Perché nella notte di Milano abbiamo vegliato per il superamento dell’omobitransfobia?
Riflessioni di Luigi Testa* lette nella Veglia di preghiera e fiaccolata per le vittime dell’omobitransfobia tenutasi a Milano il 31 maggio 2024
“Che cosa state facendo?”. Lo sguardo incuriosito di chi ci incrocia, questa sera, potrebbe legittimamente chiedercelo: che cosa fate, in centro a Milano, a quest’ora, di venerdì sera?
Potremmo rispondere che stiamo tenendo viva una memoria – o forse che è una memoria a tenerci vivi. Che stiamo ripetendo i nomi delle nostre sorelle e dei nostri fratelli che sono stati colpiti dall’odio omotransfobico, per strapparli al rischio del niente e tenerli in vita. Che li stiamo ripetendo per accarezzarli, per tenerli tra le mani, custodirli, salvarli – per baciare ogni loro ferita, ogni loro graffio, ogni loro livido. Certi che è già stato baciato, custodito, salvato, da Uno più grande di noi.
Che cosa state facendo? Potremmo rispondere che stiamo vegliando, custodendo l’intuizione accesa dallo Spirito nel cuore di chi ha cominciato prima di noi. Potremmo raccontare – e qui c’è chi può raccontarlo di persona – dell’idea venuta da Firenze, nel 2007, dopo il suicidio di Matteo; delle diffidenze di una parte della Chiesa cattolica milanese e dell’accoglienza della Chiesa valdese – ed è davvero Provvidenza che proprio contro l’odio omotransfobico si possa percorrere questo tratto di unità. Pensateci: la bellezza di questa serata è anche far felice il Maestro, che nella sua ultima notte con noi sognava «perché siano una cosa sola» [Gv 17,21].
Che cosa state facendo? Potremmo anche rispondere che stiamo lanciando una sfida all’odio del mondo. Senza paura, senza timore, esponendoci – come purtroppo molte e molti non possono ancora fare. Forza. Colpiteci. Fate pure. Il vostro giudizio e il vostro odio non potrà più separarci dall’amore di Cristo [cfr. Rm 8,35]. Non riuscirete più a convincerci di non essere amati. Ogni vostro sforzo non riuscirà a strapparci dalle mani del Padre [cfr. Gv 10,29]. Non riuscirete più a toglierci la speranza che il vostro odio è perdente.
Allora, forse, arriverà la domanda più difficile. Ci chiederanno: «Date ragione della speranza che è in voi!» [cfr. 1Pt 3,15].
E allora noi risponderemo che la ragione della nostra speranza non è un vago ottimismo; non è la fiducia nel buon corso del mondo – «maledetto l’uomo che confida nell’uomo» [Ger 17,5]; non è la sicurezza nelle aperture delle nostre comunità cristiane o il credito che diamo a qualche vagheggiata promessa di apertura; e non è neanche la vitalità dei nostri gruppi di cristiani LGBT+.
No. Risponderemo che la ragione della nostra speranza è la Parola di Uno che ha dato la vita per me. L’abbiamo ascoltata, questa sera, e ancora la ascolteremo: «Su di te il Signore veglia come ombra al tuo fianco. Da ogni male ti è riparo» [Sal 121,5;7]; «Non temete e non vi spaventate di loro, perché il Signore tuo Dio cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà» [Dt 31,6]; «Non v’è alcuna condanna per quelli che sono in Gesù Cristo» [Rm 8,1].
Altre le conosciamo bene: «Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima ed io ti amo» [Is 43,4]. Che bello è, questa sera, che, nel cuore della nostra città, nelle sue vie impastate di umanità, siamo noi – noi che abbiamo forse fatto fatica a sentirci amati, noi a cui a volte è chiesto di non amare, noi che qualcuno vuol convincere di non essere amabili – proprio noi a dire a chi ci ha visto vegliare e camminare «Guarda che c’è Uno che ti ama. Sul serio. Come desideri essere amato. Così come sei».
E ancora: «Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» [Is 49,16]. Quando finalmente Ti vedrò – arriverai, mi chiamerai per nome, mi cercherai, e io forse me ne starò nascosto «un po’ per celia, un po’ per non morire al primo incontro» [Madama Butterfly, “Un bel dì vedremo”] –, quando finalmente staremo insieme, e io ti prenderò le mani, te le bacerò, e me le metterò sul volto, per chiederti di accarezzarmi, scoprirò che sulle palme delle tue mani hai disegnato il mio nome. Quando ti stringerò per non lasciarti andare più, scoprirò che mi hai messo come sigillo sul tuo braccio forte. Quando mi poserò sul tuo petto, e, baciandotelo, mi addormenterò così, scoprirò che mi hai messo come sigillo sul tuo cuore [cfr. Ct 8,6].
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» [Gv 15,18]; «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» [Gv 16,33]. L’odio del mondo è già vinto; il Regno di Dio è già iniziato. La veglia di questa sera – col gesto di superamento di ogni forma di odio che faremo tra un attimo – è profezia di quel mondo riconciliato che Dio ha già inaugurato, e che – non possiamo dubitarlo – si sta già compiendo. Noi siamo quelli che questa notte vegliano per vedere prima degli altri, all’orizzonte, l’alba del giorno che sorge – un giorno senza odio, senza separazione, senza discriminazione, nè giudeo né greco; nè schiavo né libero; nè uomo né donna [Gal 3,28] –, e per fare coraggio alle nostre sorelle e ai nostri fratelli che ancora soffrono l’odio del mondo: «Sentinella, quanto resta della notte?» – «Ancora un poco; un poco ancora, e viene il giorno» [cfr. Is 21,11].
Quando le potenze che si combattevano nella prima guerra mondiale firmarono la pace, in alcune trincee, lontano dalle città, lontane dai posti di comando, si continuò a combattere ancora per alcuni giorni. Pare che in alcuni lontanissimi avamposti, si combatté ancora per molto. Forse mesi. Fino a quando arrivò qualcuno: «Oh, che fate? La guerra è finita». Noi lo sappiamo: la guerra è finita; ha vinto Lui; Lui ha già vinto l’odio; siamo al sicuro; siamo amati; è tutto già salvato. Questa certezza dobbiamo dirla al cuore di chi ancora combatte e soffre per gli ultimi colpi di artiglio di un mondo vecchio che sta finendo.
Che cosa state facendo? Questo: guardiamo all’orizzonte; sicuri di aver vinto, con Lui; per essere i primi a gridare all’alba. «Sentinella, quanto resta della notte?» – «Ancora un poco, e viene il giorno».
*Luigi Testa è autore di testi a carattere giuridico e scrive su alcuni quotidiani nazionali. “Via crucis di un ragazzo gay” (Castelvecchi, 2024) è il suo primo libro di natura spirituale, altre sue riflessioni sono pubblicate anche su Gionata.org