Perché parlare dell’omosessualità ancora come peccato?
Riflessioni pubblicate sul Bollettino de Il Guado*, ciclostilato, del gennaio 1983, pp.3-4
Se c’è una categoria di persone per le quali la semplice parola “peccato” può creare un istintivo senso di fastidio e di rifiuto, questi sono certamente quegli omosessuali che hanno deciso di accettare la loro situazione e vogliono in base ad essa elaborare un progetto di vita che risponda ai loro bisogni più profondi.
Per troppo tempo (e non è ancora finita …) l’insegnamento della morale cattolica ha colpevolizzato radicalmente l’omosessualità come peccato tra i più orrendi, per non dire di tutto quell’atteggiamento inquisitorio, invadente e insopportabile, che avevano (e hanno) certi preti in confessionale quando si tratta di azioni che hanno a che fare con la sessualità, al punto che veniva come a stabilirsi un’equazione sesso=peccato.
È naturale che la scoperta di una fondamentale positività nella sessualità, omo o etero che sia, abbia portato la gente a chiedersi se davvero erano quelli i peccati più gravi, per non dire di chi identifica la liberazione sessuale con la completa eliminazione del concetto di peccato per tutto ciò che riguarda questa sfera.
In tale contesto parlare di peccato sembra un regredire a uno stadio che si riteneva superato, tornare a un discorso oscurantista, bloccare il cammino di molti verso la liberazione. In realtà, se si parla di peccato non è certo per reintrodurre i criteri della morale degli “atti impuri”, almeno così come erano formulati, né per ripetere che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Il punto è trovare una morale che abbia i suoi cardini nei concetti di persona e di reciprocità, e il suo modello di riferimento in Gesù Cristo, e non in un’idea astratta di “natura”.
Parlare di peccato per un cristiano significa affermare che la verità intera sull’uomo comprende anche questa faccia oscura del cuore, dove ha radici il mistero del male con tutte le sue ramificazioni, egoismi, falsità, ipocrisie, istinti di violenza e di sopraffazione, ecc.. . E non è proprio detto che l’esercizio della sessualità all’interno di una relazione sia in ogni caso esente da questi rischi. Parlare di peccato non significa soltanto né soprattutto parlare di trasgressione di una norma, magari avvertita come del tutto esterna e in contrasto con un’intima esigenza di libertà. La Bibbia ricorda che il peccato è uno sbagliar strada, un mancare il bersaglio, un deformare e rendere brutto ciò’ che dovrebbe essere integro e bello. L’uomo davanti a Dio riceve da lui un progetto di vita, una proposta di valori in base ai quali crescere come persona. In Gesù questo progetto e questa proposta sono diventati carne viva e realtà visibile. II peccato è sostanzialmente un non riuscire a crescere secondo questo modello. E poiché la sostanza di quanto Gesù ci ha fatto conoscere è la vita come amore, il peccato è essenzialmente non riuscire ad amare.
E per finire occorrerà ricordare che il cristiano quando parla di peccato parla anche, e immediatamente, di misericordia. Che è quanto dire, nessuna debolezza, per quanto radicata e umiliante, potrà mai impedirmi di credere che Dio mi vuole bene, e che è sempre disposto a riprendere il cammino con me perché io possa continuare a crescere nella capacità di amare.
C’è chi fa coincidere la libertà dell’uomo nell’affrancamento da ogni relazione! in questo caso non c’è posto per l’idea di peccato. A me pare che sia più vero, e diventi più libero, chi sta davanti a Dio sapendo di avere in Gesù un ideale grandioso che lo stimola ad un continuo superamento, e insieme un fratello compassionevole che lo sa comprendere tutte le volte che non ce la fa.
Per il cristiano la vita è un cammino verso il traguardo: è importante sapere quando ci si ferma o si esce di strada, ma è ancora più importante sapere che il traguardo rimane lì, e che un amico con la a maiuscola cammina con noi.
* Il Guado, gruppo di cristiani omosessuali di Milano, è nato il 20 dicembre 1980 da un incontro tra alcuni amici che si erano conosciuti al primo convegno su “Fede e Omosessualità” tenutosi nel Centro Ecumenico Agape di Prali nel giugno dello stesso anno. Darà vita a un bollettino trimestrale molto seguito, che cesserà le pubblicazione cartacee nel 2005, che era inviato solo a chi ne faceva richiesta dando un contributo (nel 1982 bisognava inviare in busta chiusa 7000 lire in banconote o anche in francobolli). La Tenda di Gionata sta digitalizzando i numeri cartacei del Bollettino de Il Guado suptavissuti, man mano che li recupererà, perché le sue pagine ingiallite dal tempo racchiudono la complessa storia dei credenti omosessuali italiani e non solo. Per leggere i numeri che man mano saranno digitalizzati in formato PDF basta cliccare qui. Buona lettura