Perché, come omosessuale, mi sento parte della festa per la Sacra Famiglia
Riflessioni di Michael Bayly* tratto dal blog The Wild Reed (Stati Uniti) del 28 dicembre 2009, liberamente tradotto da Bruno
In occasione della recente festa della Sacra Famiglia, io e mia madre abbiamo partecipato alla Messa nella Chiesa cattolica romana dedicata a Sant’Agnese a Port Macquarie, in Australia.
Mi trovavo infatti nella “Grande Terra del Sud”, in visita dai miei genitori, parenti e amici, lontano dalla mia “altra casa” che si trova in Minnesota, USA. Mentre ero seduto in attesa che iniziasse l’omelia mi preparavo ad una diatriba sulle minacce alla famiglia, come il matrimonio gay. Ma non c’era bisogno di preoccuparsi!
Non fraintendetemi: sono sicuro che ci sono alcuni membri della leadership ecclesiale nella Chiesa australiana avrebbero scelto di utilizzare questa festività per dire malignità sulla vita e le relazioni delle persone gay.
Ma, in generale, la Chiesa cattolica australiana, ho scoperto, riflette l’etica del più ampio “vivi e lascia vivere” della società australiana. Il che, naturalmente, è decisamente lontano da ciò che accade attualmente negli Stati Uniti.
Quello che il prete ha detto nella Messa di ieri in realtà era in sintonia con me come uomo gay cattolico. Egli ha osservato che, contrariamente alle immagini rosee, da santino, che ci vengono presentate, la realtà è che la famiglia di Gesù conobbe conflitti e incomprensioni – proprio come qualsiasi altra famiglia.
Naturalmente, il momento in questo è più evidente è la storia del ritrovamento del fanciullo Gesù nel Tempio. Questa storia era proposta come Vangelo della domenica, e in essa ci viene presentato un giovane Gesù che disobbedisce ai suoi genitori, li confonde, forse anche li delude – tutto questo per essere quella persona che Dio lo aveva chiamato ad essere.
Appena ho ascoltato il sacerdote descrivere così questa celebre storia della Sacra Famiglia, mi sono reso conto che si tratta di qualcosa in cui molti gay possono ritrovarsi. Di conseguenza, è qualcosa che riguarda molte famiglie.
Come Gesù, i giovani che diventano coscienti di chi sono sessualmente sono spesso costretti a ritirarsi dalle loro famiglie per potersi sentire in sintonia con ciò che si sta risvegliando dentro di loro. Molti gay all’inizio trovano le risposte e il sostegno al di fuori della famiglia. I genitori sono raramente i primi a sapere che il loro figlio è gay.
Questi erano i miei pensieri, mentre riflettevo sul giovane Gesù che lascia la sua famiglia e la carovana diretta verso Nazareth, per ricercare la sapienza e in confronto con i sapienti del Tempio. Sono sicuro che mentre erano indaffarati nei preparativi per lasciare Gerusalemme, Maria e Giuseppe aveva ordinato a Gesù non “andarsene in giro”. Eppure è esattamente quello che egli ha fatto.
Aveva bisogno di risposte e di esperienze al di là di quelle che la sua famiglia era in grado di fornire, e così andò a cercarle. Questo a me sembra una cosa sana, un viaggio sacro o di ricerca, se volete.
Una volta ritrovato dai suoi genitori, Gesù, in un certo senso, “si rivela” a loro. Lui non è il ragazzo che essi pensavano. C’è sicuramente qualcosa di diverso in lui. Egli li sfida, li confonde, e, senza dubbio, li delude. Eppure, nonostante tutto questo essi lo accettano così come egli è, e come una famiglia riprendono il loro viaggio verso casa insieme.
Suona familiare? Spero che risuoni in te – specialmente se sei gay, perché qui c’è una linea di fondo: Dio chiama le persone gay a qualcosa di molto speciale, qualcosa di sacro. Dio ci chiama a viaggi di fede e di consapevolezza, che spesso ci costringono a “andarcene in giro” e cercare risposte altrove, nonostante la disapprovazione degli altri – anche dei nostri genitori, anche della “Madre Chiesa”.
E, no, questo “qualcosa” non è una vita di astinenza sessuale – come la leadership clericale del cattolicesimo romano vorrebbero farci credere. Piuttosto è una vita di abbondanza, propria di quegli esseri “in relazione” che Dio ci ha creati per essere.
E, sì, Dio ha creato alcuni di noi, con capacità relazionali che sono di orientamento omosessuale. Di conseguenza, per la maggior parte delle persone gay, una vita di abbondanza vuol dire cercare, costruire, e mantenere un rapporto d’amore con un altro dello stesso sesso – un rapporto che è vissuto ed espresso come qualcosa sia sacro che sessuale.
Sono arrivato a credere che la ricerca, la costruzione e il mantenimento di un tale rapporto sia sempre un “compiere l’opera di Dio”. Io prendo a cuore e mi sento rinforzato e incoraggiato dal percorso nella consapevolezza e nella compassione contenuto nelle dinamiche relazionali fiduciose, amorose e di accettazione che uniscono Gesù e la sua famiglia.
Sono percorsi di fede e nella fede. E, per me, sono ciò che rende Santa questa Famiglia – e tante altre.
* Michael Bayly, nato e cresciuto nelle zone rurali dell’Australia, ora vive negli Stati Uniti, dove funge da coordinatore esecutivo della Commissione pastorale cattolica per le minoranze sessuali in Minnesota (CPCSM) ed è anche editore di The Progressive Catholic Voice (La Voce Cattolica Progressista) e co-presidente della Coalizione cattolica per la riforma della Chiesa in Minnesota.
Il suo libro Creating Safe Environments for LGBT Students: A Catholic Schools Perspective (Creare ambienti sicuri per gli studenti LGBT: una prospettiva per le Scuole cattoliche) è stato pubblicato nel 2007 da Harrington Park Press.
Ha fondato il blog The Wild Reed, nel 2006, come “segno di solidarietà con tutti coloro che si dedicano a condurre una vita di integrazione e di completezza – in particolare, con le persone gay che cercano di essere sinceri sia con il dono della propria sessualità che con la loro fede cattolica”.
Testo originale: Why This Gay Man Takes Heart from the Feast of the Holy Family