Per il vescovo di Como esiste una “tendenza omosessuale transitoria”
Riflessioni di Massimo Battaglio
Il caso del capo dei chierichetti di San Pietro, don Gabriele Martinelli, accusato di aver abusato dei propri giovanissimi compagni di seminario, è banalissimo. Basta chiedere al Vescovo di Como: il giovane prete, secondo lui, aveva una “tendenza omosessuale transitoria legata all’adolescenza”. E’ quanto dichiara in tribunale, ascoltato in qualità di testimone.
Potremmo anche chiuderla qui, dicendo che non accettiamo lezioni in materia di morale sessuale da chi non possiede nemmeno gli elementi più basilari sulla sessualità, tra i quali, uno dei primi è proprio che l’orientamento sessuale non cambia, né per forza, né spontaneamente e né tantomeno con l’età.
C’è un minestrone di errori da sfamare un esercito, in quelle sei parole, a cominciare dal curioso termine “tendenza omosessuale”. Se lo si poteva perdonare nel 1992 agli estensori del Catechismo, è del tutto inaccettabile oggi. E’ infatti ormai chiaro a tutti che una persona non “tende” a essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale. Lo è. Punto. Si tratta di varianti dell’orientamento sessuale: qualcuno nasce sessualmente orientato verso persone del sesso opposto e qualcun altro verso persone dello stesso sesso. Parlare di “tendenza” fa pensare che tutti nascano eterosessuali ma qualcuno devii dal dettato naturale. E non è così. Fine del dibattito.
Il fatto che l’omosessualità possa essere “transitoria”, si sposa bene con l’idea di “tendenza omosessuale” (e quindi è due volte sbagliato) ma non con la realtà dei fatti. Basta vedere i risultati devastanti di tutti i tentativi di “conversione” o di “riparazione” che si sono collezionati nell’ultimo secolo e mezzo. Tentativi in cui non era sbagliata la terapia ma era errato il principio, e cioè la convinzione che una persona potesse essere “riportata” alla “naturale” eterosessualità.
Se invece si intende dire che la “tendenza” può essere “transitoria” nel senso che può venir meno il desiderio di avere rapporti sessuali, allora possiamo essere anche d’accordo. Basta sottoporre la persona da “curare” a un regime di repressione tale da rovinargli il cervello, per farle perdere qualunque desiderio erotico. Ma questo vale per tutti: omosessuali, bisessuali, eterosessuali, multisessuali che siano. E secoli di seminari in cui si è accuratamente coltivata l’ignoranza in materia, dimostrano che non è nemmeno difficilissimo. Non so quanto sia sano.
Mi dicono: ma allora gli ex gay? Semplice: non esistono. Sono persone che erano bisessuali in partenza e sono rimaste bisessuali dopo la “cura”. In una certa fase della vita sono state maggiormente consapevoli di provare attrazione per persone dello stesso sesso; in un’altra fase, per quelle del sesso opposto. Non è assolutamente detto che non tornino al punto di partenza, magari per poi distanziarvisi di nuovo. I modelli di bisessualità sono tantissimi: quasi quanto le persone bisessuali stesse.
L’altra stortura è il concetto di “omosessualità adolescenziale”. E’ innanzitutto un controsenso, soprattutto se, come nel caso del vescovo di Como, si continua a identificare l’omosessualità con la pratica di atti omosessuali. L’adolescenza è infatti quella fase della vita, più o meno breve, in cui si scopre il desiderio sessuale ma non lo si mette ancora in pratica. Per definizione, dopo i primi rapporti sessuali, si cessa di essere adolescenti; si diventa giovani adulti. Dunque, se si definiscono “omosessuali” solo le persone che mettono in pratica la loro “tendenza” (io non lo penso ma le Loro Eccellenze sì), parlare di “omosessualità adolescenziale” è semplicemente un ossimoro.
La scoperta adolescenziale di provare attrazione per persone dello stesso sesso può tutt’al più portare a un prolungamento dell’adolescenza, necessario per prendere coscienza di una propria originalità: l’essere portatori di una caratteristica rara. Ma è ben strano che un adolescente si dedichi alla sperimentazione di pratiche omoerotiche tanto per capire, per provare. Quel ragazzino che ci prova perché si sente confuso, deve ancora nascere. Quando un giovane decide di mettere in gioco il proprio corpo fino al rapporto omosessuale (non vado oltre ma è chiaro a cosa alludo), ha ben presente il passo che sta compiendo e qual è il suo orientamento.
E l’ultimo punto su cui proprio non si può transigere è l’accostamento di questo concetto assurdo di “tendenza omosessuale transitoria” al tema della pedofilia. Una persona che abbia scoperto, recentemente o meno, di essere omosessuale, cerca semplicemente un partner del suo stesso sesso. Non di mettere le mani addosso a dei bambini! E per converso, compiere atti orribili come l’abuso di minori non è in nessun modo indice di omosessualità! E’ indice di fragilità psichica, e basta!
Provo a ripeterlo con altre parole: una persona omosessuale sana, così come una persona sana di orientamento eterosessuale, di fronte all’idea di stuprare un fanciullo, inorridisce. E’ chiaro?
Chissà se monsignor Oscar Cantoni, il vescovo di Como, arriva a capire che un’affermazione del genere potrebbe costargli una querela esemplare. Forse no. Il suo problema è un altro. Gli tocca testimoniare a favore o contro un giovane sacerdote cresciuto nella sua diocesi, accusato di uno dei peggiori crimini del mondo. E non ce la fa. Lo ha conosciuto quand’era giovane e non riesce a immaginarlo nella veste di un delinquente. Allora prova a dire qualcosa per alleviare la sua e le proprie sofferenze.
Ma, se si può accettare una difesa così bislacca da parte di una persona di scarsa cultura che pesta sui tasti di facebook, la stessa cosa diventa intollerabile da parte di un vescovo, e di più, di un vescovo in un’aula di tribunale, cioè della più alta autorità religiosa locale di fronte alla più alta autorità giudiziaria.
Veramente: cari monsignori: se questa è la vostra conoscenza dei temi sessuali, lasciate perdere. La morale sessuale, ce la sbrighiamo bell’e che da noi.