Perchè i Vescovi temono che una teologia libera faccia vacillare la fede cristiana
Lettera aperta di Anne Strotmann* pubblicata sul sito cristiano publik-forum (Germania) il 25 marzo 2016, traduzione: www.finesettimana.org
Ho constatato nelle ultime settimane come un’antica controversia possa acquistare nuova forza. Si tratta del rapporto tra magistero del vescovo e teologia accademica. Mi sono guardata intorno abbastanza per sapere che ci sono ancora fantastici teologi e soprattutto teologhe che non ottengono mai il nulla osta, cioè l’autorizzazione all’insegnamento da parte della Chiesa. Eppure sono persone come loro che mi hanno ridato il desiderio di essere cristiana. Solo coloro a cui Lei rimprovera di impedire agli studenti di credere mi hanno aiutato, spiegandomi contenuti di fede ingombranti.
Proprio come Lei, ritengo necessario che la Chiesa sia indipendente, che sia una cosa diversa da società e popolo. Che possa parlare ed esprimere le sue opinioni. In questo siamo d’accordo. Ma l’affermazione che i professori progressisti vogliano costruire un contro-magistero rispetto a Roma, lo ritengo esagerato, o meglio, un cliché. E poiché stiamo parlando di cliché: anch’io ne soffro insieme a loro. Mi irritano le critiche stupide alla Chiesa e alla religione, perché so che la Chiesa è una cosa diversa. Ma posso capire la frustrazione che ci sta dietro. Lei lamenta che i giovani non trovano la Chiesa e la fede perché non vanno oltre le eterne controversie dell’ordinazione delle donne, della contraccezione, del matrimonio gay, della comunione per divorziati risposati. È triste, ma la cosa può anche essere vista in senso opposto: se tradizioni e dogmi finiscono in una retorica di esclusione, si può anche diventare furenti. Furenti per amore.
I giovani teologi e le giovani teologhe conoscono il potere del magistero. Studiano, pensano, credono, amano con delle forbici nella testa. Delle strutture autoritarie traggono profitto principalmente i conformisti. Non meraviglia che manchi loro il fuoco per accendere in altri l’entusiasmo per la fede cristiana.
Di fatto pensavo che il rapporto tra il magistero vescovile e la teologia accademica fosse diventato meno teso. I vescovi esitano a sanzionare insegnanti e professori con il divieto di insegnamento, e vivono il dialogo. Ma, oggi come un tempo, spetta a loro l’ultima parola, la decisione finale. Io mi augurerei che i vescovi avessero ancor più fiducia e i teologi ancor più coraggio nel parlare chiaramente.
Solo se io posso dichiarare onestamente ciò che credo o non credo, dire quelli che sono davvero i miei problemi, nasce qualcosa di diverso dello pseudo-dialogo del catechismo. Sono stati dei teologi “progressisti” a costruirmi i primi ponti. Se qualcuno mi avesse risposto con gli schemi delle formule cristiane, avrei abbandonato le lezioni delusa. Naturalmente bisogna prima conoscere le tradizioni, Lei ha ragione (e io ho la fortuna di una socializzazione cattolica ampiamente senza incidenti).
Ma le controversie scientifiche sono super.
Sono riconoscente per il fatto di aver avuto molti formidabili insegnanti (uomini e donne) di diverse discipline che naturalmente non erano sempre d’accordo. Non esiste una univocità. Non solo i teologi, la Scrittura stessa si contraddice spesso su singole questioni. Ciò che io trovo affascinante è che attraverso tutte queste narrazioni, attualizzazioni, traduzioni risplenda la verità del Vangelo. Che evidentemente non è riducibile ad una frase, altrimenti il nostro canone non avrebbe 26 Einzelschriften per questo. Per me, la lingua dei teologi liberali era quella giusta per parlare di Gesù. Perché aver paura di una teologia libera? Comunque, dal suo appello posso trarre qualcosa. Di fronte alla realtà dell’islam in Germania, porre
anche delle domande autocritiche: io stessa ho notato come il contatto con un’altra pratica di fede vissuta con entusiasmo abbia arricchito la mia.
Ho imparato ad amare aspetti della mia confessione che prima non avevano alcun significato per me. E questo non per un atteggiamento di difesa, ma perché ho innanzitutto preso sul serio l’“Altro”. Questo aiuta contro le proprie zone d’ombra. Evidentemente Lei non ha paura dello straniero.
Perché allora aver paura che la teologia libera faccia vacillare il fondamento della fede cristiana? La Chiesa è sempre stata cambiamento. È sempre stata cultura. Ed è stata illuminata al massimo dalla Spirito Santo proprio dove essa era sovversiva nell’amore.
Come agisca in modo nuovo il Vangelo in questo tempo, entrambi siamo curiosi di scoprirlo. Continuiamo a discutere. Le contrapposizioni tra “conservatori” e “progressisti” sono sempre più assurde. Non si tratta piuttosto di differenza tra conformisti senza amore e persone appassionate che riflettono?
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* Il vescovo di Passau Stefan Oster ritiene che la teologia progressista possa intaccare la fede degli studenti. Anne Strotmann ha completato recentemente i suoi studi e ha un’opinione diversa. Questa è la sua lettera aperta.