Perché tutto quell’odio transfobico se neanche mi conosci?
Testimonianza inviata da Antonia Monopoli al Progetto TRANSizioni de La Tenda di Gionata
Sono Antonia Monopoli, scrittrice, attivista transgender, attrice di teatro, peer educator e responsabile dello Sportello Trans di Ala Milano. Sono stata vittima di un paio di episodi transfobici.
Tutto iniziò tra il 2019 e il 2020: desideravo intraprendere un percorso di studi per dare un valore aggiunto alla mia professione. Mi rivolsi prima ad una scuola pubblica, recandomi in segreteria per chiedere informazioni per l’iscrizione come tecnico dei servizi socio sanitari. Mi dissero che avrei dovuto pagare una tassa d’iscrizione per l’esame di stato.
Mi chiesero di portare il diploma di licenza media con fotocopia del documento d’identità e codice fiscale. Ingenuamente portai il diploma di licenza media con il nome impresso al maschile. Nonostante io abbia rettificato il nome anagrafico su tutti i documenti 7 anni fa, quello era l’unico documento/titolo a cui non apportai la rettifica anagrafica, per motivi organizzativi.
Da quel momento le relazioni cambiarono. Il docente con cui feci il primo colloquio prima dell’ammissione alla scuola, mi fece più volte misgendering. Alla mia richiesta di motivazione del suo comportamento, egli rispose che non sapeva cosa avessi tra le mie gambe.
“Come se le relazioni sociali dipendessero da quello che si ha tra le gambe” pensai e mi allontanai, amareggiata dal comportamento del docente.
Successivamente a questo episodio vidi su facebook una promo di una scuola privata molto rinomata. Compilai il format e dopo qualche giorno mi chiamò la segreteria che raccolse le informazioni per poi farmi chiamare in seconda battuta da un consulente a loro disposizione.
Qualche giorno dopo il consulente mi chiamò, mi chiese di voler parlare con la signora Antonia Monopoli. Io gli risposi serenamente, che ero io la signora che stava cercando. Mi disse che secondo il suo parere, io ero o il marito oppure il figlio della signora Antonia Monopoli.
Io gli risposi che ero io la donna che stava cercando e che non ero né il marito né il figlio. Mi disse con voce stizzita: “mi scusi lei ha una voce maschile, non può essere la signora che cerco”.
Io gli risposi: “sono un ex uomo, oggi una donna transgender”. Sentii che chiuse immediatamente la comunicazione. Pochi minuti dopo, mi chiamò nuovamente e mi disse con voce arrogante: “Conosci la storia di Hitler?”. Io risposi: “Certo”. Lui: “La gente come te deve andare a finire nei forni crematori!!”.
Appena udii la sua affermazione chiusi la comunicazione, con l’angoscia e l’ansia. Di impeto scrissi la vicenda sul mio profilo facebook e giunsero soccorsi da ogni dove. La sera stessa, insistentemente mi arrivarono più chiamate ancora con lo 02 iniziale. Stavo cenando, a mezzanotte circa.
Dentro di me pensai “Ora rispondo e dico al mio interlocutore, che non è orario per chiamare la gente a meno che non sia un’urgenza”. Non feci neanche in tempo a dire: “Pronto”, che sentii la stessa voce del consulente della scuola che mi aveva chiamata nella giornata stessa con un modo di fare minaccioso: “Dove sei puttana?!”.
Al che chiusi la comunicazione velocemente terrorizzata. Pensai subito ad una persecuzione da parte del consulente nei miei confronti simile ad uno stalker. Pensai a che male potevo aver fatto nei confronti di quell’uomo per essere trattata in quella maniera.
Tutto quell’odio transfobico per una persona che neanche conosceva e di cui aveva solo sentito la voce. Non riuscivo a capacitarmi che, nei giorni a seguire avevo paura ad uscire di casa, paura ad uscire dal luogo in cui lavoro, paura che lo potessi incontrare per strada mentre passeggiavo.
Mi rivolsi ad un avvocato per sporgere denuncia, ma trovammo molta difficoltà nel corso del procedimento. Lo stesso avvocato mi disse che se ci fosse stata una legge contro l’omolesbotransfobia le persone come me queste difficoltà sicuramente non le avrebbe avute.
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