Perché la Chiesa medievale temeva il matrimonio dei preti più della “sodomia”?
Articolo pubblicato sul sito Medievalists.net (Canada), liberamente tradotto da Diana
Tra le questioni che l’attuale Chiesa Cattolica sta dibattendo c’è quella se i preti debbano sposarsi o meno, e come accettare l’omosessualità. È interessante notare che circa novecento anni fa entrambi questi temi erano presenti nel mondo anglo-normanno.
Durante l’Alto Medioevo il matrimonio dei preti in teoria era vietato, ma largamente accettato nella pratica. Se un prete si sposava, il matrimonio era considerato valido. Tuttavia, nell’undicesimo secolo, i riformatori fecero forti pressioni per l’abolizione di qualsiasi forma di matrimonio clericale, con pene severe per coloro che si rifiutavano di accettare le nuove leggi.
Uno dei principali campi di battaglia tra chi era a favore e chi contrario al matrimonio clericale si trovava nel Regno Anglo-Normanno. È l’argomento di un recente articolo della scrittrice Jennifer Thibodeaux, intitolato “La difesa del matrimonio clericale: identità religiosa e mascolinità negli scritti dei chierici anglonormanni”, in cui esamina quattro trattati scritti tra la fine degli anni 1070 e il 1110, e che sono a favore del matrimonio clericale.
Gli argomenti sollevati a favore del matrimonio clericale, il fatto che si tratta di una prassi di antica data, e che impedire ai preti di avere mogli li renderebbe più esposti ai peccati sessuali più gravi. Per rafforzare questa posizione, si fa riferimento a vari passi biblici. Uno degli autori si chiede: “Perché noi, che siamo fatti della stessa materia di Adamo e da lui ereditiamo il peccato della carne, non abbiamo il permesso di avere moglie?”.
Gli autori continuano affermando che essere sposati è parte essenziale della virilità dei preti. Essere costretti al celibato rappresenta un attacco al loro onore, e una specie di pubblica umiliazione. Una lettera tra due gruppi di chierici aggiunge che il divieto di sposarsi ha fatto perdere loro il rispetto della comunità: “Siamo disprezzati dal nostro prossimo, e siamo diventati motivo di derisione e scherno per coloro che ci circondano”.
Tuttavia, molti degli scritti dei religiosi favorevoli al matrimonio in realtà sono incentrati sul comportamento omosessuale: non solo essi temono che il celibato possa portare a tale comportamento, ma affermano che coloro che non sono a favore del matrimonio siano omosessuali.
Thibodeaux scrive: “Il clero di Cambrai osservava che i fautori del celibato ‘detestano il matrimonio, perché praticano con empietà e senza rispetto un vizio insieme abominevole e senza nome’, facendo riferimento alla sodomia. Sia Serlo di Bayeux che l’anonimo autore di ‘Abbiamo sposato il clero’ rivelano proprio questo punto di vista: mentre i riformatori dipingevano il matrimonio dei preti come un abominio, gli stessi riformatori chiudevano un occhio sulla sodomia, il reato ‘contro natura’, lasciando che dilagasse senza perseguirlo.
“Serlo scriveva che ‘gli uomini che vivono la vita vergognosa ed oscena dei sodomiti’ hanno creato le leggi contro il matrimonio dei preti. Accusava i riformatori di vietare ciò che era lecito (il matrimonio clericale) e nascondere ciò che era ‘una specie di malattia, che poteva causare una grave fine del genere umano’.
“L’autore di ‘Abbiamo sposato il clero’ usa un linguaggio simile per esprimere disgusto verso l’accettazione della sodomia, mentre i chierici sposati venivano perseguitati. Come altri autori di questo periodo, egli difende le sue argomentazioni ricorrendo a ‘un ordine naturale’, affermando che ‘questa risposta tiene giustamente conto delle leggi della natura: se nessuno procreasse tutto finirebbe… sei guidato da una lussuria che tutta la natura aborre’. L’autore va ancora oltre Serlo, difendendo direttamente il sesso procreativo in opposizione alla sodomia: il primo rappresenta la virilità, mentre il secondo ti rende ‘un mezzo uomo, un effeminato’”.
È difficile capire quanto fossero valide le accuse contro i riformatori: sarebbe stato facile, per i fautori del matrimonio, macchiare la reputazione di coloro che erano contrari accusandoli di essere anche loro peccatori. Tuttavia, Thibodeaux fa notare che avrebbero potuto essere giustificati, in quanto, mentre il matrimonio clericale veniva sradicato e bandito, le pratiche omosessuali restavano impunite.
Un’indagine sui concili ecclesiastici regionali anglo-normanni dal 1072 al 1128 dimostra che non vi era alcuna legislazione contro la sodomia, ad eccezione del decreto di Westminster del 1102 di Anselmo (arcivescovo di Canterbury dal 1093 al 1109), che potrebbe non essere stato pubblicato. Al contrario, molti di questi concili contenevano qualche misura contro il matrimonio clericale.
Il monaco Guglielmo di Malmesbury, in uno scritto del 1125, fece un’affermazione piuttosto curiosa, secondo cui “la regola sulla scomunica dei sodomiti ogni domenica fu in seguito cambiata dallo stesso Anselmo per buoni motivi; ma questo incoraggiò soltanto il male ad infrangere più liberamente altre regole”.
Alla fine, le argomentazioni dei sostenitori del matrimonio non furono accettate dalla Chiesa Cattolica Romana, e verso la metà del dodicesimo secolo fu abolita la prassi di concedere ai preti di sposarsi (tuttavia, molti preti avrebbero continuato ad avere concubine, spesso con l’accettazione dei loro parrocchiani). I due secoli successivi vedranno anche l’adozione di misure più severe contro le pratiche omosessuali.
Testo originale: Gay Reformers? Why the Medieval Church Banned Priests from Marrying