Per una Quaresima queer
Riflessioni pubblicate sul blog HackNScript (Stati Uniti) il 12 marzo 2014, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
La Quaresima è tempo per riflettere su di sé, e per mortificarsi, ma per noi persone queer può essere un tempo di prova. Qualcuno mi ha detto che, in occasione della Quaresima, dovrei smettere di essere gay, in modo che Dio possa “guarirmi”. Anche se non dovessi trovare qualcosa da cambiare in questa stagione, ci pensano gli altri a darmi consigli, consigli che non ho mai chiesto.
È un qualcosa di connaturato all’essere queer, una vocazione all’autoriflessione che, volenti o nolenti, ci viene instillata da quelle persone che si premurano di dirci cosa non va bene nelle nostre vite, e cosa dovremmo cambiare.
Non esco mai da questo stato meditativo e penitenziale; essere un cristiano queer, tuttavia, è una sfida ancora più difficile quando si tratta di fare i conti con la Quaresima. In questi quaranta giorni mi chiedo costantemente: che senso ha la Quaresima da un punto di vista queer? C’è qualcosa di specifico che, in quanto persona queer, posso imparare? O in qualche modo sono tagliato fuori da questo particolare tempo cristiano?
Ovviamente non intendo dire che le persone queer siano tagliate fuori da qualcosa: la Quaresima appartiene a tutti. Cercare di escluderne le persone queer equivale a negare il suo messaggio centrale: Tutti abbiamo peccato, e tutti abbiamo bisogno della redenzione. Non è un messaggio di esclusione, al contrario, e per questo è un messaggio queer e inconfondibilmente cristiano.
Uno sguardo al cristianesimo queer
Il concetto di “queer” è una grande cosa, che pochi però comprendono, ed è difficile darne una definizione univoca, perché è un concetto molto politicizzato e personalizzato. Il teorico queer David Halperin ci offre quella che, secondo me, rimane una delle migliori spiegazioni generali di questo concetto: “’Queer è, per definizione, tutto ciò che è in conflitto con ciò che è normale, legittimo, dominante. Non si riferisce necessariamente a nulla di particolare: è un’identità priva di essenza. ‘Queer’, perciò, non indica qualcosa di definito, ma una posizione rispetto alla norma”.
Le persone queer lo comprendono molto bene, soprattutto l’essere “in conflitto”, ma sanno anche come rendere positiva tale situazione. L’identità queer è inclusiva e permette di essere se stessi, in molti casi permette di esserlo veramente.
Questo è il punto di vista che, come molti altri cristiani e cristiane queer, porto nella mia fede: una lente attraverso la quale guardiamo il mondo. Ma non è un punto di vista esclusivamente queer: essere in opposizione al mondo è un atteggiamento fondamentale della vita cristiana. Noi cristiani non siamo di questo mondo: apparteniamo a Dio, e quindi al paradiso. Quando ho fatto coming out da queer ero già cristiano da lungo tempo, e già capivo molto bene cosa voglia dire essere in opposizione al mondo per via della mia fede. Essere cristiano mi ha preparato a lottare per ciò in cui credo, anche quando nessun altro è d’accordo con me. È un principio prima di tutto cristiano, più che queer.
Come la teoria queer, anche la religione cristiana è inclusiva. Cristo si sedeva a tavola con i peccatori, e la Chiesa primitiva ha voluto aggregare i Gentili: una fortissima divergenza con le comunità religiose dell’epoca, che praticavano l’esclusione. Sarebbe stato impensabile per gli Ebrei fare cose simili, ma il cristianesimo ha cambiato tutto. Il Vangelo per tutti: questa è la sua essenza. Ancora una volta la mia fede influenza il mio essere queer, non il contrario.
Oltre che un fatto di identità, diventare “autenticamente me stesso” è tanto un cammino spirituale quanto un fatto di espressione personale. Essere un cristiano queer significa essere completamente me stesso. Io sono queer, e comprendere questo fatto è stato un processo di scoperta e discernimento. Stessa cosa per quanto riguarda la mia identità cristiana, che costantemente mi rifinisce e mi rende perfetto. Il cammino, il mio cammino, è queer e cristiano, e dividere questi due aspetti significherebbe dividere in due la mia anima.
Fare una Quaresima queer
Avendo compreso come essere queer e cristiano coincidano, diventa un po’ più facile comprendere cosa voglia dire la Quaresima per me, e per altri e altre come me. Sentirsi esclusi è quasi una seconda natura per le persone queer, ma non c’è nessunissima ragione per cui dovremmo venire esclusi dalla partecipazione alla vita cristiana, soprattutto considerato che la visione del mondo queer coincide in gran parte con quella cristiana.
Alla Quaresima le persone queer apportano una comprensione profonda di questo cammino, comprensione che nasce dall’esperienza. Essere opposti al mondo, la ricerca di una identità e il bisogno assoluto di inclusività sono pane quotidiano per le persone queer, ed è ciò che apportiamo alla Quaresima. La cosa più importante, ad ogni modo, è il messaggio che la Quaresima ci offre, e che disperatamente vogliamo sentire: che siamo amati e amate da Dio come chiunque altro.
Testo originale: A Queer Lent