Perchè negare in parrocchia il battesimo alla figlia di una persona omosessuale
Articolo di Mauro Leonardi, pubblicato sul sito huffingtonpost.it il 30 luglio 2015
Il protagonista del fatto che sto per raccontare si chiama Mario Rossi. È un nome di fantasia e i motivi saranno evidenti lungo la lettura. Mario desidera che i nomi e i luoghi della vicenda rimangano anonimi ma si rivolge a me perché vuole che la gente sappia quanto gli è accaduto. Dunque, il sig. Mario è un cattolico che aiuta nella sua parrocchia nei vari servizi di catechesi. Qualche giorno dopo il Family Day “no gender” del 20 giugno a Piazza San Giovanni, arriva in parrocchia una signora e chiede il battesimo per sua figlia.
Fin qui nulla di male, anzi è una festa. Mario, insieme agli altri operatori parrocchiali, ha lavorato molto sull’accoglienza. Sanno che Papa Francesco ha detto a metà aprile ai nuovi sacerdoti che il battesimo non va mai negato, che la chiesa non è una dogana e che lui stesso, per dare l’esempio, a inizio anno ha battezzato figli di coppie non sposate in chiesa. Mario quindi sa che la signora va accolta, e lui la accoglie.
I sorrisi, le attenzioni, le domande e lo scambio di informazioni che seguono sono sinceri, sono sereni. Mario spiega che il battesimo non è innanzitutto un sacramento che richiede una piccola biografia a crocette con tante caselle da riempire. È un incontro con Dio e sa che quei dati – anagrafe, indirizzi, telefoni, mail – sono dati sensibili e lui ci mette molta sensibilità. Grazie a Mario la signora, con molta delicatezza, fa comprendere che la bambina da battezzare è figlia sua e della sua compagna. Per Mario quell’incontro diventa una doppia festa. Però quando informa gli altri operatori, quel battesimo si trasforma da festa dell’accoglienza a “il caso della parrocchia”. “Il caso” arriva sul tavolo dei catechisti e come tale viene trattato. Un caso “delicato, spinoso”.
Il signor Mario non crede a quanto avviene. Lui ha davvero dato credito al Papa e adesso non si spiega tanta difficoltà, tanta chiusura. Mario dice a se stesso che bisogna comprendere, che ciascuno ha le proprie fatiche, e perciò si offre di continuare ad essere lui a portare avanti il rapporto. “Con Paola – nome di fantasia – ci siamo trovati bene: se volete continuo io la preparazione al battesimo”.
Ma gli viene detto di no. Mario è vedovo, gli viene spiegato, e non può andare da solo. In casi come quelli “ci si va assolutamente in coppia”. Perché? chiede Mario. “Bisogna dare testimonianza di normalità coniugale”, rispondono. Ci vuole maschio e femmina contro femmina e femmina. Il signor Mario non crede alle proprie orecchie. Replica che chiedere il battesimo per la figlia non vuol dire ricevere una controproposta di normalità coniugale ma vuol dire chiedere un battesimo: Paola non chiede un matrimonio, chiede un battesimo.
Mario insiste: andrebbe lì non per essere esemplare ma per essere amico, di quella particolare forma di amicizia che è il cristianesimo: amare il prossimo, dare la vita. Sostantivi senza attributi o distinguo: vita e prossimo. Tutta la vita, ogni prossimo. Niente aggettivi che distinguano.
Ma, secondo i catechisti, si sbaglia. Diventano più espliciti e spiegano a Mario che a quelle come Paola e compagna “bisogna dare degli esempi forti”. Per esempio, quando Paola dice che la figlia è “sua” perché è nata con la fecondazione artificiale, Mario ha fatto male a riportare nel modulo le sue esatte parole: infatti loro, i catechisti, hanno corretto con “padre sconosciuto”. E poi aggiungono che non è adatto perché è un ingenuo e con queste persone omosessuali bisogna stare attenti a come si parla: bisogna usare frasi precise e corte “perché loro registrano e ti cambiano le parole”.
Il signor Mario al telefono si ferma e si assicura che io voglia ancora scrivere, anche se sono prete. Dice che è importante perché secondo lui “questo non è catechismo, non è parlare di Gesù, perché Gesù non avrebbe parlato così”. No, Mario, Gesù non ha parlato così.
Il signor Mario mi dice che avrebbe voluto andare, come sempre, con un pensierino per il bambino da battezzare. E poi con un po’ di tempo da donare. Per chiacchierare e conoscersi, come sempre. Per raccontarsi a vicenda un po’ di vita, come sempre. Parlare del battesimo dei figli di Dio, come sempre. Prendere qualche bibita fresca insieme, come sempre. Come sempre, come con tutti, come hanno fatto con Mario e come Mario fa con chiunque. Anche con Paola.
Io assicuro a Mario Rossi che avrei scritto questo post e gli dico che forse è stato sfortunato, che magari cose come quelle capitate a lui non accadano mai. Ma lui replica che forse sono io sbagliarmi perché proprio oggi, Aleteia – un sito cattolico cattolico – mette come prima notizia la richiesta di Papa Francesco di battezzare tutti. Secondo lui è che dopo il 20 giugno per le persone omosessuali battezzare i figli è diventato ancor più un problema, dice.
“Non so”, rispondo, e comunque l’umore di Mario non migliora. Mario è molto triste perché, dopo che gli hanno tolto quel possibile battesimo, di Paola e di sua figlia non si sa più nulla. E lui teme che anche loro – lei e la compagna – abbiano cambiato idea sul battesimo della figlia.