Perché tutti i Cristiani dovrebbero sostenere le persone LGBTQ?
Riflessioni di Patric Peters pubblicate sul sito cattolico “Where Peter is” (Stati Uniti) il 30 giugno 2023, liberamente tradotte da Anna Iaderosa
Di recente ho visto sui social media un post sponsorizzato di un cattolico che diceva “Chiamate la comunità LGBTQ (lesbiche, gay, bisex e queer)per quello che sono: degenerati sessuali”. Un sito cattolico ha raccolto oltre 90.000 firme nel tentativo di fermare una recente conferenza ministeriale LGBTQ alla Fordham University, una conferenza il cui semplice scopo era quello di “creare comunità, condividere le pratiche migliori e pregare insieme”.
Nel frattempo, un importante oratore cattolico ha fatto una campagna per “Rivendicare il mese” di giugno – magliette e tutto il resto! – per il Sacro Cuore di Gesù, che, a quanto pare, è minacciato dal mese del Pride.
Questo è solo un piccolo esempio e il tutto nella mia visione limitata di cattolico la cui esperienza col sostegno LGBTQ è stata invece generalmente positiva.
Ovviamente, in generale la comunità cristiana offre un ventaglio di punti di vista sulle questioni LGBTQ. Molte chiese progressiste celebrano matrimoni omosessuali, ordinano ministri di culto apertamente gay e accolgono teologie che consentono un’antropologia sessuale più inclusiva. Molte altre chiese mantengono un’etica sessuale e un’interpretazione del matrimonio tradizionalmente cristiane. La Chiesa Cattolica stessa, sebbene sostenga ufficialmente i suoi antichi insegnamenti ed etica sessuali, varia ampiamente nel suo approccio alle questioni LGBTQ e al sostegno delle persone LGBTQ.
Sebbene sia vero che molte comunità tradizionali non sono apertamente ostili alla comunità LGBTQ, ci si può comunque sentire sgraditi semplicemente per il fatto di essere gay o trans. In effetti, come dimostrano gli esempi sopra riportati, alcuni cristiani fanno tutto il possibile per sottolineare che le persone LGBTQ non sono le benvenute. Inoltre, molte chiese non offrono opportunità ai loro membri LGBTQ di realizzarsi e offrire i propri doni.
In altre parole, molte chiese non appoggiano i loro membri LGBTQ a sentirsi, beh, chiesa. Ma non dovrebbe essere così. Tutte le chiese, conservatrici o progressiste, cattoliche o altro, dovrebbero accogliere, apprezzare e prendersi cura delle persone LGBTQ. Ecco sette motivi per farlo.
1. Perché LGBTQ si riferisce soprattutto alle persone e non solamente a questioni morali o politiche
Siamo talmente abituati a mettere in relazione i temi LGBTQ alle cosiddette questioni “scottanti” del giorno, spesso nel contesto delle ideologie politiche e dell’attivismo, che abbiamo dimenticato i volti dietro l’acronimo. Ma, tanto per cominciare, le persone LGBTQ sono (sorpresa!) persone. Che siamo gay, lesbiche, trans o etero, tutti siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Ogni persona ha una dignità intrinseca, indipendentemente dalle proprie esperienze, difficoltà e debolezze.
Dio chiama ogni persona a relazionarsi con lui. L’essere umano è letteralmente progettato per un’intima comunione col suo Creatore ed essere omosessuale, bisessuale o transgender non cambia questo fatto. Il compito della Chiesa è far avanzare, non ostacolare, la relazione di ognuno con Dio nel suo lavoro di evangelizzazione e cura pastorale. Non è un segreto che la Chiesa Cattolica aderisca ad un’interpretazione del matrimonio e della famiglia tradizionalmente cristiana. Ma consideriamo come ciononostante Papa Francesco faccia notare il bisogno di affermare la dignità di chi è gay:
“Desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto” (Amoris Laetitia 250).
Sostenere la dignità delle persone LGBTQ implica l’apprezzamento e il coinvolgimento con la realtà concreta dell’individuo. La chiamata ad accompagnare la persona – considerando le sue esperienze, per quanto complicate e caotiche – è quindi più importante della semplice recitazione di principi astratti. “La realtà è superiore all’idea”, come direbbe Papa Francesco. Considerando l’approccio del Santo Padre, è sensato che le nostre ragioni per sostenere le persone LGBTQ dovrebbero partire da questa basilare chiamata ad incontrare le altre persone in quanto persone. Invece di ricevere una risposta pronta dal “regno delle pure idee”, siamo chiamati ad accompagnare le persone nelle situazioni specifiche delle loro vite, anche se (e soprattutto se) esse sfidano il nostro abituale modo di pensare (Evangelli Gaudium 232).
2. Perché la Chiesa è per tutti
La Chiesa è per tutti. È questo il significato della parola “cattolico”: la Chiesa è universale e comprende tutti i tipi di persona. “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina,” come dice Paolo, perché tutti noi siamo “uno in Cristo Gesù” (Gal. 3:28). Allora perché sembra che le nostre chiese prendano di mira le persone LGBTQ fino a renderle “altre”? Non c’è nessun altro nel Corpo di Cristo. Come ho sentito dire da un prete, non c’è nessun “loro e noi”, c’è solo “noi”.
Poiché la Chiesa è un grande Noi, non possiamo vivere le nostre vite ignorando i nostri fratelli e sorelle, soprattutto quelli bisognosi. Paolo paragona la Chiesa ad un corpo fatto di tante parti, un’unione così forte che “se un membro soffre”, allora “tutte le membra soffrono insieme” (1 Cor 12:26). Le nostre chiese riconoscono la sofferenza patita da molti dei suoi figli LGBTQ? Alcune delle nostre chiese rendono in realtà la vita dei Cristiani LGBTQ più difficile, che sia agendo semplicemente come spettatori o impegnandosi attivamente in una retorica insensibile?
La sfida della Chiesa è continuare ad espandere la propria tenda, perché la sua missione è raccogliere la famiglia umana nella Famiglia di Dio. Molti cattolici sono scioccati da una tale estensione, ma spesso coloro che consideriamo “esterni” alla Chiesa sono proprio quelli che le appartengono.
D’altronde, questa è la via del Regno. Nel suo ministero terreno, Cristo ha dato inizio alla raccolta del Regno di Dio – recandosi da, e preferendo, coloro che erano altrimenti considerati fuori dalla famiglia di Dio. La Chiesa, dice Papa Francesco, deve “arrivare a tutti, senza eccezioni” perché nella Chiesa “c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa” (EG 47-48).
3. Perché c’è Gesù
Quando si tratta di raggiungere le persone LGBTQ, quindi, abbiamo una solida base nell’esempio di Cristo stesso. Può sembrare un cliché, ma cosa farebbe Gesù? Se si cerca il Gesù dei Vangeli, non è difficile trovare un uomo compassionevolmente preoccupato per emarginati e altri. Cristo preferiva i poveri, i malati, i peccatori. Cristo andava ai margini, da quelli altrimenti esclusi dalla società. Non è azzardato immaginare un uomo gay in questa categoria, vero?
Molti cristiani controbattono indicando un Gesù che “amava nella verità” (con un’enfasi decisa su “verità”), che “chiamerebbe il peccato col suo nome”. Sostengono che Cristo potrà anche aver teso una mano agli emarginati, ma solamente per amore della salvezza dell’individuo. Secondo questa linea di pensiero, l’enfasi non è sull’accompagnamento in sé quanto sulla conversione. Secondo questa visione, la parte più necessaria dell’intervento di Cristo comporta la richiesta che la peccatrice si allontani dal suo peccato. Prima, però, dobbiamo capire che il primo Cristo invitava coloro che incontrava in una relazione più profonda con lui e questa relazione è il seme da cui cresce la conversione. Quello che Gesù ha fatto nel suo incontro con la donna Samaritana al pozzo, lo fa con tutti i suoi aspiranti seguaci distrutti. Gesù ci chiama ad una vita più profonda fondata su di lui. E anche qui, l’attenzione di Cristo non è sulla condanna, ma su come un’intima relazione con Cristo sia l’unico modo per trasformare le nostre vite e porci sulla traiettoria della vera realizzazione.
Il difetto nell’approccio di alcuni cattolici verso la comunità LGBTQ non è che vogliano raccontare la “verità dell’amore” o che credano che dovremmo prendere sul serio il peccato. Il problema è un’attenzione eccessiva sul peccato nella comunità LGBTQ, come se essere gay, trans o queer fosse particolarmente peccaminoso (state certi: i cattolici LGBTQ sanno bene quello che la Chiesa dice su di loro in relazione al peccato). L’eccessiva concentrazione sul peccato da parte di alcuni cristiani si presenta come un desiderio velato di controllo e certezze. In un contesto diverso, Papa Francesco parla degli gnostici cattolici contemporanei che “obbligano gli altri a sottomettersi ai propri ragionamenti”. Ritengo che questo gnosticismo si nasconda dietro la costante insistenza di molti cristiani nel sottolineare il peccato quando parlano della comunità LGBTQ. Invece di continuare la cura di Cristo per le persone gay o trans, tale modo di pensare riduce gli insegnamenti di Cristo a una “logica fredda e dura che cerca di dominare tutto” (Gaudete et Exsultate 39). Di nuovo, questo è un altro esempio di come l’idea prevalga sulla realtà della persona.
4. Perché la sessualità non è solo sesso
Le persone LGBTQ, in quanto membri della famiglia umana, sono peccatrici? Certamente. La sessualità può essere usata in modi peccaminosi? Di nuovo, sicuramente! Ma identificare le persone LGBTQ come moralmente disturbate semplicemente per il fatto di essere gay, trans o queer, è ingiustificato e ingiusto. Gli atti possono essere peccaminosi e i desideri per gli atti peccaminosi possono essere moralmente disturbati. Ma qualcosa come la sessualità o l’orientamento sessuale, che sono molto più ampi del desiderio di commettere atti specifici, difficilmente si può ridurre ad un’inclinazione inerentemente peccaminosa.
Uno slogan popolare fra alcuni cristiani tradizionali è “ama il peccatore, odia il peccato”. Stranamente, l’ho sentito usare solamente in riferimento all’omosessualità, il che è di per sé indicativo. Ma solo se ci concentriamo sull’attività sessuale (come se fosse l’unico significato dell’essere gay, lesbica o trans) commettiamo una grave ingiustizia verso le persone coinvolte. Per capirlo, tutto ciò che si deve fare è riflettere sulla propria sessualità: pensate a come vi influenza in molteplici aspetti della vita. Non si tratta solo di chi ci si vuole portare a letto; riguarda anche il modo in cui ci si relaziona agli altri, in cui si vede il mondo e come si desidera amare ed essere amati.
Le chiese non possono iniziare e finire con l’etica sessuale. Se le nostre chiese vogliono mantenere gli insegnamenti tradizionali, dovranno considerare che l’omosessualità riguarda tanto la personalità e la formazione di relazioni quanto gli “atti sessuali”.
5. Perché le persone LGBTQ sono fatte per le relazioni
Le persone LGBTQ vogliono vite significative incentrate sull’amore, le relazioni e il donarsi. In questo aspetto, sono come tutti gli altri. È un fatto triste che, per molte chiese tradizionali, il “miglior” consiglio pastorale offerto alle persone gay sia semplicemente di “rimanere caste”. Tutto qui. Per le chiese tradizionali, il matrimonio non è un’opzione. Tuttavia, in molte di queste stesse chiese il matrimonio è l’unica via concepibile per una relazione intima. Questo è colpa tanto della cultura occidentale quando di quella della Chiesa. In effetti, ci viene fatto credere che resteremo per sempre soli e insoddisfatti se non ci sposeremo mai.
Non è difficile capire, quindi, perché la nostra cultura moderna abbia preteso il matrimonio gay. Se il matrimonio è l’unica via per garantire relazioni significative, allora non dovrebbe essere un diritto per tutti? Per me ha senso. Eppure, se le chiese tradizionali devono preservare il matrimonio come un’istituzione tra uomo e donna, oltre che all’unico posto legittimo per il sesso, devono trovare altri modi di incoraggiare le vocazioni d’amore e relazioni per le persone LGBTQ nelle nostre chiese. Per fortuna, ci sono dei cattolici che fanno esattamente questo (chiunque non si sia documentato su Eve Tushnet dovrebbe farlo!). La Chiesa deve riconoscere che questo fondamentale bisogno umano di relazioni influenza l’auto-comprensione dei cristiani LGBTQ. Non vogliamo delle vite solitarie e senza amore!
Tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità sessuale, abbiamo bisogno di relazioni intime in cui donarci. L’essere umano non è fatto per stare da solo (Gen 2:18). Questo è vero tanto per le persone gay, lesbiche o trans quanto per gli uomini e le donne eterosessuali. Mentre il cristiano è chiamato a portare la propria croce, l’abbraccio della fede della persona LGBTQ non cambia questa antropologia fondamentale. Nel sostegno delle persone LGBTQ, possiamo promuovere percorsi significativi di amore e di relazioni? Le nostre chiese possono riconoscere le unioni impegnate come un luogo di amore cristiano o queste devono essere respinte fin dall’inizio come intrinsecamente peccaminose? Non possiamo evitare queste domande se vogliamo ascoltare responsabilmente le esperienze dei cristiani LGBTQ.
6. Perché le persone LGBT hanno doni da offrire alla Chiesa
Davvero dovremmo sorprenderci se tante persone LGBTQ sentono di non avere niente da offrire alle loro chiese, specialmente quelle che le hanno sempre chiamate “oggettivamente disturbate” e destinate all’inferno? Dovremmo sorprenderci che le persone gay si sentono indesiderate quando insegnanti e lavoratori apertamente gay vengono licenziati da scuole e attività cattoliche?
Le persone LGBTQ sono una testimonianza della diversità della creazione di Dio e dei numerosi modi di riflettere la sapienza divina. Questo non significa che la condizione umana così come la troviamo oggi rifletta pienamente la volontà di Dio, perché non possiamo ignorare la presenza del peccato e l’attuale imperfezione di una creazione che ancora “geme” per il suo rinnovamento (Rom 8:22). Eppure, la comunità LGBTQ ci sfida ad espandere la nostra comprensione dell’umanità. Le persone LGBTQ sfidano la Chiesa in particolare a percepire come Dio opera nelle loro vite. “Dio è presente nella vita di ogni persona”, come dice Papa Francesco, e “non possiamo negarlo con le nostre presunte certezze” (GE 42). Solo quando la Chiesa riconoscerà e abbraccerà lo Spirito nella gente gay, trans e queer, sarà all’altezza della sua vocazione di famiglia di Dio.
Mi sento davvero in grande imbarazzo per la nostra Chiesa, una Chiesa che sostiene di essere la famiglia universale di Cristo, ogni volta che i leader e le istituzioni cattoliche decidono di identificare le persone LGBTQ come particolarmente scandalose o peccaminose. Mi sembra, informato dal Gesù dei Vangeli e dall’approccio pastorale di Papa Francesco, che siano tali leader e istituzioni cattoliche a comportarsi in modo davvero scandaloso e peccaminoso.
7. Perché la Chiesa è chiamata ad ascoltare
Sostenere le persone LGBTQ è una chiamata prima di tutto ad ascoltarle. In quanto Chiesa, la nostra posizione deve essere sempre di ascolto. La Chiesa prima riceve le rivelazioni di Dio e poi le insegna. La Chiesa deve percepire la Parola di Dio prima di poterla proclamare. A partire dal Secondo Consiglio Vaticano e specialmente con Papa Francesco, la Chiesa Cattolica ha cercato di porsi in una posizione di ascolto, di ascolto delle tradizioni non cattoliche, di ascolto della cultura circostante, di ascolto dell’esperienza dei fedeli laici. La Chiesa non è più vista principalmente in termini di piramide discendente, in cui la gerarchia emette comandi a un laicato passivo. Invece, l’intero Popolo di Dio riceve e insegna la Parola di Dio; il papa e i vescovi sono prima di tutto dei servi. La Chiesa non ha sempre una risposta pronta. Invece, la Chiesa deve distinguere quello che Dio sta dicendo qui e ora.
Molti cristiani si definirebbero “coraggiosi” nella loro lotta per la verità in una cultura secolare. Molti cristiani conservatori credono che la loro sfida sia quella di essere “coraggiosi” difendendo i valori tradizionali e respingendo la modernità. Molti cattolici vogliono anche dei sacerdoti “coraggiosi” che predichino con forza contro i mali morali nella società o vescovi “coraggiosi” che dicano la propria contro gli oppositori politici. In mezzo alle tante guerre culturali, sia fuori che dentro alla Chiesa, c’è una chiamata ad una nuova crociata per difendere un certo approccio al tradizionalismo e all’ortodossia. E la posizione tende ad essere di sospetto e resistenza. Invece di aprirsi alle possibilità, questi Cristiani pensano di avere già le risposte.
Rispondendo alle questioni LGBTQ con sospetto e resistenza, questi cristiani scelgono il conforto della “dottrina stabile”. Ma questa è la strada più facile ed è tutt’altro che coraggiosa. Verosimilmente, è la paura, e non il coraggio, a nascondersi dietro a questo approccio. C’è la paura del cambiamento, la paura che la visione del mondo venga scossa, o la paura che la cristianità non sia così definitiva come sperato.
Ascoltare è un atto di vero coraggio. Diventare vulnerabili aprendoci all’esperienza di qualcun altro è coraggioso. Permettere a noi stessi di essere messi alla prova e accogliere nuove domande è il modo in cui lasciamo che lo Spirito Santo ci guidi verso ulteriori verità. Chiuderci in noi stessi impedisce allo Spirito di portarci al di là di noi stessi. Chiuderci in noi stessi è divisivo e peccaminoso. È contrario alla via di Cristo, che si è donato fino alla morte.
Testo originale: Why all Christians should support LGBTQ persons