarei potuto cadere a destra o a sinistra in ogni momento.
Per molto tempo mi è sembrato che tutta la mia vita fosse così: barcollare costantemente sull’orlo, a rischio di cadere da un lato o dall’altro, in un mondo o nell’altro. Certo, mi sono reso conto presto che c’era qualcosa di strano in me. Non rientravo nei “contenitori” che la società cercava di impormi. Quando i miei genitori mi spiegavano come funzionava il corpo di una donna non ascoltavo perché sentivo che non mi riguardava.
Poi, quando ero alle superiori, sono arrivate le mestruazioni. Mi hanno lasciato scioccato e arrabbiato ma non sapevo perché le odiavo così tanto. Non avevo parole per descrivere quello che sentivo. Non avevo nessun quadro di riferimento perché i transgender non esistevano secondo la Chiesa Cattolica di quel tempo.
Odiavo il mio corpo e il modo in cui si sviluppava, ma sentivo che ero bloccato, intrappolato, incapace di esprimermi come me stesso. Poi sono andato al college e ho cominciato a sentire le storie delle persone. Più ascoltavo, più persone conoscevo, più il mio mondo si allargava. Sono venuto a sapere dell’esistenza delle persone transgender per la prima volta e ho capito che quella era la parola che arrivava più vicina a descrivermi. Ho provato a indossare vestiti più androgini, ma non riuscivo mai a nascondere abbastanza il mio corpo. Ho ricevuto minacce di morte; mi hanno definito uno scherzo della natura; mi hanno detto che cambiare il mio nome significava tradire la famiglia e Dio; mi hanno chiamato abominio; gli operatori sanitari hanno riso di me. Ho pensato più volte al suicidio.
In una buia settimana di aprile dell’anno scorso ho compiuto i primi atti di autolesionismo. Il desiderio di distruggere il mio corpo era fortissimo. Mi sono reso conto che non potevo continuare in quel modo, a vivere una vita a metà, essere vivo e morto nello stesso tempo, incapace di essere davvero me stesso. Ho passato tanto tempo della mia vita a incoraggiare gli altri a essere se stessi, a cercare di vivere una vita di amore. Non era forse il momento di dimostrare amore anche nei confronti di me stesso?
Sono andato avanti e ho cominciato un nuovo viaggio. Un viaggio in cui sono ho reso il mio corpo più autentico nei confronti di quello che sono e mi sono liberato delle catene dei ruoli di genere che la società ci impone. Ho paura? Sì. Ma anche speranza.
* Aidan A. Z. è scrittore di fantascienza e responsabile trattamento dati di Des Moines, Iowa.
Testo originale: Aidan A. Z.