Per i preti gay è giunto il momento di non nascondersi?
Articolo di Lisa Fullam* pubblicato sul sito commonwealmagazine.com (USA) il 16 dicembre 2016, liberamente tradotto da Luca B.
La Congregazione per il Clero ha promulgato un nuovo decreto esecutivo generale chiamato “Il dono della vocazione sacerdotale”, un documento che aggiorna e riassume il nuovo lavoro eseguito dopo la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis emendato nel 1985. Il nuovo documento mostra le migliorie apportate da papa Francesco:
«L’idea di fondo è che i Seminari possano formare discepoli missionari “innamorati” del Maestro, pastori “con l’odore delle pecore”, che vivano in mezzo a esse per servirle e portare loro la misericordia di Dio. Per questo è necessario che ogni sacerdote si senta sempre un discepolo in cammino, bisognoso costantemente di una formazione integrale, intesa come continua configurazione a Cristo.»
Vi è anche una moderazione dei toni del trionfalismo clericale di Giovanni Paolo II. Il documento cita la “Pastores dabo vobis” (n°16): “il sacerdote si pone non soltanto nella Chiesa ma anche di fronte alla Chiesa“, e due paragrafi dopo mette in guardia contro il clericalismo e la tentazione di “dominare” il gregge.
Quindi è possibile vedere un passo avanti in questo caso, eccezion fatta per l’omofobia. Il testo cita il documento del 2005 riguardante l’ammissione degli omosessuali in seminario:
«la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate» (199)
Padre Thomas Reese , gesuita, ha risposto prontamente: “L’idea che gli omosessuali non possano essere buoni sacerdoti è stupida, umiliante, ingiusta, e in contrasto con la realtà, conosco sacerdoti molto bravi che sono gay, e ho il sospetto che altri sacerdoti ancora più competenti che conosco lo siano”.
Questo messaggio è sicuramente chiaro e immediato. Ma successivamente conclude con un invito a svolgere una “rispettabile indagine” per determinare con maggior chiarezza la percentuale di sacerdoti omosessuali.
Non sono d’accordo. È pur vero che le stime sul numero di uomini omosessuali nel clero cattolico variano incredibilmente dal 15% (che pare molto basso) al 60% circa, (che pare invece troppo alto). Ciò renderebbe comunque la percentuale di preti gay da più di due a quasi dieci volte la percentuale di uomini gay nella popolazione in generale.
Ma la questione centrale non dovrebbe essere il numero di questi uomini che offrono il loro servizio come sacerdoti. Il problema dovrebbe essere che ciò che viene detto su di loro non è vero, e un sondaggio non può correggere una bugia. Ciò che è necessario per i preti gay è avere una loro Stonewall. Hanno bisogno di parlare di se stessi e i loro colleghi ordinati e non, hanno bisogno di stare con loro, hanno bisogno di uscire allo scoperto, o nulla cambierà. Ecco perché i moti di Stonewall contarono qualcosa:
Spesso definita come la “Rosa Parks**” della storia Gay, la ribellione di Stonewall ha aperto la strada ai futuri membri della comunità gay nel rifiutare il trattamento come cittadini di serie B, e pretendendo che la comunità Lgbt fosse considerata uguale agli occhi del governo e della società in generale, e ricevesse quindi gli stessi diritti riservati all’intera popolazione.
Ecco alcune ragioni per le quali ritengo che i preti omosessuali dovrebbero avere la propria Stonewall:
1. Ciò che si dice su di loro è una calunnia. L’idea che essere gay “ostacoli gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne” è falso. Ci sono uomini – gay o etero – che lottano con la propria sessualità o con il celibato, è vero, ma che non è una questione di orientamento sessuale. E quali sono le “conseguenze negative” che dovremmo temere? Pensare che i gay sono persone decenti, laboriose, amanti dei figli di Dio come lo siamo anche noi? E forse che alcuni di loro sono chiamati al servizio nella Chiesa, come noi?
Si tratta di un atto di violenza alle persone omosessuali contro la loro volontà, i sacerdoti gay dovrebbero difendere la propria vocazione e quella di altri preti come loro, perché non redigere a tal proposito un documento firmato da un gruppo di sacerdoti gay?
Come diceva Hillel, il rabbino più anziano contemporaneo di Gesù: «Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?» (Etica dei Padri, 1,14)
2. Non si tratta solo di te. Oltre ai sacerdoti, i seminaristi e il personale del seminario che hanno bisogno di assimilare queste nozioni, nella Chiesa ci sono anche i ragazzi queer (ossia di persone il cui orientamento sessuale e/o identità di genere differisce da quello strettamente eterosessuale, d.r.) che sentono l’importanza che la Chiesa dà al mantenimento delle persone come loro al di fuori dei propri ministeri.
A proposito di ciò che è “intrinsecamente disordinato” [secondo il Catechismo, n.d.r.], a meno che non abbiano letto una discreta quantità di testi di Tommaso d’Aquino, essi potrebbero pensare che ciò significa che essi sono corrotti e indegni di essere amati, condannati alla solitudine e alla disperazione. Anche in questi tempi di maggiore accettazione della nostra società, i ragazzi queer hanno visto un aumento nel rischio di essere vittime di bullismo, di venire picchiati, gettati fuori dalle loro case, e persino di tentare il suicidio e riuscirvi talvolta. È sufficiente?
3. I preti gay sono invisibili. Nella nostra cultura viene dato per scontato che le persone siano eterosessuali, a meno che non facciano coming out. A meno che non lo facciano anche i preti gay, la questione può ancora essere considerato come una questione di nicchia che non ci riguarda da vicino. Alleati forti come Tom Reese possono dire tutto il possibile: che conoscono buoni sacerdoti omosessuali, ma lasciano purtroppo ancora questi preti senza un volto e un nome. Ciò che ha cambiato gli atteggiamenti degli americani sulle persone Lgbtq non era la teoria; ma la realtà di persone visibili e dichiarate come Ellen Degeneris, Jose Sarria, Harvey Milk, Michael Sam e Caitlyn Jenner, e molti altri che sono usciti allo scoperto quando era rischioso o pericoloso farlo. I volti e le storie cambiano opinioni in un modo che non è possibile altrimenti.
4. “La paura è inutile: quello che serve è la fiducia.” Uno dei principali timori è che se i preti gay si dichiarassero potrebbero essere licenziati, trasferiti, rifiutati dalle proprie comunità, o anche ridotti allo stato laicale.
Il caso vuole che al momento vi sia una forte carenza di sacerdoti nella Chiesa, quindi tutto ciò pare improbabile, almeno se molti preti gay facessero coming out. Con po’ di fortuna, i loro fratelli etero starebbero dalla loro parte. Se non lo facessero, bisognerebbe chiedersi se siano stati davvero loro fratelli. Io stessa, ho poca simpatia per coloro che considerano la riduzione allo stato laicale come una punizione terribile.
Cosa ci dice questo di tutti gli altri ministri non ordinati all’interno della Chiesa? Sì, che fare coming out rende i preti gay vulnerabili. Ma non celebriamo noi la nascita di Dio nella comunità umana nella forma più vulnerabile possibile? Così, come l’angelo disse: “Non temere” i preti gay dovrebbero sapere che: i tuoi amici, i tuoi alleati, i tuoi colleghi, i tuoi parrocchiani, le vostre famiglie, tutti vi copriremmo tutti le spalle.
5. “Siamo aperti nella mia comunità religiosa”. Ottimo! Rileggete quanto sopra. Ciò che rese Stonewall tale fu il fatto che uscirono dal quel locale, e non stettero all’interno a nascondersi.
Mi sento in sintonia con le persone che si sentono a disagio a parlare pubblicamente della propria sessualità. Preso talvolta da una particolare ardore, concentrato su cose più importanti forse, un leader religioso celibe quando vuole semplicemente andare avanti con l’attività di costruzione del Regno di Dio, non vuole mettere se stesso al centro dell’attenzione.
Ma a meno che i preti gay non decidano che è giunta la loro “Stonewall”, i dirigenti della Chiesa – alcuni di loro ancora repressi, che a volte provano addirittura disgusto per se stessi sé, anch’essi omosessuali a loro volta spesso – continueranno a pronunciare calunnie non solo contro sacerdoti e seminaristi gay, ma verso ogni persona Lgbtq nella Chiesa.
Non è sano stare nascosti in un armadio, non per sacerdoti omosessuali, né per i loro superiori nella Chiesa che fanno rispettare loro il silenzio. Nel suo articolo Reese conclude tristemente:
«A volte penso che sarebbe un bene per la Chiesa se 1.000 sacerdoti uscissero allo scoperto nella stessa Domenica e semplicemente dicendo, “Siamo qui!” Non credo che la Chiesa sia pronta per questo ancora, ma un giorno che dovrà esserlo.»
E quando sarebbe il momento giusto per abbattere l’ingiustizia, l’intolleranza e l’odio? Sono d’accordo con Hillel e l’apostolo Paolo su questo, quando disse ai Corinzi:
E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti:
Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! [2Cor 6,1-2]
Sì, ora è un momento molto favorevole.
* Lisa Fullam è professore di teologia morale presso la Facoltà di Teologia dei Gesuiti a Berkeley. Lei è l’autore di “The Virtue of Humility: A Thomistic Apologetic” (Edwin Mellen Press).
** Rosa Parks (1913 – 2005) è stata un’attivista statunitense figura-simbolo del movimento per i diritti civili, famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto su un autobus ad un bianco, dando così origine al boicottaggio degli autobus a Montgomery. n.d.r.
Testo originale: Gay Priests and a Stonewall Moment?