Per una persona LGBT cosa significa seguire Gesù?
Riflessioni pubblicate sul sito Queer Theology (USA), liberamente tradotte da Bruno
Quando ero piccolo ho ricevuto alcuni messaggi strani su Gesù che hanno continuato a incidere nella mia vita adulta. Mi è stato detto che Gesù mi amava così tanto (anche se ero una persona molto cattiva, davvero orribile e tremenda) che era disposto a subire orribili torture e abusi e morire dolorosamente per salvarmi dal fuoco eterno dell’inferno.
A causa delle cose orribili che Gesù ha attraversato per salvare la mia sgradevole persona, io dovrei essere disposto ad accettare allegramente e con grande gioia tutto ciò che mi viene richiesto. Io però non riuscivo a capire perché. Forse per ripagare Gesù? Quindi il fatto che Gesù mi avesse salvato è diventato una specie di operazione colpevolizzante. Mi hanno fatto sentire come in debito per la mia vita. E la Chiesa ha alimentato questa sensazione. Ci hanno detto che dovevamo essere disposti a rinunciare a tutto ciò che ci fosse stato richiesto. Dovevamo essere disposti a rinunciare al partner che volevamo frequentare o sposare, al lavoro che volevamo scegliere, ai doni che avevamo ricevuto. Ci hanno detto che la nostra vita non è nostra perché siamo stati comprati a caro prezzo.
Ora ho una diversa comprensione della morte di Gesù. So che Gesù stava combattendo contro sistemi oppressivi e ingiusti cercando di portare la liberazione ai poveri e agli emarginati e che talvolta, quando decidi di alzarti e dire la verità in faccia al potere, vieni ucciso per questo. Ma anche quando mi sono allontanato dalla teologia della colpa e della vergogna intorno alla mia vita e alla mia anima, ero ancora preso dal pensiero che ero debitore della mia vita.
Questo si manifestava in modo subdolo in tutti i momenti della mia vita: mi dicevo che non era bene fare le cose che mi piacevano e dove avevo successo perché questo poteva “inorgoglirmi”. Non mi battevo per me stesso nelle situazioni in cui ero maltrattato perché sentivo che soffrire era una cosa nobile.
Di conseguenza, la mia vita era diventata una negazione auto-flagellante dei miei bisogni e desideri. Se volevo davvero fare X, era probabile che Dio volesse che io rinunciassi. Non mi era permesso di fare soldi. Non mi era permesso di godere delle comodità. Non mi era permesso di essere felice perché se avessi fatto queste cose non sarei stato un “buon cristiano”.
E non è solo nel mondo religioso che riceviamo questi messaggi. Se si trascorre del tempo in gruppi di attivisti e persone impegnate ci si sente come se fossimo a posto solo se stiamo soffrendo. Siamo persone impegnate solo quando ci denunciano o ci arrestano a seguito di manifestazioni. Siamo a posto solo se facciamo lavori sottoretribuiti perché tutti gli altri lavori ci rendono complici del capitalismo. Oppure se siamo disposti a manifestare per ogni singolo problema e a lavorare fino a essere esausti e poi a lavorare ancora di più.
Tutti questi messaggi e idee abitavano nella mia anima e io passavo molto del mio tempo a sentirmi come se non fossi “abbastanza”: non abbastanza coraggioso, non abbastanza forte, non abbastanza religioso, non abbastanza povero, non abbastanza impegnato. Io semplicemente non mi sentivo “abbastanza”. E questa sensazione mi risucchiava.
Ultimamente la mia vita è stata impegnata nel tentativo di deprogrammare quei messaggi non sani.
Ecco alcune riflessioni che mi hanno aiutato:
- Capire che quando Gesù parlava di denaro e potere si rivolgeva a persone che avevano entrambi e li stavano usando in modi oppressivi. Ora, qui c’è una linea sottile da considerare: come uomo bianco sono un privilegiato e devo esserne consapevole e starci attento. Ma sono anche emarginato come persona omosessuale o transgender. Ho bisogno di imparare ad essere generosi con i miei soldi, ma ho anche bisogno di un reddito che mi permetta di vivere.
- Molti di coloro che durante le manifestazioni vengono arrestati sono uomini bianchi eterosessuali. Anche se il carcere è terribile per tutti, le persone arrestate a seguito delle manifestazioni hanno una certa dose di sicurezza e di privilegio a causa della loro razza, genere, e del fatto di essere eterosessuali. Non devo sentirmi in colpa per il fatto che non mi sento al sicuro se mi arrestano. Dovrei essere in grado di fare le mie scelte personali circa i limiti che non voglio superare nelle manifestazioni.
- La mia sofferenza in realtà non aiuta altre persone. Il fatto che io non sia in grado di pagare l’affitto o che io lavori fino allo sfinimento o che rinunci a cose che amo e in cui sono bravo non rende affatto il mondo un posto migliore. In effetti, potrebbe renderlo peggiore
- Seguire Gesù comporta dei rischi e forse anche sofferenze. Ma questo avviene perché quando si dice la verità in faccia ai potenti, ciò non piace al potere e il potere cercherà di farvi tacere. C’è una differenza tra l’essere disposto a seguire Gesù in ogni caso e rendere la vostra vita disgraziata senza motivo.
Forse seguire Gesù per una persona emarginata e omosessuale significa cercare di lavorare per la giustizia in tutti i modi possibili e farlo nel modo più divertente possibile.
Testo originale: Are you miserable for Jesus?