Perché creare una pastorale parrocchiale per le persone LGBTQ?
Testo tratto dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry di Yunuen Trujillo (Paulist Press, 2022), capitolo 3, pagine 17-19, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
I ministeri parrocchiali partono dal basso, dal contatto diretto con il Popolo di Dio e la sua vita quotidiana, e costituiscono spesso il primo contatto per le persone in difficoltà.
Ministeri parrocchiali – Cura pastorale
Lo scopo e la missione primari dei nostri ministeri dovrebbe sempre essere la cura pastorale, il che equivale ad essere dei compagni di viaggio. Scrive padre Raniero Alessandrini CS: ”Nel corso dei secoli le guide delle comunità hanno offerto cura, sostegno e direzione nei momenti di crisi personale e di lutto”.
Il processo del coming out è pieno di crisi e di lutti personali, perché spesso fa nascere crisi all’interno delle famiglie, crisi che coinvolgono sia i genitori che i figli LGBTQ. Chi ha operato nell’ambito dei ministeri LGBTQ conosce bene il dolore e l’angoscia, e il potenziale disgregante che tali crisi portano con sé; di conseguenza, lo scopo primario di ogni ministero LGBTQ è stare vicino al dolore e accompagnare questa parte del Corpo di Cristo nel cammino e nel processo di accettazione.
Proprio come le ferite al pronto soccorso, che vengono classificate per grado di gravità in modo da stabilire le precedenze, in questa fase una cura pastorale efficace dovrebbe essere centrata sul vissuto del dolore, ascoltando chi si avvicina al ministero, senza la pretesa di inculcare la dottrina della Chiesa, a meno che non ne venga fatta specifica richiesta.
Dopo questa fase iniziale le persone LGBTQ cattoliche e i loro genitori devono attraversare un continuo processo di discernimento, che dura tutta la vita e consiste, tra le altre cose, nell’imparare a rapportarsi con Dio e con il prossimo alla luce di questa nuova realtà. Per questo motivo, offrire uno spazio protetto per il discernimento è un altro scopo importante della cura pastorale.
Tutti e tutte noi, omosessuali ed eterosessuali, dobbiamo costantemente discernere una moltitudine di dubbi a proposito di noi stessi, della nostra vita, di Dio, delle nostre vocazioni, del nostro lavoro, delle nostre paure, dei nostri obiettivi e dei nostri sogni; tuttavia, le persone LGBTQ vengono spesso escluse da tale processo di discernimento in seno alla Chiesa, e devono sovente sentirsi dire cosa devono fare e quale “vocazione” è possibile per loro, venendo in questo modo ridotte a un unico aspetto del loro essere.
Posso testimoniare, in quanto persona LGBTQ, che tale processo personale di discernimento è estremamente importante; senza di esso, è fin troppo facile fondare la propria vita sulle proprie paure, invece che sulla propria vocazione.
Grazie al mio processo di discernimento ho potuto avere solide fondamenta, una fede profonda e un profondo amore per Gesù, tutte cose che mi hanno permesso di perseverare nella sua Chiesa nonostante le ferite che ho subìto. Per questo è importante, nell’ambito della cura pastorale, creare degli spazi protetti.
Spesso i migliori compagni nel nostro cammino di fede sono coloro che hanno già sperimentato il cammino in prima persona: persone LGBTQ cattoliche che accompagnano altre persone LGBTQ cattoliche, e genitori che accompagnano altri genitori.
Tuttavia, vorremmo invitare tutti i consacrati, le consacrate, i laici e le laiche a saperne di più a proposito dei vari cammini delle persone LGBTQ cattoliche e dei loro genitori.
> Altre riflessioni tratte dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry